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Silenzio, è Dio che passa

Le silence pour écouter Dieu – it

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Le silence pour écouter Dieu

don Fabio Bartoli - La Fontana del Villaggio - pubblicato il 03/04/14

Il peso delle cose quotidiane viene quando ne manca il senso profondo, occorre fare "silenzio" per evitare di perdere la Parola che Salva

“Sono stanco”, “Sono stressato”, “Non ne ho più”, “Sparatemi, che soffro meno”. Da due o tre settimane i miei collaboratori più stretti mi sentono ogni tanto ripetere queste frasi.
Sì, è vero, siamo nell’imminenza della Pasqua, il periodo lavorativo più caldo dell’anno. Sì è vero in questo momento ho per aria una decina di palle da far girare come un giocoliere (e l’immagine delle palle che girano NON è casuale). Sì, è vero, ho una giornata lavorativa di diciotto ore… ma caspita mica lavoro in miniera, no? O non dico sempre che faccio il lavoro più bello del mondo?

Io non dovrei proprio sentirmi stressato, non dovrei nemmeno avere il tempo di esserlo! Lo stress è una roba da ricchi, mica da operai e contadini (potete mettere i parroci in una delle due categorie, quella che più vi aggrada). Così va a finire che oltre che essere stressato ti senti pure in colpa…
Poi ieri ho avuto l’opportunità di prendermi una giornata di silenzio, e allora ho capito cosa davvero mi manca, di cosa ho bisogno: non di riposo, quello viene da sé, basta lavorare con gioia, no, quello che mi serve davvero, quello che desidero come un assetato l’acqua, come un amante la sua donna, è appunto il silenzio.

Perché dal silenzio mi viene tutto il bene della mia vita, solo nel silenzio ritorna chiaro il Fine di tutto ciò che faccio e della mia fatica. Il silenzio mi parla del Mistero, quello che era scomparso nella frenesia quotidiana, perché quando corri e hai tabelle e scadenze da rispettare non c’è tempo per pensare, non c’è tempo per i misteri e siccome sei bravo finisci con il diventare ciò che detesti di più: un professionista del sacro.

Invece di impiegare tempo per preparare una conferenza o una catechesi (che significa ore di studio e preghiera) ti rivendi qualche vecchio successo, tanto loro sono contenti lo stesso, che ne sanno? Invece di dedicare tempo ad ascoltare le persone, tagli corto e gli dici quello che già hai intuito ancor prima che aprano bocca, tanto, appunto perché sei bravo, nel 90% dei casi ci prendi, e così via…

Sì però così non si ascolta più. Così non c’è più spazio per l’imprevisto, che è come dire che non c’è più spazio per Dio. Così tutto rientra nel prevedibile e nel misurabile e alla fine dei conti la vita diventa una questione di equilibri, di alchimie, di centimetri… un problema tecnico insomma.

E quello che dai alla gente non è più Dio, ma te stesso, la tua competenza, la tua intelligenza, il tuo affetto umano.
Belle cose, non dico di no, ma di cui in realtà la gente non sa che farsene, non è mica per quello che ti vengono a cercare! Loro vengono da te perché cercano il Mistero, mica una lezione o peggio qualche regoletta o qualche precetto morale o peggio ancora qualche precetto, manco tu fossi l’uomo Del Monte.

Meno male che il Mistero cacciato dalla porta rientra dalla finestra, e basta poco, una distrazione, un’arrabbiatura di troppo o anche un sorriso gentile, a ricordarti che tu non sei qui per questo, che tu sei e devi restare sempre l’uomo dell’Oltre, quello la cui vita non si può mai ricondurre a schemi prevedibili. Quello che non può mai essere del tutto e soltanto “normale”

E mi sorprendo a pensare alla vita di tanti che conosco: non sarà proprio questa fretta che ci mangia il cuore a tenerci lontani da Dio? In fondo non è mica questione di quello che fai e di dove sei: si può essere praticamente atei pur essendo preti, questo l’ho imparato a mie spese, basta non fare mai silenzio.

Qui l'originale

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