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Il nuovo tempio

Jesus and the Samaritan woman at the well – Rupnik

© Public Domain

Dimensione Speranza - pubblicato il 03/04/14

Come Gesù ha vissuto il suo insegnamento, così noi cristiani, se vogliamo comprendere la sua parola, dobbiamo viverla

di Giovanni Vannucci

Le parole consegnate da Cristo alla donna samaritana: «È giunta l’ora in cui adorerete il Padre né su questo monte, né a Gerusalemme… È giunta l’ora in cui i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità» (Gv 4, 21.23) costituiscono, per la nostra attuale coscienza, un enigma e insieme uno stimolo di superamento di quelle forme di chiusura idolatrica che tuttora ci caratterizzano.

Le parole di Cristo non ci furono consegnate perché dottamente indagassimo sul loro significato palese o recondito, ma perché le vivessimo penetrando nel loro significato con tutto il nostro essere. Come Gesù ha vissuto il suo insegnamento, così noi cristiani, se vogliamo comprendere la sua parola, dobbiamo viverla. Le parole di Gesù non costituiscono il campo di erudite ermeneutiche, ma sono lo stimolo creatore di un profondo cambiamento di coscienza, senza il quale la più accurata e complicata ermeneutica rimane un sottile gioco di parole.

Detto questo, dovrei fermare la penna e smettere di osare l’interpretazione di queste parole; anche il mio tentativo non può che cadere sotto il rifiuto di ogni sforzo ermeneutico. Tuttavia oserò, facendo appoggiare le parole di Cristo non su ciò che altri dotti hanno detto, ma sulla vita di cui e io e i lettori possiamo avere esperienza.

Adorazione in spirito e verità! Cos’è lo spirito, cos’è la verità? Da chi l’apprenderemo se non guardando la vita e quel disvelamento che della vita ci danno i testi sacri? La Bibbia è ricolma delle nozioni dello Spirito: è la presenza fecondatrice sulle acque caotiche; è l’energia divina che muove i profeti e gli eroi del Vecchio Testamento; è la forza che rende feconda la Vergine; che guida Cristo nel deserto per affrontare la prova dell’avversario, che lo dichiara Figlio prediletto dopo il battesimo; che rende portatori della novità cristiana gli apostoli il giorno della Pentecoste. Presenza che agisce nella vita nella precisa direzione di trasformazione qualitativa, e della vita dei singoli e di quella dell’umanità.

L’adorazione in spirito è resa possibile ad ogni coscienza che si arrende alle forze creative di Dio, sempre in essa operose. Lo Spirito discende sempre nei cuori di quegli uomini che, come Maria, possono dire: non conosco uomo! L’adorazione in spirito è nell’assunzione, senza opposizione o rimpianti di un passato ormai tramontato, di quelle qualità che segnano, nella successione delle ère, la manifestazione dello Spirito.

Nel momento in cui furono pronunciate, queste parole contenevano una precisa indicazione che ora, a distanza di due millenni, possiamo afferrare nella sua piena portata: l’adorazione di Dio nei templi costruiti dall’uomo è stata diretta da Cristo verso la crescita dell’uomo interiore; l’uomo cessava così di essere nel tempio, il tempio si stabiliva nell’uomo. Lo Spirito ormai non poteva più essere chiuso e monopolizzato dalle istituzioni, inevitabilmente parziali e settarie. La religione della Paternità cedeva il posto alla religione del Figlio, l’uomo non era più chiamato ad adorare Dio nella casa del Padre, fosse essa costruita sul Garizim o sui monti di Gerusalemme, ma nel Figlio dell’Uomo e di Dio, lo spirito di sudditanza tramontava e nasceva il senso della figliolanza e della fraternità.

«La Parola si fece carne, e in noi costruì il suo Tempio» (Gv 1, 14). Quando entriamo nel nuovo Tempio, ad occhi aperti, in piena consapevolezza, adoriamo Dio «in verità». L’uomo, dopo Cristo, è chiamato ad assumere questa nuova rivelazione dall’interno, a trasformarla in se stesso mediante una trasfigurazione del suo essere interiore che accoglie e compie lo Spirito Santo che la stimola e la promuove. Nel nuovo Tempio entra chi ha gli occhi aperti, chi è pienamente cosciente e della novità che lo Spirito ha in Cristo comunicato agli uomini, e della novità che da Cristo è stata attuata per la redenzione della coscienza umana.

Cristo non è venuto nel mondo per essere una bella riproduzione, una bella immagine di Dio da essere posta sugli altari all’adorazione dei fedeli. Egli è venuto per risvegliare in noi la verità della figliolanza divina, per ricordarci la generazione divina dell’umanità. Vi è un Padre comune che è nei cieli, non in un cielo, non nel cielo, ma nei cieli, in tutto l’universo degli universi, nell’essenza stessa dell’universo, e questo mio Padre, Egli ci ricorda, è vostro Padre. Se vostro Padre è Dio, voi siete esseri divini, se siete esseri divini, dovete vivere di conseguenza della vostra generazione divina.

Prender coscienza di questo fatto ci rende adoratori in spirito e verità. «In spirito» in quanto con Cristo s’inizia un nuovo ritmo di rivelazione che ci fa sentire figli di Dio e fratelli, figli di un unico Padre, eredi di un’unica eredità. «In verità»: prendendo pienamente coscienza di questo fatto, cominciamo a comprendere che Cristo è insieme Dio per noi e noi per Dio, l’Emmanuele. Dio in noi e noi in Dio, l’Io profondo di ciascuno di noi, e l’Io di tutti gli io umani. «Non sono io che vivo, ma Cristo che vive in me» (Gal 2, 20).

Comprendere questo è divenire ciò che Cristo è, e, insieme, divenire ciò che ciascuno di noi è realmente. La generazione di Cristo in noi è la nascita di ciascuno di noi a se stesso; essere cristiani non significa essere seguaci di Cristo, ma essere seme, speranza di Gesù Cristo. Ciò che Egli ha donato all’umanità, l’umanità deve restituirglielo.

L’adorazione in spirito e verità è compiuta da quella parte di umanità che con disciplina severa di volontà, di intelligenza, cerca di ricomporre il corpo divino che è stato dilacerato. Se vogliamo che Cristo nasca in noi, dobbiamo distruggere ogni cristallizzazione che di Lui le nostre coscienze hanno fatto ripetendo un modello di adorazione con Lui e da Lui abolito; se non sentiamo con urgenza questa necessità è perché la nostra statura umana non può ancora comprendere l’Uomo, creato a immagine di Dio. Cristo è l’Uomo, il Figlio dell’Uomo e il Figlio di Dio, noi uomini siamo i vari punti che intercorrono lungo la linea di cui Lui è il Principio e la Fine. Prender coscienza di questo fatto e realizzarlo è adorare Dio in spirito e verità.

(3a domenica di Quaresima, Anno A – in Risveglio della coscienza, ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984, pp. 51-53).

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