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I 50 personaggi storici dell’Antico Testamento confermati dall’archeologia

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Religión en Libertad - pubblicato il 02/04/14
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Re e funzionari il cui nome figurava in documenti ufficiali

Lawrence Mykytiuk ha elaborato una lista di 50 personaggi storici dell'Antico Testamento che figurano in fonti archeologiche come stele di pietra, sigilli d'argilla, ricevute, tavolette o iscrizioni funerarie giunti a noi dopo 2.000 o 3.000 anni, nonostante guerre, terremoti, spoliazioni e saccheggi.
Ovviamente si tratta di persone di importanza “mondana”: re e funzionari, il cui nome figurava in documenti ufficiali.

La lista include:
– 5 faraoni egiziani
– 1 re moabita
– 5 re e leader aramaici o siriaci
– 9 governanti del regno del nord, Israele
– 14 autorità di Giuda, nel regno meridionale
– 6 re o signori dell'Assiria conquistatrice
– 5 re o signori di Babilonia
– 5 re di Persia

Questi 50 nomi sono quelli che Mykytiuk ritiene confermati e identificati con iscrizioni contemporanee alla loro vita. Ciascuno di loro viene spiegato con una lunga nota a piè di pagina. Non sono inclusi personaggi citati o a cui si allude in iscrizioni di generazioni successive a quella in cui sono vissuti.

Achab, marito della perfida Jezabel
Achab, re di Israele, è ad esempio conosciuto nella Bibbia come il persecutore del profeta Elia, spinto dalla sua perfida moglie, la pagana Jezabel. Se non fosse per la Bibbia, di lui avremmo solo un paio di menzioni in iscrizioni su pietra, come quella sul monolito di Kurkh, rinvenuto nel 1861, nel quale Salmanaser III descrive la sua vittoria contro un'alleanza di 11 o 12 re nella battaglia di Qarqar nel 853 a.C., e uno dei vinti è "A-ha-ab-bu Sir-ila-a-a", ovvero "Achab Signore di Israele", che accorse con "2.000 carri e 10.000 fanti".

Questo testo del monolito di Kurkh, pur essendo propaganda babilonese, spiega tutto molto chiaramente… in scrittura cuneiforme.

Rispolverando un po' le reminiscenze universitarie di cuneiforme, chiunque potrebbe cercare il re Achab nell'iscrizione.

Anche se Salmanaser "gonfia" le cifre per darsi più gloria, quei 2.000 carri rappresentano la metà della forza alleata che si affrontò, per cui Achab doveva essere il leader e promotore. I palazzi e gli edifici della sua epoca che sono rimasti dimostrano inoltre che il suo regno, anche se empio secondo Elia, era economicamente forte.

Le iscrizioni in pietra non sono "la verità assoluta": la presunta vittoria di Salmanaser non dovette essere tanto schiacciante, perché la realtà è che non ebbe la forza per occupare la Siria né per punire i re alleati contro di lui.

La Bibbia in una ricevuta!
Un altro esempio curioso si verifica quando troviamo un nome biblico in una fattura o in una ricevuta. Ad esempio, tra le 130.000 tavolette raccolte nel Museo Britannico, tradotte e analizzate con una lentezza esasperante.

Un giorno di luglio del 2007, il professor Michael Jursa, dell'Università di Vienna, si è messo a tradurre a trascrivere queste tavolette e ne ha trovata una molto ben conservata e facile da tradurre: una fattura del 595 a.C., 8 anni prima che i babilonesi conquistassero Gerusalemme, episodio descritto dettagliatamente da Geremia.

Fattura di Nabusarsekim, capo degli eunuchi, del 595 a.C., 8 anni prima di entrare con forza a Gerusalemme

Sulla fattura leggiamo:

"1,5 mine [0,75 kg] d'oro, proprietà di Nabu-sharrussu-ukin, il capo degli eunuchi, inviate attraverso l'eunuco Arad Banitu a [l tempio di] Esangila; Arad Banitu le ha consegnate. Alla presenza di Bel-usat, figlio di Alpaya, guardaspalle reale; Nadin, figlio di Marduk-zer-ibni, mese nove, giorno 18, anno 10 di Nabucodonosor re di Babilonia".

In effetti, in Geremia 39,1 si descrive dettagliatamente l'ingresso dei capi e dei generali di Nabucodonosor a Gerusalemme. La Bibbia spagnola del 1884 tradotta da Torres Amat dalla Vulgata latina enumera i capi: "Semegarnabu, Sarsachim…". La Bibbia della Conferenza Episcopale Spagnola del 2011 parla invece del "principe di Sinmaguir, capo dei maghi, Nabusazban, capo degli eunuchi…". È ciò che accade quando si traduce una lingua semitica, che non scrive le vocali né separa le parole! In realtà, il "nabu" (signore) non va con Semegarna (o Sinmaguir), ma con Sarsachim (Sharrussu-ukin), il capo degli eunuchi (come lo chiamano la Bibbia e la fattura del tempio, 8 anni prima della conquista). E così, la fattura del Nabu-Sharrussu-kin, capo degli eunuchi, conferma quanto sia meticoloso e documentato Geremia elencando Nabusarsakin, capo degli eunuchi, tra i generali che entrano trionfanti a Gerusalemme. Di fatto, questo personaggio si trova nel testo di Geremia perché quest'ultimo è particolareggiato ed esatto, visto che Nabusarsakin non sarà più menzionato né avrà altre funzioni narrative o teologiche.

Sobnà, il “predecessore” di San Pietro
Lawrence Mykytiuk menziona anche alcuni personaggi, al di fuori della sua lista di 50, che ritiene “quasi reali”, ovvero quasi verificati nella loro correlazione tra il nome biblico e il documento archeologico.

Un esempio è Sobnà, il maggiordomo di palazzo di Gerusalemme… che i cattolici amano menzionare quando discutono con i protestanti sul potere del papa.

Gesù ha detto a San Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei Cieli”. A un ebreo, il simbolo delle chiavi richiama Isaia 22,22, dove viene descritta la funzione di un maggiordomo del regno davidico: “Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire”.

In assenza del re, il vicario o maggiordomo ha tutto il potere. Qualche frase prima, in Isaia 22,15, vediamo che un maggiordomo precedente, un tale Sobnà, si è comportato male, e per questo Dio lo punisce togliendogli le chiavi.

Mykytiuk ritiene che Sobnà sia vissuto tra il 726 e il 686 a.C., e che forse sia anche il personaggio menzionato in 2 Re 18,18 segg. (quando non era ancora maggiordomo o vicario di palazzo). Nel 1953 è stata rinvenuta nella roccia la tomba di un maggiordomo reale a Silwan (o Siloam), vicino Gerusalemme, ma l'iscrizione del nome non è completa anche se potrebbe trattarsi di Sobnà. È una tentazione attribuirla a lui, del quale leggiamo in Isaia 22,16, in tono di rimprovero, “che si taglia in alto il sepolcro e si scava nella rupe la tomba”.

Forse senza la vanità di Sobnà e il suo sepolcro il testo di Isaia non sarebbe stato scritto, il simbolo delle Chiavi non ci sarebbe giunto attraverso la Bibbia, forse Gesù non lo avrebbe conosciuto o utilizzato per spiegare il potere che stava consegnando a Pietro, il nuovo siniscalco, vicario del re, portatore delle Chiavi. O forse lo avrebbe usato e il lettore moderno non lo avrebbe compreso non avendo un riferimento biblico precedente. Questo è stato evitato, forse, dalla vanità di Sobnà che ha tanto infastidito Isaia.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]