Lo Stato liberale garantisce formalmente la libertà religiosa, ma allo stesso tempo mina il credo e la praticadi Mark Gordon
Uno degli elementi ironici dell'essere cattolico negli Stati Uniti è il fatto che, mentre lo Stato liberale sta iniziando a dimostrare l'insostenibile relativismo filosofico e morale che è insito nella sua essenza, i cattolici fedeli che desiderano denunciare questo fatto vengono criticati, a volte con termini acidi, dai cattolici liberali che preferiscono fingere che le cose vadano benissimo.
Peggio ancora: quando i cattolici critici nei confronti dello Stato liberale presentano gli insegnamenti della Chiesa come prospettiva di analisi e possibile fonte di visioni alternative, la Chiesa stessa viene attaccata da questi liberali, come la formula coniata di recente che dice “cattolicesimo meno Illuminismo uguale Inquisizione”.
Questo fenomeno prova la verità dell'osservazione di Alasdair MacIntyre: "I dibattiti contemporanei all'interno dei sistemi politici moderni sono quasi esclusivamente tra liberali conservatori, liberali-liberali e liberali radicali. C'è poco spazio, in questi sistemi, per la critica del sistema in sé, ovvero per mettere in discussione il liberalismo stesso".
Quando si critica lo Stato liberale, infatti, si solleva ogni tipo di replica, inclusi inni alle virtù dei fondatori degli Stati Uniti. I difensori del castello liberale permetteranno raramente che la battaglia si porti dal loro lato del fossato, anche quando i loro soldati stanno chiudendo il portone e stanno alzando il ponte levatoio.
Un mio amico ha osservato una volta che gli atei brasiliani hanno una maggiore sensibilità cattolica della maggior parte dei fedeli cattolici nordamericani. Credo che sia vero e che sia dovuto ai due secoli in cui la Chiesa degli Stati Uniti si è immersa nell'acido del relativismo, del materialismo e del secolarismo.
Lo Stato liberale ha scelto di giocare una partita lunga, permettendo la libertà religiosa, il che è positivo, ma allo stesso tempo strutturando i termini di questa libertà religiosa in modo tale che, con il passare delle generazioni, la fede si è indebolita al punto che non ha più importanza. È ciò che stiamo vivendo oggi. Ed è per questo che la difesa di un maggiore liberalismo, ovvero di un'applicazione più intensa dei principi liberali come modo di frenare le aggressioni dello Stato liberale, è più o meno come prescrivere una dose extra di dessert come cura per l'obesità.
Nel suo libro Subversive Ortodoxy [Ortodossia sovversiva], il professor Robert Inchausti, del CalTech, raccoglie il discorso dell'economista E. F. Schumacher, autore dell'ormai classico Small is Beautiful: Economics As If People Mattered [Piccolo è bello. Uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa]:
"In un discorso del 1957, intitolato L'insufficienza del liberalismo, Schumacher ha argomentato che c'erano tra stadi nello sviluppo umano: il primo è stato la religiosità primitiva; il secondo il realismo scientifico. Il terzo, nel quale stiamo entrando, è la percezione del fatto che esiste qualcosa al di là del fattuale e dello scientifico”.
Il problema, ha spiegato, è che il primo e il terzo stadio sembrano lo stesso per chi si trova nel secondo. Di conseguenza, chi sta nel terzo stadio viene visto come qualcuno che ricade nel pensiero magico, quando in realtà sta superando i limiti del razionalismo. “Solo chi è già passato per il secondo stadio”, ha osservato, “può capire la differenza tra il primo e il terzo”.
Questo è il contesto del dibattito: chi si trova nel secondo stadio potrà liberarsi dalle lealtà di partito, ideologiche e nazionaliste che lo assalgono e affrontare onestamente le contraddizioni inerenti allo Stato liberale, che formalmente garantisce la libertà religiosa ma allo stesso tempo mina il credo e la pratica?
E allo stesso modo, quelli che si trovano nel terzo stadio, che si sono già liberati dall'attaccamento riflessivo al liberalismo, potranno descrivere in termini positivi il tipo di polis che costruirebbero come alternativa umana e tollerante, tenendo conto degli autentici insegnamenti della Chiesa e delle lezioni imparate nella transizione dal primo al secondo stadio?
Che piaccia o no, la storia costringerà entrambi i campi a rispondere a breve a queste domande. Il poeta William Butler Yeats ha scritto nel suo commento su La seconda venuta che “la fine di un'era, che riceve sempre la rivelazione del carattere dell'era successiva, è rappresentata dall'arrivo di un cambiamento nel suo luogo di massima espansione e di un altro nel suo luogo di massima contrazione… La rivelazione assumerà il suo carattere a partire dal movimento contrario al giro precedente…”. E i giri di oggi vanno a un ritmo allucinante.
Guardatevi intorno: il liberalismo trionfa in Occidente. Le grandi e prospere popolazioni religiose che ha ereditato dall'era medievale sono state triturate da tre secoli di nazionalismo, materialismo, razionalismo e secolarismo.
Oggi la dittatura del relativismo si rivolta direttamente contro ciò che resta del cristianesimo nell'Occidente liberale. Possiamo scegliere di lottare con azioni di retroguardia contro il momentum dei tempi, ed è coraggioso, ma se lo facciamo con le armi e le tattiche del nemico abbiamo già perso. Riconoscerlo non è arrendersi. È essere sobri.
Ciò che dovremmo fare è costruire una nuova civiltà al di sopra di quella antica, quella che il beato papa Giovanni Paolo II ha definito “civiltà dell'amore”.
Contrariamente alle affermazioni isteriche dei cattolici liberali, questo compito non implica l'instaurazione di uno Stato confessionale, né la restaurazione di una monarchia cattolica.
Per noi, costruire una nuova civiltà su quella antica significa sfidare lo spirito borghese della nostra epoca, con i suoi idoli meschini e le sue lealtà divise. Significa vedere noi stessi come cattolici. Significa fare delle opere corporali e spirituali di misericordia il nostro standard di vita quotidiana, anziché aderire all'ethos corporativista vigente. Significa imitare i primi cristiani, che si sono dedicati all'insegnamento degli apostoli e alla comunione fraterna, a spezzare il pane e a pregare. E sì, può implicare anche il rifiuto di ogni liberalità del governo, come l'esenzione dalle imposte, così come l'opposizione alle guerre ingiuste dello Stato e l'atto di sfidare gli ordini che proibiscono questo o comandano quello.
Questo tipo di testimonianza attirerà disprezzo e forse persecuzione? Sì, chiaramente, ma da quando essere cristiani significa essere esenti da queste cose?
“Carissimi, non siate sorpresi per l'incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi” (1 Pt 4,12-14).
L'idea che la libertà sia qualcosa di concesso o negato per cui la serva di Dio Dorothy Day parla di “Santa Madre Stato” è una stupidaggine. Saremo sempre liberi di seguire Cristo e la sua Chiesa, indipendentemente da ciò che possa dire quel tribunale o quel presidente.
Sicuramente, nessuno in coscienza spera in una prova di fuoco, ma i martiri non hanno offerto nulla a Cesare per salvarsi dalla prova. “Fa' ciò che vuoi”, ha risposto San Giustino Martire, “perché siamo cristiani e non offriremo sacrifici agli idoli”.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]