La prima visita del presidente americano al nuovo pontefice vuole significare, per entrambi, l’inizio di un percorso comune.Sono simili, per molti versi, Papa Francesco e Barak Obama. Tra questi c’è senz’altro l’istintiva simpatia e, perché no, l’ottimismo che generano in chi li ascolta. Ma i due, oltre ad essere dei grandi leader mondiali tra i più carismatici, sono due capi di Stato, che rappresentano ideali, concezioni del mondo e interessi, nel senso più nobile ed ampio, politici. Per questo la visita di oggi si veste di molte ragioni e di svariate tonalità. Prima di tutto c’è il bisogno per i due di guardarsi negli occhi, di capirsi, e quindi di ribadirsi a vicenda ciò che li accomuna e soprattutto di porre i presupposti per costruire un’intesa su ciò che li divide. Ne abbiamo parlato con un esperto delle relazioni tra Stati Uniti e Santa Sede e di diplomazia vaticana, il professor Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi “G. Marconi” di Roma.
Professor Napolitano, quali sono i temi cari sia a Papa Francesco che a Barack Obama?
Napolitano: Tra questi temi ci sono senz’altro la lotta alla povertà, alle diseguaglianze, alla fame del mondo. Ciò implica l’avvio dei passi opportuni che la comunità internazionale dovrebbe compiere, e che sono stati più volte sollecitati dalla Santa Sede, per garantire una maggiore equità tra le regioni del mondo. Penso soprattutto alla cancellazione del debito ormai insostenibile dei Paesi del Terzo Mondo, laddove per insostenibile intendiamo che esso non potrà mai essere saldato, non solo a causa degli interessi, ma anche a causa dell’entità di questi debiti. Mi chiedo se non sia il caso di avviare una riflessione sul condono del debito dei Paesi poveri. Altri temi fondamentali sono la pace e la stabilità internazionale, soprattutto nelle aree di crisi. Non mi meraviglierebbe che Obama e Papa Francesco dedicassero parte del loro colloquio all’Ucraina e a questa crisi che ha posto la comunità internazionale in allerta, soprattutto che ha portato nuovi segnali di guerra fredda. Ovviamente il Papa ed Obama discuteranno anche della situazione dei credenti e del cattolicesimo in America, delle questioni che hanno provocato una certa dialettica tra i vescovi americani e il governo americano sui temi dell’aborto, e delle spese assicurative che le agenzie private devono coprire per le dipendenti che vogliono abortire. Ci sono stati molti problemi su questo fronte per ciò che concerne i dipendenti di istituzioni religiose, ma sono stati in qualche modo risolti, anche se non del tutto, al momento della partenza del presidente per l’Europa, e forse anche in previsione di questa visita. Probabilmente su questi temi ci sarà una certa “sordina”, mentre ci sarà grande attenzione sui temi che dicevamo. Va ricordata anche un’altra cosa: quest’anno cadono i trent’anni dall’avvio delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Stati Uniti. Questa sarà dunque anche l’occasione per tracciare un bilancio di questi rapporti. Non dimentichiamo che religione e libertà religiosa sono per gli Stati Uniti un discrimine dell’azione politica: gli americani, di ogni confessione, vi danno grande peso nel giudicare qualunque amministrazione, sia essa democratica o repubblicana.
Parleranno anche di ambiente?
Napolitano: Sull’ambiente gli interlocutori non sono due, sono di più. Penso alla Cina, alle agenzie specializzate dell’ONU che se ne occupano, penso ai Paesi di nuova industrializzazione come il Brasile e l’India. Credo che su questo tema la Santa Sede desideri il coinvolgimento delle Nazioni Unite. Vedremo in questo senso che cosa dirà il Papa quando presenzierà all’inaugurazione dei lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Quel che è certo è che gli Stati Uniti non possono rimanere i soli interlocutori; il raggiungimento di un livello accettabile di CO2 nell’aria, l’uso dell’energia nucleare per scopi civili e questioni similari sono demandate a un negoziato più ampio. Obama deve poi stare attento ad alcune cose: ad esempio, la sua popolarità è in calo in America rispetto a quella di Papa Francesco. Benché il Papa non si sia ancora recato negli Stati Uniti, egli gode dell’effetto trascinamento della Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile. Per non perdere consensi, Obama deve mostrare pieno accordo con il Papa sulle cose certamente condivise, mettendo la sordina sui temi in cui non è stato ancora possibile giungere ad un accordo. Se, come io penso, Obama vuol dar mostra di grande intesa con il Papa, è dei temi comuni, quelli di più facile presa, che i due dovranno parlare. Ma c’è anche il problema dell’Ucraina. A tal proposito c’è in gioco anche la Cina: il Presidente cinese è stato in Europa, dove ha incontrato i leader del mondo e si è espresso apertamente, anche sul rapporto con la Russia. Sappiamo che la posizione degli Stati Uniti è molto più netta rispetto a quella dell’Europa, rispetto alle sanzioni e alla posizione della Russia nel G8. Tuttavia in Europa abbiamo la NATO che ha dei membri che non sono all’interno dell’Unione, ad esempio la Turchia, e il cui ruolo geopolitico è di immediata evidenza. E poi ci sono i Paesi baltici, membri dell’Unione Europea e importanti per la Nato da un punto di vista strategico. Per questo l’Ucraina sarà un tema importante anche per la Santa Sede. Vedremo che peso avrà nei colloqui fra Bergoglio e Obama. Ovviamente il Papa non può che invitare tutti al dialogo, come è evidente debba fare il capo di una Chiesa universale che sostiene la pace.
Com’è lo stato dei rapporti tra Santa Sede e Vaticano, anche alla luce del rapporto personale tra i due?
Napolitano: Siamo ad un buon punto, per una serie di fattori. Intanto per l’aspetto della comunicazione, visto che i due riescono ad avere accesso immediato e simpatetico ad una vasta platea universale. Li accomuna il linguaggio franco, una certa attenzione a temi che sono cari alla gente. Questo avviene senz’altro più di quanto non accadesse con l’Amministrazione repubblicana. C’è molto più feeling, e questo feeling è stato aumentato notevolmente dal consenso che il Papa ha fra i cattolici e fra i credenti americani: questo naturalmente dal punto di vista del consenso all’Amministrazione attuale è un fattore non trascurabile. Non dimentichiamo che i Presidenti americani a turno hanno sempre cercato il consenso della Santa Sede su temi importanti: è successo con Pio XII, con Giovanni XXIII, e anche con Giovanni Paolo II, che era un Papa d’oltrecortina. Non mi sorprenderei se succedesse anche con Bergoglio il quale, non dimentichiamo, ha una grande esperienza di azione sociale in un Paese importante come l’Argentina, che ha sofferto una dura crisi economica e finanziaria, che gli Stati Uniti hanno visto con molta preoccupazione.
E cosa li divide, magari silenziosamente?
Napolitano: Senza dubbio il problema dell’obiezione di coscienza, dell’aborto, in altre parole la concezione sul diritto alla vita: insomma, i due sono divisi dai cosiddetti valori “non negoziabili” (come se ce ne fossero di negoziabili). Questi temi sono ancora sul tavolo, soprattutto perché i vescovi più conservatori si sono mostrati accesamente critici verso l’Amministrazione attuale. Nell’allocuzione “libertà religiosa”, usata ad esempio nell’ultimo comunicato di padre Lombardi che riferiva dei contatti tra la Santa Sede e la Casa Bianca, ci sono tante cose: c’è la questione della libertà religiosa, una locuzione che sottende tante problematiche ancora allo studio nelle relazioni bilaterali, e su cui credo ci sia ancora tanta strada da fare.