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La vanità umana e il vuoto esistenziale

African man rich

© iofoto/SHUTTERSTOCK

Aleteia - pubblicato il 27/03/14

L'eccessiva vanità è un grande limite, in genere rivela alti livelli di egoismo

di Adenilton Turquete

In ebraico, lingua originale dei testi dell'Antico Testamento, la vanità è indicata con la parola "hãvel", che significa vuoto, vapore, un vuoto assoluto. Guardando al termine latino "vanitas", il significato è lo stesso, vacuità, ovvero VUOTO ASSOLUTO!

Viviamo nell'era del culto del corpo, in cui l'apparenza è essenziale, e non è raro vedere palestre più gremite delle chiese. La ricerca di cliniche estetiche è sempre maggiore, provocando anche la morte di alcuni pazienti a causa dell'imperizia di falsi medici. Il tentativo di riempire questo “vuoto” muove milioni e milioni in un mercato che cresce ogni anno.

Le pubblicità televisive spingono i nostri giovani verso uno standard estetico ideale. Anche gli accessori fanno parte di questo mondo “it”, ovvero tutti che corrono dietro alle tendenze. Abiti firmati, tatuaggi e perfino mutilazioni del corpo sono un livello estremo del comportamento umano in evidenza in questi giorni.

Alcune settimane fa, le dichiarazioni di una madre hanno avuto una grande ripercussione sulle reti sociali perché ha detto che sognava di comprare un appartamento ma il consumismo della figlia non glielo permetteva. La madre in questione vive in una comunità non benestante di San Paolo (Brasile), e ha affermato che ogni “incursione” della figlia al centro commerciale ha un costo approssimativo di 400-500 reais (1280-1600 euro, ndt.).

“Vanità delle vanità”, dice l'Ecclesiaste, “tutto è vanità” (Eccl 1,2).

Ci sono poi le parole del saggio re Salomone, l'affermazione per cui nessuno sfugge alla vanità, perché tutto è vanità. Il re va oltre: “Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento” (Eccl 1, 14).

Sembra che viviamo in una ricerca costante per riempire un vuoto esistenziale nella nostra anima. Indipendentemente dal fatto di avere una vita religiosa o meno, dimostriamo un'insoddisfazione permanente per ciò che abbiamo e ciò che siamo, e quello che desideriamo alla fine non ci soddisfa mai. A ogni obiettivo raggiunto nella vita, il vuoto torna a consumarci come una malattia vorace, insaziabile.

La vanità è peccato? No, ma se è eccessiva ha un effetto devastante nella nostra vita. Chi ha bisogno di mille paia di scarpe? Chi ha bisogno di avere sette macchine in garage? Cosa sono il lusso e l'ostentazione se non il sintomo di qualcuno che è vuoto ed è alla ricerca di riconoscimento? L'eccessiva vanità è un grande limite, e in genere rivela alti livelli di egoismo. La persona ha una difficoltà enorme a condividere con gli altri.

Cosa ci basta? La sovranità della Grazia che c'è in Nostro Signore Gesù Cristo è capace di lasciarci soddisfatti. La Grazia di Dio è sufficiente perché possiamo godere una vita piena e completa.

Una persona piena della Grazia di Dio è sempre soddisfatta, nel dolore e nella povertà, nella salute e nella prosperità. È questo il segreto, essere soddisfatti. Nasciamo nella povertà più assoluta e finiremo la nostra vita in una povertà non meno assoluta.

Nasciamo senza niente e non porteremo niente dopo la morte. Se resterà qualche cosa, anche dopo la nostra morte, è ciò che è eterno. Ed è San Paolo a dirci cosa è eterno: “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” (1 Cor 13,13).

Non c'è niente di meglio per lasciare qualcuno più soddisfatto che fare la carità. “Carità” si traduce anche come “amore”. Uno dei modi di tradurre il termine “carità” in greco è semplicemente “amore”.

Fare la carità è compiere un atto d'amore, e il risultato di ciò è la nostra anima soddisfatta. Un'anima soddisfatta non si preoccupa di cosa mangiare o cosa indossare, o di cosa pensano gli altri di noi.

Conclusione: il segreto universale per riempire il nostro vuoto esistenziale non è alimentare la nostra vanità, ma riempire la nostra anima con la Grazia di Dio attraverso la carità.

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova” (1 Cor 13,1-3). 

(Compartilhando a Graça)

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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