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Maria Goretti: una storia di santità che ci appartiene

Maria Goretti, una santa da riscoprire

© Public Domain

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 25/03/14

Una nuova biografia della Santa bambina mette in risalto le somiglianze tra il suo mondo, e le circostanze della sua morte, e i dolori del nostro

È una delle figure più raccontate. Come in una sorta di coazione a ripetere, che vuole approfondire e allo stesso tempo liberarsi dell’idea dell’assassinio così atroce di una bimba che portava già in sé tutti i segni della santità, gli studiosi continuano ad occuparsi di Santa Maria Goretti. L’ultimo libro su di lei l’ha scritto Ugo De Angelis, architetto e consulente della Congregazione della Dottrina della Fede, e il suo titolo è In quella foto c’è Maria (Nane Edizione). Queste pagine, oltre a contestualizzare la vicenda della Santa, si soffermano più volte a sottolineare la similitudine tra le molestie e la violenza fisica da lei subita e quelle di cui sono vittime molte donne di oggi. Questo ha indotto, erroneamente, alcuni organi di stampa a parlare di una proposta che papa Francesco avrebbe in cantiere, di fare di Santa Maria Goretti la “protettrice” delle donne vittime di abusi. In realtà, come l’autore ha spiegato ad Aleteia, questo è solo un auspicio. Inoltre, abbiamo sentito anche il rettore del Santuario di Nettuno (dove sono custodite le spoglie della Santa), padre Giovanni Alberti, che si è occupato in vari suoi testi di questa figura e che ci ricorda la complessità della sua storia di “santità”.

Cosa l’ha spinta a occuparsi di Santa Maria Goretti?

De Angelis: Più di venti anni fa svolgevo i miei studi universitari di archeologia industriale sul territorio dell’Agro Romano, ed in particolare a Ferriere di Conca, dove viveva la famiglia Goretti. Ebbi occasione di presentare la mia tesi ai membri dell’Archivio della Congregazione della Dottrina della Fede, che erano incuriositi dal fatto che l’allora Santo Uffizio dal 1588 fino al 1860, quindi anche in secoli in cui si occupava di ben altro, avesse in quel territorio gestito in qualche modo un’attività metallurgica nella tenuta di Conca, che dipendeva da loro. Accolsero la notizia con una grande sorpresa. Il direttore dell’Archivio, monsignor Alejandro Cifres, mi invitò ad un incontro di cinque minuti, ma che in realtà durò 4 ore. Si incuriosì anche l’allora prefetto, il cardinale Joseph Ratzinger, che mi spronò a fare ricerche aggiuntive nel loro Archivio. E così continuai a studiare quel territorio, tra l’altro partecipando con i membri della Congregazione ad una visita pastorale nei luoghi della memoria: visitammo, nell’attuale borgo Ferriere, anche la casa del martirio di Santa Maria Goretti. A quel punto spiegai loro che io avevo fatto ricerche anche su quel periodo, a cavallo tra 1800 e 1900, e Ratzinger mi spronò a proseguirle.

E la foto di cui parla nel titolo?

De Angelis: Riuscii anche a trovare gli eredi Gori Mazzoleni, proprietari della ex tenuta dello Stato Pontificio. Nel loro album di famiglia trovai un’immagine fotografica, che risaliva a quel tempo: un’immagine di vita contadina, ritraente un’area cortilizia dove ci sono alcuni personaggi insieme ad una fanciulla posta leggermente più in alto, come sopra a un secchio rovesciato. Feci ricerche approfondite all’Archivio di Stato di Roma, Galla Placidia, dove c’era il fascicolo Alessandro Serenelli, l’assassino. Mi misi a studiare analiticamente il fascicolo, risalii a quell’immagine attraverso una serie di riscontri incrociati e capii che quella bambina poteva essere Maria Goretti. Ricucii insieme il materiale e ne feci un libro, che è di carattere storico.

Come nasce l’idea, di cui abbiamo letto, della proposta di farne una protettrice per le vittime di violenza?

De Carolis: Non è una mia proposta, non c’è nel libro: c’è solo un parallelo costante con i “femminicidi” del nostro tempo. Durante una presentazione del libro, monsignor Cifres disse che non sarebbe stato sbagliato fare di S. Maria Goretti una martire patrona delle donne vittime. Forse i giornalisti hanno un po’ fantasticato su questa proposta. Lo stesso Ratzinger era molto interessato alla vicenda, ma non ha mai parlato di una proposta vera e propria. Credo vada intesa a livello di auspicio; sarebbe bello che il Santo Padre potesse pensare a questa possibilità. È anche la richiesta contenuta in molte email che ho ricevuto: sarebbe proprio una bella idea!

Padre Alberti, qual è il vero volto di Santa Maria Goretti?

Alberti: Ci sono molti pregiudizi su di lei. Mettiamoci in testa che non è la “santa brava 5 minuti”, perché la Chiesa non mette sull’altare chiunque. C’è una storia che bisogna conoscere. C’è una famiglia che ha vissuto a cavallo tra 800 e 900, erano marchigiani, affamati, senza lavoro e senza casa. Con i cinque figli emigrano nelle pianure pontine, ma nell’azienda in cui lavora il padre, Luigi Goretti, viene colto da malaria e muore a 40 anni. In questa circostanza dolorosa noi conosciamo le prime parole di Maria Goretti, che a nove anni dice alla madre: “Mamma, Dio non ci abbandona, tu vai in campagna io porto avanti la famiglia e la casa”. Ecco che, bambina, diventa vice-mamma per i suoi fratelli. La forza di queste cose veniva anche dall’educazione ricevuta dalla famiglia, ma anche dalla fede e dalla preghiera, perché a Casa Goretti la sera si recitava il Rosario: c’era una forte devozione popolare, per venire al Santuario si facevano a piedi 10 km ad andare e 10 a tornare. Lei volle a tutti i costi anticipare la sua Prima Comunione: all’epoca si faceva a 13 anni, lei sentì di volerla fare a 9 anni. Alle Ferriere, dove loro abitavano, c’erano anche due uomini, padre e figlio, Giovanni e Alessandro Serenelli, diciassettenne. Questo ragazzo cominciò a molestare Maria, che allora aveva 11 anni. Lei lo evitava: sentiva nel cuore che era sbagliato quello che le si chiedeva. Davanti all’ennesimo rifiuto lui prende un coltello e la ferisce mortalmente. La portano all’ospedale di Nettuno e lì, sul letto di morte, lei compie il gesto più eroico perché alla domanda del padre, se perdonava l’uccisore, lei rispose: “Non solo lo perdono ma lo voglio con me in Paradiso”. Una forza interiore non comune. Sulla sua tomba avvennero presto delle guarigioni. La chiesa all’inizio non volle occuparsene perché era una bambina, ma poi i miracoli furono così tanti che iniziarono processi durati 25 anni, al termine dei quali Pio XII dichiarò Maria Goretti santa, il 24 giugno 1950. Oggi ha chiese in tutto il mondo, libri in oltre 50 lingue, commedie musicali e film importanti, uno realizzato da Rai 1 cinque anni fa.

Il culto quando inizia?

Alberti: Dopo due anni qui a Nettuno, nel 1904, eressero un monumento. A due anni dalla morte fu anche scritta una piccola biografia. Piano piano si mossero le cose in modo che questa figura cominciò ad interessare. Nel 1929 avvenne la transazione del corpo dal cimitero fino a qui nel santuario, e questo fu un segno che c’era un interessamento da parte della Chiesa. I processi furono anche favoriti dal fatto che erano vivi tutti i testimoni: la famiglia, l’uccisore, che nel frattempo continuava a negare. Ma un nuovo miracolo fu che in sogno Maria apparve al suo uccisore e gli disse: “Alessandro ti devi convertire, io ti ho perdonato”. Questi da allora cominciò un percorso di redenzione che, dopo 30 anni di carcere, lo portò a chiudere i suoi giorni vivendo da ortolano in un Convento di Cappuccini, nel 1970.

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