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La sussidiarietà: cinque rotte verso un mondo più giusto

Augustinian order to focus on evangelizing Europe, youth – it

Gurutze Imaz

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 24/03/14

Il Cenacolo Sinderesi ha presentato un volume che raccoglie il lavori dello scorso anno svolti su uno dei pilastri della Dottrina Sociale della Chiesa

Creare competenza e responsabilità civile tra i cittadini, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Questo è il servizio che si propone di compiere annualmente il Cenacolo Sinderesi, un cammino di formazione proposto all’interno del Centro Fede e Cultura “Alberto Hurtado” della Pontificia Università Gregoriana, nel quale 50 giovani sotto i 35 anni, lavoratori e studenti, imparano a conoscere le idee sociali ed economiche nell’orizzonte della Dottrina Sociale della Chiesa, e a riconoscerle in azione nelle nostre società. Ogni anno i giovani sono chiamati a proporre attivamente dei loro percorsi di applicazione di queste idee, percorsi che poi vengono raccolti in un testo pubblicato l’anno successivo. Oggi, appunto, quello che fa riferimento al corso appena concluso, dal titoloLa sussidiarietà. Mappe e rotte d’esplorazione, edito da Gregorian & Biblical Press con la collaborazione, anche nella direzione dei contenuti, della Fondazione Konrad Adenauer. Noi di Aleteia abbiamo sentito monsignor Samuele Sangalli, che lo ha curato.

Qual è la strada che ha compiuto questo testo che esce oggi?

Sangalli: Il libro è riconducibile alla metodologia Sinderesi, che si distingue dal modello di didattica frontale al quale vengono sottoposti i giovani in genere nei nostri momenti formativi, e nei quali solitamente si chiama qualche big a parlare agli studenti, loro ascoltano passivamente e poi alla fine non restano tracce. Magari questa modalità aumenta le conoscenze individuali, ma non genera gruppo, non incide nella formazione di un’opinione. Per questo il nostro gruppo lo abbiamo chiamato “cenacolo”, perché i giovani imparano a lavorare insieme sia in vista di un loro apprendimento sia di un possibile impegno nella società. L’anno scorso il volume si occupava dei temi fondamentali dell’etica pubblica. Quest’anno nel Cenacolo stiamo lavorando sul secondo pilastro della Dottrina Sociale della Chiesa, cioè sulla solidarietà, vista in relazione alla democrazia, e l’anno prossimo il volume tratterà di questo.

Che valore aggiunge la collaborazione di una fondazione tedesca?

Sangalli: In Italia non esistono fondazioni che supportino, anche economicamente, il lavoro di chi non vuole soltanto fare la passerella, ma vuole impegnarsi per un servizio alla società. Pubblicato con l’aiuto della fondazione Adenauer, questo testo ha potuto presentare nella prima parte le tre mappe, cioè le relazioni degli esperti presentate all’inizio del corso: padre Ottavio De Bertolis (Univ. Gregoriana) ha esplorato la sussidiarietà da un punto di vista filosofico, il prof. Gino Scaccia (Luiss) l’ha indagata in relazione alla Costituzione e alla legislazione italiane, e il dott. Emanuele Forlani, che ha raccontato i suoi sforzi nei suoi anni spesi in Parlamento di mettere in pratica la sussidiarietà durante la realizzazione delle leggi. Queste mappe, tre linee guida autorevoli, hanno sostenuto cinque rotte di lavoro seguite dai cinque gruppi nei quali i 50 studenti erano stati distribuiti.

Quali sono state le “rotte” di esplorazione seguite?

Sangalli: Il primo gruppo ha lavorato sull’educazione, mettendo in luce come una formazione gestita sussidiariamente possa essere in grado di venire incontro al bisogno di riqualificazione del territorio nell’ambito del mercato del lavoro. Un secondo ha guardato alla sussidiarietà in ambito politico, riscoprendo i partiti come forme responsabili di rappresentanza. Un terzo ha voluto proporre un nuovo modello efficiente di welfare, che vuole essere in grado di velocizzare la capacità di autonomia dei corpi intermedi e delle reti d’impresa. La quarta rotta seguita è quella dello sviluppo economico: si è fatto vedere quali effetti rigeneranti in economia produca l’attuazione del principio di solidarietà su vari progetti, ad esempio nella raccolta e smaltimento dei rifiuti che le società del benessere non sembrano in grado di risolvere. L’ultima rotta ci ha portato – e qui ci hanno stimolato anche gli amici tedeschi – in ambito europeo: un gruppo ha fatto vedere come tramite le regioni le distinzioni secolari delle diverse nazioni partecipanti verrebbero valorizzate ed esaltate, proprio mediante un sistema di governance multilivello da estendere per costruire una vera Europa. Abbiamo scoperto che paradossalmente la sussidiarietà, se ben praticata, diventa per l’Europa il principio in grado di far compiere quei passi federativi verso un’unione politica che oggi sembra sicuramente molto lontana.

I giovani con che occhi guardano alla Dottrina Sociale della Chiesa in questo momento di tempesta?

Sangalli: Come ad una risorsa, che stimola a pensare. In genere il rischio di una materia come la Dottrina Sociale della Chiesa è quello di riproporla pedissequamente, oppure, la si ritiene un po’ aerea, decontestualizzante, poco utile alla prassi. Il nostro tentativo è stato invece questo: partiamo da questi principi, e facciamoli fecondare nelle cinque rotte, vediamo che cosa ne può uscire. Io credo ne siano scaturiti risultati interessanti, specie perché prodotti da giovani ben preparati. La cosa bella è stata portare dei ragazzi ad accorgersi della complessità delle materie affrontate. Rendersi conto che quando metti mano alla realtà non bastano due slogan o tre twittate. Per renderti utile alla società devi lavorare. È un percorso impegnativo, il nostro come sa chi l’ha fatto, e pensiamo di aver costruito un metodo, magari esportabile.

In Europa che sensibilità c’è agli impulsi che arrivano dalla Dottrina Sociale della Chiesa?

Sangalli: Anche lì si tratta di cominciare a studiare il magma che è l’Europa. È un po’ anche il magma di questi giorni, nei quali si parla della burocrazia europea. Ma questa non nasce dal nulla, ma da una serie di motivi storici. Ha un suo limite grosso nel momento in cui diventa freno al nuovo. Ma non è solo un limite; questa serie di trattati, di norme, di disposizioni, che i ragazzi sono andarsi a studiare, in realtà può contenere invece anche degli stimoli che vanno ripresi. Chi leggerà l’ultimo capitolo vedrà come paradossalmente i trattati europei, anche le forme in cui è organizzata la Comunità, sono aperti ad una possibile evoluzione, ad un sistema di governance multilivello. Questo non mortificherebbe le varie istanze nazionali, e delle cosiddette società intermedie di cui noi ci occupiamo molto, ma anzi lascerebbe loro campo libero per proporre tutto quello che potenzialmente contengono. Occorre cimentarsi con la materia, metterci mano: in questo senso il tentativo di Sinderesi è quello di creare un gruppo di cittadini responsabili e di persone competenti, che non parlino a vanvera, come avviene troppo spesso a livello politico, laddove non si conoscono spesso le materie. E poi succede che si lascia tutto in mano ai tecnici, al loro linguaggio impenetrabile, al loro mondo di cui alla fine restano i soli padroni.

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