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Il sangue per la nostra salvezza

monseñor romero 3 – it

© DR

Vinonuovo.it - pubblicato il 24/03/14

Nella Giornata dei missionari martiri un testo dell'arcivescovo Romero tratto da un nuovo libro che raccoglie alcuni suoi discorsi.

di Oscar Arnulfo Romero

Oggi è l’anniversario dell’uccisione dell’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero e ormai da qualche anno per la Chiesa è diventato il giorno in cui mettere al centro la testimonianza dei martiri missionari. Inserendoci in questa prospettiva proponiamo oggi il testo di un’omelia pronunciata dall’arcivescovo Romero tratta dal nuovo libro «La Messa incompiuta. Le ultime omelie di un vescovo assassinato» pubblicato dall’editrice EdB.

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A motivo delle molteplici relazioni con l’editrice del giornale El lndependientemi sono potuto unire profondamente ai vostri sentimenti filiali per la morte di vostra madre e, specialmente, a quello spirito nobile che fu Doña Sarita, che pose tutta la sua formazione culturale, la sua sensibilità, al servizio di una causa tanto importante in questo momento: la vera liberazione del nostro popolo.
Io credo che i suoi fratelli, questa sera, debbano non solamente pregare per il riposo eterno della nostra cara defunta, ma soprattutto raccogliere questo messaggio che oggi ogni cristiano deve vivere con onestà. Molti, e questo ci sorprende, pensano che il cristianesimo non debba porsi su questo terreno, mentre è tutto il contrario. Avete appena finito di ascoltare nel vangelo di Cristo che è necessario amare non soltanto noi stessi, che uno non deve cercare di non esporsi a quei pericoli della vita che la storia esige da noi, che chi vuole tenersi lontano dal pericolo, perderà la sua vita. Viceversa, chi si impegna per amore di Cristo al servizio del prossimo, vivrà come il chicco di grano che muore, ma solo apparentemente muore. Se non morisse, rimarrebbe solo. Se c’è un raccolto è solo perché muore, lasciandosi immolare in questa terra, disfacendosi e solo disfacendosi produce raccolto.
Nella sua eternità Doña Sarita ha ricevuto meravigliosamente la conferma di questa pagina che ho raccolto per lei dal concilio Vaticano II, e dice: «Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla rivelazione, che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella debolezza e corruzione rivestirà l’incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all’uomo se guadagna il mondo intero, ma perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Dio, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio.
E infatti, i beni, quali la dignità dell’uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre "il regno eterno e universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace". Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione» (GS n. 39: EV 1/1439-1441).

Questa è la speranza che rafforza noi cristiani. Sappiamo che ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto quando c’è tanta abbondanza di ingiustizia e peccato, è uno sforzo benedetto da Dio, che Dio vuole, che Dio da noi pretende. E quando si trova una persona tanto generosa quanto Doña Sarita, e si trova il suo pensiero incarnato in Jorgito e in tutti coloro che lottano per questi ideali, dobbiamo purificarli nel cristianesimo, questo sì, rivestirli di questa speranza dell’aldilà, affinché siano più forti, perché abbiamo la certezza che tutto ciò che avremo seminato sulla terra, non ci deluderà, ma lo ritroveremo purificato in quel regno in cui il merito sta appunto in ciò che abbiamo prodotto su questa terra.
Io credo che non sia inutile aspirare a ore di speranza e lotta in questo anniversario. Ricordiamo allora, rendendo grazie, questa donna generosa che ha saputo comprendere le inquietudini e gli sforzi di suo figlio e di quanti lavorano per un mondo migliore e ha saputo mettere lei pure il suo piccolo chicco di grano nella sofferenza. Io non ho dubbi che il suo paradiso sia anche in proporzione di questa sofferenza e di questa comprensione che manca a molti oggi in El Salvador.
Io vi supplico tutti, amati fratelli, guardiamo agli avvenimenti di questo frangente storico con questa speranza, con questo spirito d’impegno e facciamo tutto quello che possiamo. Tutti possono fare qualcosa: anche solo offrire la nostra comprensione.
Questa santa donna, che oggi stiamo ricordando, forse non ha potuto fare direttamente delle cose, ha dato però coraggio a coloro che possono lavorare, comprendendo la loro lotta e, soprattutto, pregando e dicendo, anche dopo la morte col suo messaggio di eternità, che vale la pena di lavorare perché tutte queste ansie di giustizia, di pace e di bene che sentiamo su questa terra, le raggiungiamo, se le illuminiamo di una speranza cristiana. Sappiamo infatti che nessuno è potente per sempre e che, per chi ha posto nel suo lavoro un sentimento di fede molto grande, amore per Dio e speranza negli uomini, per costoro tutto ciò si sta trasformando ora negli splendori di una corona che deve essere la ricompensa per il lavoro di chi ha seminato verità e giustizia, amore e bontà sulla terra. E non si ferma qui, ma sappiamo che, purificato dallo Spirito di Dio, viene raccolto per noi e ci viene dato in ricompensa.
Questa santa messa infatti, questa eucaristia è esattamente un atto di fede. Alla luce della fede cristiana, ci sembra che, in questo momento, la voce di divisione si trasformi nel corpo del Signore che si offrì per la redenzione del mondo e in questo calice il vino si trasformi nel sangue che fu il prezzo della salvezza. Che questo corpo immolato, che questo sangue sacrificato per gli uomini siano alimento per noi, affinché anche noi offriamo il nostro corpo alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per noi stessi, ma per dare segni di giustizia e pace al nostro popolo. Uniamoci allora intimamente nella fede e nella speranza in questo momento di preghiera per Doña Sarita e per noi.

Qui l’originale

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