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Il grido della vita è più forte della morte

Neonato

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Aleteia - pubblicato il 24/03/14

Una mamma si oppone ai medici che davano per morto il feto e così dà alla luce il suo piccolo

Accade a Roma. E accade per il desiderio che abbiamo tutti dentro il nostro cuore, specialmente in quello di una mamma: vivere. E far vivere.

Aborto terapeutico
Il figlio di Maria, una giovane mamma, ha tre mesi e mezzo ma per i medici del Pronto soccorso del San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, non doveva vivere. Per loro non restava che la via dell‘aborto terapeutico. Come riportato il 24 marzo da Il Messaggero, il feto per loro era morto, il cuoricino alla quinta settimana di gravidanza non batteva, l’ecografia era piatta. Ed invece quel bimbo è nato in perfetta salute, nello stesso ospedale.

Istinto materno e desiderio di vita
Ma tutto ciò è stato possibile solo grazie alla testardaggine della giovane madre che quel giorno non si è voluta fidare della diagnosi dei medici del pronto soccorso. «Quel giudizio al pronto soccorso di ostetricia del Fatebenefratelli, nonostante le analisi e l’ecografia, mi era sembrato troppo frettoloso – racconta – quindi la sera, a casa, mi sono informata e ho trovato la conferma di quanto avevo già intuito, ossia che non sempre il battito degli embrioni è individuabile alla quinta settimana. Meglio aspettare quindi per farmaci e ferri. Io il mio bambino, anche se la gravidanza non era stata pianificata, lo volevo».

Il medico di base conferma la bontà della sua decisione. «E’ vero il battito non c’è, ma la gravidanza è appena cominciata» si sente rispondere Maria S. l’indomani dalla sua dottoressa. «Aspettiamo una settimana per capire se c’è stato o meno l’aborto interno». Qualche giorno dopo una ecografia scioglie ogni dubbio: l’embrione è vivo e cresce. La diagnosi elaborata al pronto soccorso era errata.

No a superficialità con la vita
«Il mio bambino è nato il 2 dicembre del 2013», racconta ora Maria. «Pesava tre chili e mezzo. Ho avuto una gravidanza e un parto naturale sereno. E ogni volta che mi soffermo a guardare il mio piccolo mi rendo conto del pericolo scampato. Se non avessi seguito il mio istinto sarei stata io stessa la carnefice di mio figlio. La madre chiede giustizia e vuole il risarcimento per i danni morali. "Sono convinta che un’azione legale è un’iniziativa non solo giusta, ma doverosa. Non si può essere superficiali con la vita».

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