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Il cardinal Caffarra aiuta a “Cercare Dio”

Young Catholic indigenous pilgrims attending World Youth Day (WYD) – AFP

© YASUYOSHI CHIBA / AFP PHOTO

Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 23/03/14

Raccoglie in un libro le catechesi tenute ai giovani durante l'Anno della Fede

“Cercare Dio” (Marcianum Press) è il libro in cui il cardinale Carlo Caffarra raccoglie le catechesi che ha tenuto ai giovani durante l’Anno della Fede e altri due interventi – una catechesi ai genitori dei cresimandi e una lezione tenuta all’Università di Udine.

Per l’arcivescovo di Bologna, esiste il grave pericolo, soprattutto nei giovani, di ridurre la fede “ad emozione, a risposta a bisogni psicologici”. Per questo, ritiene che “mostrare l’intima ragionevolezza della fede, mostrare che in primis l’atto della fede è un atto propriamente della ragione, poiché è un assenso ad una Parola, sia uno dei compiti principali nell’educazione alla fede dei nostri giovani”.

Due, spiega il porporato, sono le grandi metafore della vita: il girovago e il pellegrino, che indicano due modi di vivere molto diversi: “il girovago non ha una strada non avendo una meta da raggiungere; il pellegrino ha una strada che non deve e non vuole abbandonare perché desidera raggiungere la meta”.

La differenza tra queste due figure si evidenzia anche di fronte a quella che definisce “la delusione del compimento”. “Succede non raramente che raggiunto l’obiettivo del nostro desiderio, ci troviamo a dire: ‘Tutto qui?’. È come se fosse più bella la ricerca che il possesso, il desiderio che la soddisfazione. Viviamo spesso una sproporzione esistenziale fra ciò che speriamo e desideriamo e ciò che concretamente possiamo raggiungere”.

Secondo lo stile di vita del girovago, la soluzione è dire “accorcia la misura del tuo desiderio, e taglia la tua speranza. Non potendo raggiungere ciò che desideri, cerca di desiderare solo ciò che puoi raggiungere”. La posizione del pellegrino è invece un’altra: “la sproporzione non potrebbe derivare dal fatto che la persona umana è fatta per un bene infinito?” Se è così, “il nostro desiderio non va accorciato, la nostra speranza non va tagliata, perché esiste una risposta a loro misura. E il pellegrino si mette alla ricerca di questa risposta”.

“L’uomo alla ricerca di Dio è l’uomo che non si accontenta dei beni limitati, oggetto delle piccole speranze pure significative ed importanti”, indica il cardinale. “È l’uomo che prende coscienza che non può bastargli niente che non sia infinito; qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere”.

Cosa può impedire la ricerca di Dio? Il primo impedimento può essere quella che per il porporato è “la più grave malattia spirituale che possa colpire il cuore di un giovane: la tristezza del cuore”, “una sorta di anoressia spirituale che rifiuta di prendere in considerazione ogni proposta che vada oltre la quotidianità; una sorta di pigrizia spirituale che induce neppure più a sperare che sia possibile una vita bella, vera, buona”. Ai primi sintomi di questa malattia, bisogna reagire e andare subito dal “medico”, ovvero un buon confessore, perché altrimenti la prognosi è la morte dell’io.

Il secondo impedimento è lo scientismo, che è “come un’epidemia: la prendi senza accorgertene” e consiste nel pensare che solo le proposizioni scientifiche sono qualificabili come vere o false, perché sono verificabili col metodo proprio della scienza. “È facile capire che se uno si lascia infettare da questa epidemia, non si mette in ricerca di Dio. Semplicemente si tiene la sua opinione al riguardo”.

“Alla persona che lo cerca a tentoni”, spiega il cardinal Caffarra, “Dio viene incontro mediante la voce della coscienza, che fa risuonare nel nostro intimo la voce stessa di Dio”.

“C’è un solo modo, un solo metodo, una sola strada per incontrare Cristo”, ricorda: “vivere l’esperienza della Chiesa; essere nella Chiesa, perché la Chiesa è vivere con Cristo”, “è la presenza di Cristo in mezzo a noi”.

Il cardinale si chiede poi cosa sia la fede e cosa voglia dire credere. La fede, risponde, “è l’assenso che la persona umana dona a Dio che in Gesù le parla, nella certezza che Egli non le dice il falso e non l’inganna”; “è l’assenso che la persona dà liberamente con assoluta certezza alla parola di Dio in Gesù trasmessa dalla Chiesa, attratta dalla grazia del Padre. Togliete anche un solo elemento di questa definizione, e non avrete più la fede”.

Fede, conclude, che è strettamente legata alla ragione. “La fede senza ragione è cieca, poiché il Signore non ha dato altra facoltà di conoscere la verità che la ragione, e rischia di corrompersi in superstizione”. Allo stesso modo, “la ragione senza la fede rischia di elevarsi a misura suprema della realtà, o di rifiutarsi a porre le domande che sole meritano un interesse supremo, lasciando l’uomo in balia del potere e della fortuna, del caso e di un destino senza senso”.

“La fede salva la ragione nel senso che aiuta questa a scoprire realtà che sono de jure alla sua portata, ma de facto la ragione da sola non le ha raggiunte”.

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