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Palestina: una famiglia cristiana si lancia nella produzione del vino

Taybeh

© Public Domain

Solène Tadié - pubblicato il 21/03/14

Una famiglia di birrai palestinesi ha avviato una produzione viticola in un territorio a maggioranza musulmana

Leggendo un recente articolo di Le Monde si scopre con piacere che la famiglia Khoury, finora sola e unica produttrice di birra in Palestina, ha deciso di avviare una produzione viticola. Un’iniziativa ambiziosa per il piccolo paese di Taybeh, ultimo territorio palestinese ad essere ancora interamente cristiano.

Il paese di 2000 abitanti, situato su una collina rocciosa ad una trentina di chilometri a nord di Gerusalemme, offre delle condizioni ottimali per una produzione del genere: “Grazie ai nostri tre vitigni, merlot, cabernet-sauvignon e syrah, ci piacerebbe educare le persone a un vino di alta qualità”, spiega Canaan Khoury, 23 anni.

Forti dell’esperienza di birrai e del successo della loro produzione, esportata fino in Belgio, in Germania e persino in Giappone, i Khoury hanno deciso di provare questa nuova avventura. Con il contributo del loro enologo italiano, la famiglia prevede di produrre un vino di qualità con lo scopo di raggiungere la fetta di mercato più alta.

Il primo imbottigliamento avrà luogo a maggio, e inizialmente il vino sarà messo in commercio solo in Cisgiordania. Fino ad oggi il paese ha registrato solo due iniziative vinicole, i monasteri di Latrun e di Cremisan. Ma il primo è già stato assorbito dal territorio israeliano e il secondo lo sarà presto.

Dato che la Cisgiordania importa il grosso del proprio vino da Paesi esteri (Francia, Italia, Argentina), la famiglia Khoury dovrebbe arrivare ad essere, in futuro, l’unico produttore di vino palestinese. Facendo affidamento solo sul passaparola e sui social network, poiché pubblicizzare l’alcool è vietato in Palestina.

Vino e cristianesimo
La simbologia del vino è molto ricca nella religione cristiana, a partire dal racconto evangelico delle nozze di Cana, in cui Gesù compie il suo primo miracolo trasformando l’acqua in vino. “Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. (Gv 2, 1-11).

Altri passi della Bibbia citano le proprietà benefiche del vino sul cuore delle persone, purché consumato senza eccessi. In totale, il vino e la vigna vengono citati 443 volte. Il consumo del vino è consigliato da un punto di vista medico per placare i morenti, per dare gioia a chi prova amarezza, per dimenticare povertà e dispiaceri (Proverbi 31:6-7). Gli si attribuiscono effetti benefici sulle piaghe (Luca 10:34) e sulla stanchezza (2 Sam. 16:2). L’apostolo Paolo consigliava a Timoteo di usare un po’ di vino per le sue frequenti indisposizioni (1 Tim. 5:23).

Lo scrittore e teologo italiano Paolo Curtaz ha scritto queste parole molto ben scelte a proposito delle nozze di Cana:
L’incontro con Dio è una festa ben riuscita. Una festa in cui sentiamo la gioia dilagare e riempire ogni singola fibra del nostro corpo: perché siamo attorniati dai nostri amici, perché siamo innamorati, perché tutto ci sorride. Ma esiste anche una visione oscura della fede e di Dio, che sostituisce alla gioia il dovere, che scivola nell’obbligo del precetto, che occhieggia ai sensi di colpa e fa del peccato il metro di giudizio di una vita. Così si era ridotta l’esperienza di Israele, la sposa. Così, spesso, abbiamo ridotto la Chiesa, la sposa. Perciò Giovanni inizia il primo sei suoi sette miracoli con un matrimonio […]. Così è la fede, amici: un matrimonio in cui il vino non viene mai a mancare, un incontro che, sempre, suscita gioia e passione. Se, invece, la fede, per voi, è noiosa e siete cristiani solo per dovere, piacevole come andare dal dentista, delle due cose l’una: o state vivendo un faticosissimo momento, e allora chiedete al Signore di trasformare l’acqua in vino […] o proprio non siete presenti al banchetto nuziale”.

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