Ma è vero che il suo essere troppo “persona” tra le persone annienta la sacralità del ruolo del papa?
Cascioli: Mi fa ridere questo modo di giudicare, sia da parte di chi lo acclama che di chi lo critica, le cose che fa Bergoglio come se fossero novità clamorose quando noi abbiamo avuto, non troppo tempo fa, un Giovanni Paolo II che ha già scardinato qualunque etichetta. Io ricordo benissimo i suoi inizi, quando faceva diventare matti tutti quanti, a cominciare dalla sicurezza. Giovanni Paolo II era un ciclone: fece costruire la piscina in Vaticano, andava a sciare, tutto quello che faceva oltrepassava ogni possibile fantasia. Venivamo allora da papi che raramente uscivano dal Vaticano: per questo la sua fu davvero una rivoluzione, altro che quella di papa Francesco. Ma quello che non si perdona a papa Francesco, e che non si perdonava a Wojtyla, è il fatto che sono esattamente come sono: Bergoglio era così da prete, da vescovo e lo è da papa. Lui è sé stesso: il dire che la borsa nera e la croce di ferro siano aspetti studiati a tavolino, offende l’intelligenza di chi lo dice. Certo, è diverso se pensiamo alla responsabilità di alcune persone che gli stanno intorno, che suggeriscono certe sottolineature – le scarpe vecchie, la croce di ferro – ai giornali e che per loro motivi vogliono esaltare questo papa cercando di creare una contrapposizione con chi l’ha preceduto.
È vero, come sostengono gli autori, che “il cuore” di Francesco ha creato una rottura con “la ragione” di Benedetto XVI?
Cascioli: La storia non avanza per rotture, ma si creano situazioni che sono l’esito di un cammino. Sicuramente papa Francesco è diverso da chi l’ha preceduto: su questo gioca il suo carattere personale e la sua cultura sudamericana. Quello che conta è il papato: al singolo papa si chiede di trasmettere la fede così come è stata tramandata dagli Apostoli, ovviamente sapendo che poi ci sono sottolineature e aggiustamenti, perché la Tradizione si affianca alla Scrittura. Su questo il Cristianesimo è diverso dall’Islam, dove tutto si è fermato alla seconda. E questo papa, sicuramente dimostra una sensibilità diversa da Benedetto XVI, come ad esempio della questione, anche molto equivocata dai giornali, dei principi non negoziabili. C’è un modo diverso di porsi. Ma pensare che questa sia una rottura col passato sembra solo un wishful thinking di qualcuno che vuole prendersi qualche rivincita. Voglio scendere nei dettagli: c’è un libro recente di Renzo Guccetti, I veleni della contraccezione, che fa un excursus sul pontificato di Paolo VI. È interessante notare qui un parallelo storico con papa Francesco: con Paolo VI subito dopo il Concilio si crearono aspettative sul fatto che sarebbero cambiate tante cose, anche in fatto di dottrina. Sappiamo che c’erano delle spinte da parte di chi voleva rivoluzionare tutto. Quando nel 1968 uscì l’Humane Vitae queste speranze crollarono, e Paolo VI fu massacrato dagli stessi che fino a quel momento lo avevano portato su un palmo di mano. Oggi, guarda caso, si sta ripetendo la stessa cosa, e l’obiettivo è il Sinodo sulla Famiglia. Alcuni cardinali tedeschi, non è un caso, parlano già di cancellare l’Humane Vitae: c’è chi sta cercando una rivincita su quell’enciclica. Si stanno creando grandi attese con l’obiettivo di cambiare la dottrina sulla famiglia, e si sta provando ad ingabbiare papa Francesco in questa logica di contrapposizione con chi l’ha preceduto.