Anna Macchi e la critica d’arte contemporanea
[1], descritta dalla ditta per la quale lavora come persona molto coscienziosa, ha spazzato via della sporcizia all’interno di uno spazio espositivo pubblico. Il fatto non costituirebbe notizia, se non che, secondo i critici e gli artisti che hanno allestito la collettiva «Display Mediating Landscape» in questo periodo in esposizione nello spazio pulito appunto dalla signora Macchi, quella spazzatura conterrebbe opere d’arte, fatte di carta e cartone, e come tali consegnate alla locale azienda di nettezza urbana AMIU per lo smaltimento.
monnezza, quanto piuttosto per il fatto che critici ed artisti abbiano reclamato le loro opere, e che tali opere, che l’AMIU sta tentando di distinguere dall’altra spazzatura, abbiano anche un considerevole “valore” monetario.
“Le vacanze intelligenti”
[2] all’interno del film collettivo
“Dove vai in vacanza?”con altri due episodi diretti da Salce e Bolognini, del 1978. L’attrice Anna Longhi, nei panni di Augusta, ed Alberto Sordi, nei panni di Remo, durante un viaggio organizzato per loro dalla figlia competente, sono travolti e confusi da ciò che non riescono a comprendere e che li fa sentire inadeguati. Al centro dell’episodio, c’è Augusta che stanca e accaldata -mentre il marito Remo si allontana alla premurosa ricerca di un bicchiere d’acqua-, si siede su una sedia, senza rendersi conto che si tratta di un’installazione. I visitatori colti, di contro, pensano che Augusta faccia parte dell’opera, a dimostrare, secondo il regista, che nessuno è in grado di comprendere nella condizione post-moderna cosa sia arte e cosa no. La
gag è esilarante, non tanto per la sprovveduta ignoranza di Augusta, quanto per la falsa conoscenza dei visitatori colti e informati che trovano un significato profondo al loro abbaglio. Sembrano come i cortigiani del Re nella favola di Andersen, che si mostrano ammirati per un abito mai cucito con stoffe mai tessute. Remo e Augusta Proietti svolgono, invece, la stessa funzione del bambino che è ancora libero di vedere e quasi involontariamente smaschera l’inganno, dicendo semplicemente ciò che vede: nella favola il re nudo, nel film di Sordi una sedia.

Il Mistero di Bellavista[3]scritto, diretto ed interpretato da Luciano De Crescenzo nel 1984, tratto dall’omonimo romanzo del 1977. Dopo la spiegazione di un verboso professore (interpretato da Riccardo Pazzaglia) che spiega il significato profondo di un’opera d’arte consistente in un bagno interpretandola come espressione dei valori dello spirito, Salvatore e Saverio si confrontano sulla identità dell’arte in un dialogo di rara forza argomentativa. Salvatore ammette di essere “ignorante” avendo studiato solo fino alla III elementare (sebbene questa ripetuta due volte) e rimane perplesso di fronte al bagno inteso come opera d’arte, Saverio, che si dichiara invece “quasi ignorante”, avendo studiato fino alla III media (dopo la quale è fiero di essersi fermato da solo prima che altri lo fermassero), ritiene di dover difendere tale arte, affermando che persone con la “laurea in critica” e con i soldi riescono senz’altro a comprendere più di loro. Salvatore si domanda se avendo studiato avrebbe saputo apprezzare tale arte. Si rivolgono allora a un professore, ovvero lo stesso De Crescenzo che, sorseggiando una limonata, spiega che la questione può essere risolta applicando la filosofia di Protagora, concludendo che l’arte in questione è arte per Saverio e non è arte per Salvatore. Entrambi non sono soddisfatti della risposta, e allora Salvatore prende le redini del dialogo e comincia a raccontare che tempo prima un muratore, sotto le macerie di una villa a Torre del Greco, aveva trovare un quadro poi identificato come opera di Luca Giordano e, pur essendo profondamente ignorante, aveva capito che quel quadro poteva essere “minimo un capolavoro o addirittura un’opera d’arte”. Salvatore prosegue poi con una domanda dalla forza socratica: tra mille anni, gli operai del tremila, trovando in una cantina l’opera d’arte da cui era partita la discussione, penseranno di trovarsi di fronte a un capolavoro o a un bagno scassato? Il professore non può che ammettere sorridendo: “un bagno scassato”.

[4], una donna delle pulizie del Museo East Wall di Dortmund ha rovinato una installazione dell’artista Martin Kippenberg, costituita da una torre di legno con al centro una vaschetta di gomma dal rivestimento biancastro; la signora ha lavato proprio questa vaschetta, eliminando in questo modo la patina biancastra. L’episodio è simile a quello di Anna Macchi, ma le reazioni però sono state assai diverse. Il direttore del Museo ha lamentato la perdita di reputazione, la signora è stata punita, la questione è stata tradotta in termini di assicurazioni e risarcimenti, e di protocolli di pulizia (pulire solo a 20 centimetri dalle opere).
[5] spettacolo teatrale del 2006 di Aldo, Giovanni e Giacomo, trasformato in film “Anplugghed al cinema”. Nell’episodio ambientato in una Galleria d’Arte Moderna, Giacomo insegna con termini esoterici alcune teorie contemporanee dell’arte ad Aldo e Giovanni, che tentano invano di capire ed applicare i criteri di un linguaggio che si mostra come illogico e arbitrario; in particolare non riescono a cogliere la differenza tra la realtà ( “un estintore”) e un’opera d’arte (“una sedia decostruttivista”): Giovanni di fronte alla sedia vede solo una sedia simile a quelle di sua nonna e ci si siede (peraltro con chiara citazione del film di Sordi), non comprendendo che quello è invece il “concetto di sedia”. Viene ribadita l’impossibilità di distinguere l’opera d’arte e di riconoscerla, ma con un metodo diverso. Infatti, al dialogo argomentativo dell’episodio di De Crescenzo, si aggiunge la dimostrazione fattuale ed evidente, che culmina quando il dotto Giacomo afferma che una cornice senza il quadro racchiude lo “spazio sacro inviolabile” dell’arte, e allora i due incompetenti Giovanni ed Aldo violano fisicamente quello spazio, attraversandolo con il corpo e mostrando che non esiste, perché dentro la cornice non c’è appunto niente, con un’azione teatrale confutatoria e dissacrante, che ricorda Pinocchio, Pulcinella, Arlecchino…

In conclusione, vogliamo tornare alla
Evangelii Gaudium, all’illuminante numero 167, già tante volte letto e apprezzato in questa rubrica: «Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, e comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza, che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri». Papa Francesco ci fa capire che trovare nuova carne significa trovare segni che abbiano significato, che arrivino alle persone, che siano attraenti per gli sprovveduti e gli incolti, rinunciando a ciò che invece non viene compreso dai più, rinunciando a quel tipo di espressione che veicola solo se stessa, che fuori da un certo esoterico linguaggio non significa niente, non rimanda a niente. L’arte sacra dovrebbe parlare a tutti, permettendo a chiunque di riconoscere se si tratta di un capolavoro o di un’opera d’arte o di semplice
monnezza.
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[1]http://bari.repubblica.it/cronaca/2014/02/22/news/anna_macchi_testimonial-79363386/ ; http://www.youtube.com/watchl?v=XtHH1m19CLg
[5]http://www.dailymotion.com/video/xe3aag_scuola-d-arte-democrazia-creativa-b_fun unplugged