Qualcun altro ha notato la recente tendenza pacifista nella Chiesa?Ogni tanto, un libro davvero speciale emerge tra gli altri: un libro colto e ben scritto, che solletica l'immaginazione, che cambia lo stato di una discussione se letto con la serietà che merita. L’ultimo libro di Servais Pinckaers, Sources of Christian Ethics era un libro del genere. E anche The Resurrection of the Son of God di N.T. Wright. Adesso arriva In Defense of War di Nigel Biggar (Oxford University Press). L’attento ragionamento morale di Biggar offre un modello che, se seguito, potrebbe approfondire e maturare la discussione cristiana sull'etica della guerra e della pace. E, se posso dire, il suo libro dovrebbe soprattutto essere letto da coloro che, a prima vista, saranno scioccati o addirittura inorriditi dal titolo.
Nigel Biggar, Professore emerito di Morale e Teologia Pastorale all'Università di Oxford e direttore del Centro McDonald di Teologia, Etica e Vita Pubblica, non è ben noto ai lettori americani, salvo tra quelli del ridotto gruppo di pensatori cattolici ed evangelici che prendono sul serio la classica teoria della guerra giusta e lavorano per svilupparla alla luce delle realtà politiche e tecnologiche del 21 ° secolo. Egli non è tuttavia una torre d'avorio, e nell'introduzione di rinforzo al libro scopre le sue carte:
“Questo è il dilemma: da un lato andare in guerra provoca mali terribili, ma d'altra parte non andare in guerra li consente. Da qualunque parte si sceglie di girarsi, la vista non è piacevole. Permettere ai mali di accadere non è sempre innocente, non più di quanto causarne è necessariamente colpevole. Omissione e commissione sono ugualmente tenuti a dar conto di se stessi. Entrambi hanno bisogno di giustificazione morale”.
In tutto il libro Biggar, accanito studente di storia militare e della teoria della guerra giusta, si scaglia "contro il virus della pia illusione”. E mentre giustamente critica la pia illusione di coloro che, in tempo di guerra, sono pronti a firmare un assegna in bianco di moralità per leader politici e militari, Biggar capisce che quella forma di irresponsabilità morale non è un grosso problema nelle chiese cristiane odierne (come lo era, ad esempio, durante la prima guerra mondiale). No, la pia illusione prevalente del cristiano di oggi è quella che immagina che le uniche soluzioni ai mali causati da assassini come Slobodan Milosevic, Saddam Hussein, Bashar al-Assad, e i mullah iraniani, non riguardano la minaccia o l’uso effettivo, di proporzionate e discriminate forze armate.
Quella pia illusione è il risultato di una serie di idee sbagliate che Nigel Biggar affronta con il vigore dell’intellettuale cristiano: l’idea sbagliata che il pacifismo radicale sia implicito nel Vangelo e che sia stato normalizzato nella Chiesa antica, l’idea sbagliata che l'autorità morale che decide se fare o meno la guerra è oggi solo una prerogativa delle Nazioni Unite, l'idea sbagliata che il diritto internazionale contemporaneo rifletta adeguatamente il ragionamento morale della tradizione della “guerra giusta”, l’idea sbagliata che le norme prudenziali all'interno della tradizione della “guerra giusta” (come "ultima risorsa") siano superiori alle altre considerazioni.
E senza fare troppi giri di parole, la sua recensione competente e dettagliata degli argomenti morali a favore e contro l'invasione dell'Iraq nel 2003 chiarisce che le idee politiche sbagliate possono combinarsi con idee teologiche sbagliate, producendo giudizi e politiche moralmente incoerenti e politicamente irresponsabili. La più rilevante tra quelle idee politiche sbagliate è quel pregiudizio anti-occidentale e anti-israeliano palpabile tra molti ecclesiastici nel dibattito precedente alla seconda guerra in Iraq, una sorta di riflesso che oggi deforma i commenti troppo incentrati sulle posizioni della Chiesa riguardanti il Medio Oriente.
Il dr. Biggar condivide la mia preoccupazione di vecchia data secondo cui gran parte della leadership cristiana dell'Occidente di oggi è pacifista. Molti uomini di Chiesa affermano quelli che hanno capito sono i criteri morali della tradizione della guerra giusta, me nella pratica non riescono ad immaginare un giusto utilizzo della forza armata – il che tende a sottrarre i pensatori religiosi e le loro intuizioni dai dibattiti in cui si decide davvero la linea politica. Se il libro di Nigel Biggar riuscirà a fare in modo che gli ecclesiastici potranno ripensare seriamente alla guerra e alla pace, allora la situazione potrebbe cambiare.
George Weigel è membro anziano dell’Ethics and Public Policy Center a Washington, D.C.