La Evangelii Gaudium infastidisce chi afferma che il sistema capitalistico è il migliore possibile
di Marcelo López Cambronero
La comparsa dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium il 24 novembre 2013 ha sollevato un polverone nei settori neoliberali, non solo al di fuori della Chiesa, ma anche al suo interno. Il motivo è la critica che papa Francesco fa al sistema economico capitalistico e ai suoi effetti sulla vita sociale, anche al di là dell’aspetto economico.
In via di principio, le parole di Francesco non avevano motivo di essere sorprendenti: le critiche al capitalismo sono state una costante nei documenti del Magistero degli ultimi decenni, anche se alcuni si sono impegnati a dimenticarle e perfino a insistere, come Michael Novak, sul fatto che i papi sostenevano l’economia liberale che si stava imponendo nel mondo. Novak e i suoi seguaci hanno svolto per anni una grande campagna negli Stati Uniti e nei Paesi liberati dal giogo sovietico per mostrare, ad esempio, un Giovanni Paolo II sostenitore del modello capitalistico-liberale.
La cosa certa è che questo atteggiamento, calato profondamente dentro alcuni gruppi conservatori della Chiesa, non può essere sostenuto se ci soffermiamo a leggere i criteri proposti dai vari papi, soprattutto a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII, promulgata nel 1891 e che ha dato inizio alla Dottrina Sociale della Chiesa. Giovanni XXIII, Paolo VI o Giovanni Paolo II non si sono allontanati da questa linea, piuttosto l’hanno approfondita con le loro dichiarazioni ed encicliche, tra le quali spiccano la Laborem exercens e la Sollicitudo rei socialis o la Centesimus Annus, tutte di papa Wojtyła, che all’epoca è stato accusato, come oggi alcuni accusano Francesco, di essere legato al comunismo e al pensiero di Marx.
Forse le voci discordanti che ora appaiono sono dovute al fatto che l’esortazione va al di là dei documenti precedenti, perché non critica gli “eccessi” del capitalismo, ma il sistema stesso. È una novità che non dobbiamo lasciarci sfuggire. I neoliberali possono accettare che il modello economico che difendono non sia perfetto, e anche che sia migliorabile in molti aspetti, ma devono sempre dire che è il più perfetto che sia esistito finora o che è in un processo continuo di miglioramento. Per difendersi, è certo che non sono capaci né di dimostrare il valore in sé di questo modello né di contrapporlo al comunismo, contrapposizione che utilizzano come un mantra che ha ormai smesso di avere effetto su molti lettori. Ad ogni modo, le riflessioni di Francesco sembrano puntare alle basi stesse del pensiero economico liberale, il che fa vacillare tutti gli sforzi passati per promuovere la falsa immagine di alcuni papi pro-capitalisti.
Il risultato è che in vari Paesi, anche se con maggiore entusiasmo negli Stati Uniti, si sono levate voci straordinariamente critiche nei confronti delle posizioni espresse dal pontefice. Una delle più conosciute per le sue ripercussioni mediatiche è stata quella del conduttore Rush Limbaugh, che in un editoriale radiofonico successivo alla pubblicazione dell’esortazione ha commentato la propria sorpresa per “quanto si sbagli papa Francesco”, affermando anche che le sue opinioni in materia economica sono “vergognose ed errate in modo sconcertante” e arrivando a suggerire che parole del genere non possono essere state scritte da un pontefice della Chiesa cattolica.
A questa opinione si sono uniti presto alcuni leader del Tea Party, come Jonathon Moseley (“Cristo sta piangendo in cielo per le parole del papa”), il senatore per il Texas Ted Cruz (“È chiaro che non capisce il vero significato del cristianesimo”), la congressista per il Minnesota Michele Bachmann (“Questo papa sembra un comunista che odia l’America e non comprende la Bibbia”), lo