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Che cosa pensare delle chierichette?

A woman giving communion at a Mass

© Corinne SIMON/CIRIC

don Antonio Rizzolo - Credere - pubblicato il 06/03/14

Si possono ammettere per il servizio all'altare sia uomini che donne?

Caro direttore,

una volta i chierichetti potevano essere solo maschi. Oggi, invece, sempre più spesso vedo sull'altare delle bambine. Secondo lei, è giusto? Ci sono regole in merito?

Adele, Pescara

Prima di tutto, cara Adele, il termine chierichetto è improprio e può creare confusione. Meglio parlare di ministrante, come fa anche il Concilio Vaticano II nella costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium (n. 29). Questa scelta linguistica permette di capire il nodo della questione. La parola ministrante deriva dal latino ministrans, che significa “colui che serve”. Il compito, dunque, è quello di servizio durante le celebrazioni liturgiche. Chierichetto invece significa “piccolo chierico”. E' un termine impreciso perché i chierici di per sé sono coloro che appartengono al clero, i ministri sacri, distinti perciò dai laici. Parlare di chierichetto potrebbe far pensare a un ruolo di supplenza alla mancanza di clero, mentre quello del ministrante è un ministero laicale, svolto in forza del battesimo. Secondo san Tommaso d'Aquino, il carattere battesimale implica infatti una potenza spirituale che abilita all'esercizio del culto divino. Perciò ogni battezzato, sia uomo che donna, può partecipare attivamente alla liturgia ed è abilitato a fare tutto ciò che non è proprio ed esclusivo del ministro ordinato, vescovo, prete o diacono. Così pensa, ad esempio, l'illustre liturgista Matias Augé.

Da questo punto di vista, perciò, non c'è nessun problema se tra i ministranti ci sono ragazzi e ragazze. C'è però qualche regola in merito? L'11 luglio 1992 Giovanni Paolo II ha sottoscritto una dichiarazione del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi nella quale si stabiliva che tra le funzioni liturgiche che i laici, uomini e donne, possono compiere è compreso il servizio all'altare. Il riferimento era al canone 230 § 2 del Codice di diritto canonico. Questa possibilità è lasciata al giudizio dei vescovi, sentito il parere della propria conferenza episcopale, per rispettare le tradizioni e le sensibilità di ogni luogo. L'istruzione Redemptionis sacramentum del 2004, al n. 47 ribadiva che al servizio dell'altare “si possono ammettere fanciulle o donne a giudizio del vescovo diocesano e nel rispetto delle norme stabilite”. In qualche occasione il servizio da parte di ministranti femmine è stato svolto anche durante la Messa del Papa. La prima volta nel 1995 con Giovanni Paolo II.

Concludo con due bevi riflessioni. Aiutare il sacerdote all'altare non è un privilegio, ma un servizio e richiede una catechesi e una preparazione adeguata. E' un compito che diventa, come ha ricordato Benedetto XVI a un raduno internazionale dei ministranti nel 2006, una testimonianza: “Il vostro atteggiamento raccolto, la vostra devozione che parte dal cuore e si esprime nel gesti, nel canto, nelle risposte; se lo fate nella maniera giusta e non distrattamente, in modo qualunque, allora la vostra è una testimonianza che tocca gli uomini”.

La seconda riflessione riguarda la costituzione del gruppo dei ministranti in parrocchia: è importante coinvolgere tutti, maschi e femmine, insistendo magari un po' di più con i ragazzi, che a volte cercano di evitare impegni e fatiche. Ci sono molti sussidi, anche in internet, a cui attingere, cogliendo l'occasione da parte del parroco e dei suoi coadiutori per un'adeguata formazione liturgica.

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