Il discernimento ignaziano aiuta a capire che quando sembra che la consolazione del Signore non ci sia, mai manca la grazia per sfuggire al maleQuando sei nella desolazione, considera come il Signore ti lascia nella prova, affidato alle tue forze naturali, perché tu resista. Puoi farlo, con l’aiuto divino che ti resta sempre, sebbene tu non lo senta chiaramente: il Signore ti ha sottratto la sua consolazione, ma ti lascia sempre la sua grazia per combattere efficacemente il male (Esercizi Spirituali, n. 320).
Anche questa è un’altra delle regole scritte da Ignazio di Loyola che spiegano cosa fare quando sono nella desolazione, quando tutto va male e non riesco a muovermi a livello interiore e spirituale. Devo anzitutto pensare che i grandi temporali finiscono. È una legge della natura. Questo atteggiamento interiore ti darà forza per attendere. È difficile convincersi della Sua fedeltà se teniamo come metro di giudizio le nostre infedeltà.
La forza del male è la sua suggestione che plagia e influenza. Anzi se arriva a farti pensare che non ce la fai, rischierai di crederlo davvero. Quando ti sta per vincere ricorda che il male e Dio non sono due opposti. Dio è Dio, il male è una creatura andata a male. Il punto è che se ti volgi al male resti incantato come dal serpente e cadi nelle sue fauci. Perché? Semplicemente a buon prezzo offre più piacere (apparente).
La tentazione è una prova. La parola greca peîra, da cui peiràzo (tentare), significa prova, tentativo, esperimento, quindi esperienza e conoscenza. Deriva da peìro, che significa attraversare da parte a parte con una punta, e ha la stessa radice di sperimentare, esperienza, esperto, pericolo, perito: è trovare il guado insperato, passare l’inguadabile. Scrive il gesuita Silvano Fausti: solo attraversando la desolazione farai “esperienza” e diventerai “esperto” e “perito”, superando il “pericolo” di “perire”.
La stessa desolazione sarà l’occasione per convertirti e per essere realista, non siamo super man, conoscere i propri limiti è radici di immortalità per l’umiltà che ne consegue e ti permette di affidarti a Dio. Ogni esperienza comporta una certa fatica. La fatica non è una disfunzione o un errore: è semplice mancanza di allenamento. Invece di lamentarti, affrontala. L’abitudine ti allenerà, fino a darti il piacere di agire senza sforzo. Abbi quindi fiducia nella lotta: vedrai che ti irrobustisce spiritualmente.
Nel suo commento alle regole, Silvano Fausti ricorda una storia zen che racconta di un grande guerriero giapponese, di nome Nobunaga, decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente solo un decimo di quello avversario. Era sicuro che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi. Durante la marcia si fermò a un tempio scintoista e disse ai suoi uomini: “Dopo aver visitato il tempio, butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino”.
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà. “Nessuno può cambiare il destino”, disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia. “No davvero”, rispose Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutte e due le facce.
E così anche la nostra moneta disegnata e voluta da Dio ha sempre solo “testa”, “da quando Lui ha preso su di sé la croce anche mia”.