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La depressione si supera con la fede?

Flu Hits Younger People Harder in 2013-14 Leonid Mamchenkov – it

Leonid Mamchenkov

Patricia Navas - Aleteia - pubblicato il 27/02/14

La fede può aiutare, ma in genere da sola non la guarisce, come non guarisce un'influenza

“Perché mi sento triste? È una domanda che mi pongo molte volte. Ho tutto: una famiglia che mi vuole bene, un marito che è un tesoro, un figlio che vale tutto e un altro in arrivo… Per questo mi sento ancora peggio quando vedo tutto ciò che ho e che non c’è motivo apparente…”. La sensazione che descrive Paola, di Madrid, non corrisponde a un mero stato d’animo persistente, ma a una depressione, un disturbo mentale sempre più frequente che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) colpisce 350 milioni di persone nel mondo.

“Ci sono momenti che non sono affatto facili: neanche tu sai perché stai male”, ha confessato Paola. “Nel mio caso, stare in gruppo mi provoca ansia, anche con la mia famiglia, mentre altre persone sentono il bisogno di avere gente intorno a sé; la depressione non è uguale per tutti”.

Anche se ci può essere una differenza di sintomi a livello di numero e intensità, lo psicologo e teologo Eduard Fonts spiega che chi soffre di depressione “perde la voglia di vivere e di relazionarsi, e vive tutto come un dovere e un’esigenza per lui difficile da assumere e da portare avanti”.

La depressione è attualmente la principale causa mondiale di handicap. Provoca spesso una grande sofferenza e l’alterazione delle attività lavorative, scolastiche e familiari. L’OMS le attribuisce oltre un milione di suicidi all’anno.

Paola riconosce i limiti che comporta – fisici e mentali –: “Cerchi di impegnarti e di adeguare la tua vita alle circostanze, ma quanto più ti impegni a negare, più diventa difficile… e arrivi a che a chiederti: ‘Perché io? Cosa succede, il Signore non mi ascolta?’”.

Luis, un economista di Barcellona che ha sofferto di depressione, con ricadute per oltre vent’anni, concorda nel sottolineare l’importanza di accettare la malattia.

“Ho viaggiato molto: pensavo che i problemi si trovassero nei luoghi, nel contesto, ma mi sono reso conto che erano dentro di me, li mettevo nella valigia e me li portavo dietro”.

“Vedevo tutto nero e mi mancava soprattutto la speranza”, ha ricordato. “Pensi di aver fatto qualcosa di male, ma non è reale e bisogna toglierselo dalla testa quanto prima”.

Dalla sua esperienza ha imparato che non bisogna nascondere la malattia: “Non serve chiamare in ufficio e dire che sei raffreddato, né portare scritto sul maglione che sei depresso”, scherza, aggiungendo più seriamente: “Le ferite devono essere lasciate all’aria, è così che guariscono”.

Lo psicologo Fonts assiste queste ferite psichiche nel seminario “Curare ferite, ricostruire l’autostima”, che impartisce nella Grotta di Sant’Ignazio di Manresa.

Questo lavoro parte dalla base per cui “il nostro mondo interiore è pieno di molte forze inconsapevoli, come un baule di esperienze disordinate che si sono accumulate nel corso degli anni a partire da dolori, perdite, delusioni, anche pene e tristezze, sfide e complessi… che senza volere si sono mescolati e sono rimasti nascosti dentro senza che ce ne rendessimo conto né sapessimo il perché, ma che condizionano la nostra vita e le nostre relazioni e scelte, ad esempio al momento di spendere dei soldi o di trovare un partner, o ancora di vivere con più fiducia o diffidenza i rapporti, anche quello con Dio”.

Da questo, ha spiegato psicologo ad Aleteia, deriva “l’importanza di lavorare sulle nostre ferite, quelle esperienze che ci hanno danneggiato, che – in modo consapevole o meno – hanno determinato e determinano in grande misura la nostra vita”.

“Ciò che ne risente è l’autostima, l’immagine che abbiamo di noi, come ci percepiamo e quindi come affrontiamo le sfide, le difficoltà e le gioie di ogni giorno”.

“È come per le ferite su una gamba: meno ne abbiamo, meglio cammineremo e avremo più fiducia per correre, passeggiare o anche arrampicarci”, ha aggiunto.

Il sostegno psicosociale e il trattamento psicologico possono aiutare, ma i casi di depressione moderata e grave richiedono in genere una cura.

“Come con qualsiasi altra malattia, a volte bisogna sottoporsi a un trattamento”, ha sottolineato Luis. “Alcune persone mi dicevano di no, che era una questione di forza di volontà o di lotta, ma proprio questa è la prima cosa che si perde, ed è doloroso sentirselo dire…”.

Molte persone hanno ancora difficoltà a comprendere questa malattia. “Spesso viene assimilata alla pigrizia, o al cercare di evitare conflitti e al voler fuggire dai problemi, e visto che non si capisce viene criticata con durezza”, ha spiegato Fonts. “Dall’altro lato, le malattie psicologiche danno altrettanta paura, o anche superiore, di quelle fisiologiche, e abbiamo la tendenza a disprezzarle o a ignorarle. La società, poi, non le accetta molto, e ancora oggi sono mal viste”.

Attualmente, ha tuttavia indicato, “si accetta ormai che una persona vada dallo psicologo, e questo evita anche che divengano croniche alcune situazioni molto dolorose che fanno soffrire tanto, a volte nel silenzio e nella solitudine”.

In virtù della sua lunga esperienza, Luis assicura che “oggi ci sono molti trattamenti efficaci per la depressione, e si può condurre una vita normale: sentimentale, lavorativa, sociale…”.

In questo senso, Fonts avverte che la fede può aiutare ma non risolve tutto, come non risolve il fatto che la macchina si sia rotta o un’influenza.

“Uno degli errori che si commettono in genere è credere che con la fede non ci succederà nulla, ma quando si ha poca voglia di fare le cose o di affrontare la dura realtà quotidiana questa idea può portare a un senso di colpa”, ha segnalato.

“La depressione non risponde a logiche razionali o spirituali, ma a motivazioni psichiche non sempre sufficientemente note e accettate”.

“Se mi si permette il concetto, non vogliamo sistemare con credenze o ragioni spirituali l’orto di casa, il rapporto di coppia o una malattia psicologica”.

“Chiaramente il fatto di avere una speranza solida può aiutarci in certi momenti, ma se ci avviciniamo un po’ alla depressione possiamo renderci conto del fatto che la persona si abbatte a tal punto da vivere un’oscurità e delle tenebre che coinvolgono tutte le sue credenze, gli atteggiamenti, le risorse pastorali e il senso della vita senza che sappia o possa fare nulla per cambiare questa situazione”.

Quanto alle cause di questo tipo di sofferenza, Fonts ha spiegato che può derivare da ragioni interne e spesso non conosciute e da situazioni esterne difficili da assumere e da poter elaborare mentalmente, ma riconosce anche fattori più fisiologici e chimici che incidono su una depressione.

Più che cercare colpevoli, lo psicologo preferisce parlare di “cause o situazioni che trascendono la persona, che non riesce ad assumerle”.

Paola considera la fede un bagliore nell’oscurità. “Se non fosse per la fede, oggi non sarei qui”, ha confessato. “Per la fede so che Dio ha cura di me, che è al mio fianco e mi porta in braccio, e questo lo noto nel quotidiano, perché non mancano cose straordinarie: gli sguardi di mio marito, il sorriso di mio figlio…”.

Per Luis, “la fede diventa vissuto: non è tanto conoscenza, quanto esperienza”. “Chi ha fede deve accettare la malattia come la pietra accetta lo scalpello dello scultore: passi allora dall’avere tutta la tristezza del mondo ad avere energie limitate ma una vita da vivere”.

Guardando indietro, Luis riconosce che ci sono motivi per ringraziare la depressione: “Mi ha permesso di avere un rapporto più profondo con Dio. Con la depre
ssione puoi collegarti direttamente all’umanità di Cristo, che è ferita, al cuore umano di Cristo, ferito dalle nostre ingiustizie”.

“Con la depressione la famiglia soffre, si disordinano molte cose, tra le quali il rapporto di coppia, ma allo stesso tempo ho ricevuto aiuto da mia madre e da mia moglie e ho sperimentato l’importanza della maternità, il suo carattere protettore; ho potuto comprendere meglio la Chiesa e Maria, la Madre di Gesù, e quanto possa essere dolorosa per la Chiesa la critica, soprattutto quando proviene dai propri figli”.

Avere questa malattia lo ha inoltre aiutato ad avere un rapporto più attento con gli altri: “Negli occhi di una persona puoi vedere se ha sofferto”.

“Non godi di alcune benedizioni di Dio come può essere la salute, ma vedi con allegria altre realtà”.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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