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Verso il Sinodo: le aspettative degli omosessuali credenti

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© Torsten Seiler from Cologne, Germany

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Aleteia - pubblicato il 26/02/14

Al questionario pre-sinodale hanno risposto alcuni gruppi di omosessuali credenti. Geraci (Il Guado): “La Chiesa offra a ciascuno un cammino praticabile senza ipocrisie”

Continua la lettura e l’analisi delle risposte pervenute da tutto il mondo al questionario preparatorio al Sinodo straordinario sulla famiglia. "C’è molta sofferenza" espressa “soprattutto da coloro che si sentono esclusi o abbandonati dalla Chiesa, per trovarsi in uno stato di vita che non corrisponde alla sua dottrina e alla sua disciplina": a sottolinearlo è stato qualche giorno fa l’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, appena creato cardinale (Osservatore Romano, 21 febbraio).

Tra le situazioni di sofferenza sicuramente ci sono quelle legate alle unioni omosessuali cui il questionario ha dedicato un punto intero e ben 4 domande, mostrando sensibilità a un tema che trova molto spazio nei media e nelle polemiche politiche. L’attenzione a questo nodo molto specifico mostra di aprire comunque una finestra su una questione più ampia, ferma restando la chiarezza del magistero della Chiesa e della proposta morale per le persone omosessuali: quale accoglienza e proposta pastorale per chi tra queste persone desidera approfondire la propria vita di fede e la partecipazione alla comunità cristiana?

“Io vorrei che la Chiesa mettesse al centro della sua esperienza pastorale la persona e non la famiglia e che, soprattutto, si accorgesse delle tante persone che non vogliono e non possono riconoscersi nel modello di famiglia tradizionale che la Chiesa mette al centro della sua attività pastorale”. A parlare è Gianni Geraci, già portavoce del Coordinamento Gruppi di omosessuali credenti in Italia, attualmente portavoce del Gruppo del Guado a Milano. Il Guado è il più “antico” gruppo italiano di omosessuali credenti (fondato nel 1980) ed è tra quelli che, con toni e profili tra loro diversi, hanno risposto pubblicamente alle domande del questionario pre-sinodale.

Sì, perché in Italia, in base al secondo Rapporto del Forum dei cristiani omosessuali italiani (Fcoi), nel 2012 risultavano attivi almeno “23 gruppi di cristiani omosessuali italiani che raccolgono in tutto 494 aderenti, di cui 407 uomini (82%), 75 donne (15%) e 12 transgender (3%), con una media di 21 aderenti per gruppo”. Uno solo di questi è un gruppo evangelico. Sono sopratutto gruppi informali (83%) e tendono a preferire la denominazione di “gruppo cristiano”. Nel 52% dei casi il luogo di riunione di questi è “in una struttura della Chiesa cattolica”, prevalentemente parrocchie (64%); mentre solo nel 4 % dei casi è la sede di un’associazione LGBT. Il Rapporto segnala comunque una crescente attenzione della Chiesa locale e dei vescovi e registra positivamente la presenza di proposte pastorali ufficiali nelle diocesi di Parma, Torino e Cremona e di aperture analoghe in altre diocesi.

La Chiesa, secondo Geraci, non può diventare “un club per famiglie tradizionali”, ma deve essere “la casa in cui trovano posto tutti, trovando per ciascuno un cammino praticabile senza ipocrisie". “Tra queste persone – sottolinea Geraci – ci sono anche gli omosessuali che non possono sposarsi e che non possono nemmeno abbracciare la vita religiosa. Mi rifiuto di pensare che l’unica risposta sia quella della solitudine o della tristezza di chi sa che non potrà mai vivere una relazione d’amore”.

L’equilibrio tra il comprensibile desiderio delle persone omosessuali di una piena accoglienza e di una vita di fede nella Chiesa, pur sulla strada indicata dal Catechismo, e l’adesione alle rivendicazioni sociali e politiche del mondo LGBT è molto difficile; la sensazione è che l’irrigidimento reciproco, quando si gioca solo sul piano ideologico, può pregiudicare altri livelli di incontro e riconoscimento.

Quale rapporto c’è, a questo proposito, tra mondo LGBT laico politicamente organizzato e omosessuali credenti? “La situazione – risponde Geraci – è molto variegata. Ci sono contesti in cui i rapporti sono molto stretti. Ci sono però anche contesti in cui c’è una grande incomunicabilità: le associazioni LGBT vanno per la loro strada e i gruppi di omosessuali credenti non si interessano di proposito alle attività che le associazioni LGBT portano avanti. La rappresentazione plastica di questa dicotomia è la partecipazione ai pride: ci sono gruppi di omosessuali credenti che sono sempre presenti e ci sono gruppi di omosessuali credenti che non hanno mai partecipato a un pride”.

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