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Una Chiesa povera è una Chiesa più libera

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SIC - pubblicato il 26/02/14
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Si cerca di “usare” la Chiesa quando si pensa che abbia qualche poteredi mons. Agustí Cortés Soriano*

La Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo attuale (Gaudium et Spes) ha delineato uno stile e un programma per la Chiesa nel suo rapporto con il mondo. La lettera e lo spirito di questo documento davano già per scontato il principio per cui la Chiesa e il mondo non si identificano e non si confondono. La Chiesa, in base all'altra grande Costituzione del Concilio (Lumen Gentium), è il Popolo formato da quanti credono in Gesù Cristo e sono battezzati nel suo nome. Il mondo è il resto dell'umanità.

In questo modo si dava ormai per superato il cosiddetto “regime di cristianità”, che si caratterizzava proprio per la rilevanza della Chiesa, permeando praticamente tutta la civiltà e la cultura occidentale: si supponeva che si fosse cristiani per il fatto di essere nati in una cultura “cristiana”. Anche oggi, ci sono casi di Paesi che si ritengono confessionali, con una confessione religiosa ufficiale, il protestantesimo, come il Regno Unito o la Danimarca.

La distinzione Chiesa-mondo, e quindi Chiesa-Stato o Chiesa-opzione politica (nei suoi vari gradi e modi: progetti sociali concreti, ideologie, partiti…), è stata affermata e difesa dalla Chiesa stessa.

Ci sono tuttavia due correnti di pensiero contraddittorie che sembrano ignorarlo, e non di rado sono sostenute paradossalmente dalle stesse persone: una, la corrente laicista, non sopporta che la Chiesa dica una sola parola su questioni sociali o culturali; l'altra cerca e reclama l'intervento della Chiesa perché questa sostenga una determinata causa o opzione politica. Si dice in genere che così la Chiesa dimostrerà di “stare con il popolo”. Si può spiegare questa contraddizione tenendo conto del fatto che in realtà ciò che vogliono queste persone è far trionfare la propria causa, che identificano con quella del popolo. Nella misura in cui la Chiesa le sostiene, quindi, accetteranno o “sopporteranno” la sua esistenza.

Di fronte a questo fatto, dotandosi di generosità e umiltà ci si può far usare, se la causa è buona, atteggiamento che si è affermato di frequente nella Chiesa spagnola nel corso di tutto il processo di transizione politica verso la democrazia. Risuonano però nella coscienza moltissime domande, a cui non è facile rispondere: questa causa è davvero buona? O almeno è tanto buona, tanto decisiva, da meritare questa spoliazione della Chiesa? Ha tanto peso che ogni cristiano, in nome del Vangelo, si sente obbligato a seguirla?

Evidentemente questa “utilizzazione” della Chiesa avviene quando si crede che la Chiesa abbia qualche potere (influenza, capacità…). Risulta anche paradossale che chi lo fa non smetta allo stesso tempo di affermare che la Chiesa diventa meno importante perché perde “clientela”…

In ogni caso, persiste in noi la speranza di una Chiesa realmente libera, e torna alla memoria l'impressionante testimonianza di Maria Skobtsov, che viveva esiliata in Francia tra i compatrioti emigrati più poveri e diceva:

“Noi che siamo proiettati nell'emigrazione siamo sospesi tra il cielo e la terra. La nostra Chiesa, tuttavia, non è mai stata tanto libera. Una libertà così grande che dà le vertigini. La nostra missione è quella di mostrare che una Chiesa così libera può fare miracoli. E se siamo capaci di apportare alla Russia il nostro spirito nuovo, libero, creativo e audace, avremo raggiunto il nostro obiettivo”.

Benedetta povertà che, con la Verità, ci porta la libertà.

*Monsignor Agustí Cortés Soriano è vescovo di Sant Feliu de Llobrega (Spagna).

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]