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Don Vinicio Albanesi, al fianco dei “figli di un Dio fragile”

Don Vinicio Albanesi, al fianco dei “figli di un Dio fragile”

@ Public Domain

Aleteia - pubblicato il 24/02/14

Il responsabile della Comunità di Capodarco racconta la sua esperienza accanto alle persone con disabilità

Don Vinicio Albanesi, 70 anni compiuti, vive a Capodarco, nella periferia marchigiana con nove famiglie e alcune decine di persone con disabilità. La Comunità di Capodarco, da lui oggi presieduta e il cui primo nucleo risalente al Natale del 1966 si deve a don Franco Monterubbianesi, ha sedi in tutta Italia e anche all’estero, dall’Albania all’Ecuador.

“Noi viviamo in una tenda fatta di fango, ma siamo chiamati ad alzare gli occhi per guardare questa fetta di cielo – ha detto in una intervista a Credere (23 febbraio) –. Inferno e paradiso sono miscelati in ognuno. Una volta siamo eroi e martiri, un’altra volta piccoli vermi. Alle nuove generazioni ripeto sempre che la vita è molto bella, bisogna affrontarla con coraggio e speranza. Io ne ho avuta una felice e privilegiata”.

Prete delle periferie esistenziali di cui parla spesso papa Francesco, don Vinicio è parroco dell’antica abbazia di San Marco alle Paludi (diocesi di Fermo) e insegna diritto canonico all’Istituto teologico marchigiano. Vent’anni fa ha ideato i seminari di formazione per giornalisti Redattore sociale, da cui è scaturita nel 2001 l’omonima agenzia, con sede centrale all’interno della Comunità di Capodarco.

Dopo aver completato gli studi in diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana ed aver fatto esperienza come viceparroco e assistente dei giovani universitari a Roma, è tornato nelle Marche. Lì è cominciata “la grande sfida del welfare: le persone con disabilità viaggiavano nei carri merce insieme alla posta. Al mare ci dicevano che i clienti non gradivano vedere le gambe storte dei poliomelitici”.

In queste fragilità, don Vinicio ha detto di aver incontrato il Signore: “Dio l’ho incontrato quando sono andato a ricercare Colui con cui potevo dialogare. Ho seguito la strada che veniva dal mondo. Vedevo tanto dolore e sofferenza; mentre cercavo di leggere questa storia, ho ritrovato il Dio misericordioso”.

Una esperienza che ben si declina nella parola condivisione, che per don Vinicio “significa assumere il male su di sé per impedire che produca sofferenza; è sufficiente farsi carico della condizione di chi è accanto. Produce risposte, crea vicinanza e rispetto, soprattutto permette di essere generosi e comprensivi. […] Donare diventa addirittura un beneficio per chi è disponibile. Un po’ come per Dio il quale ha creare, ha salvato, ha aiutato non perché ne avesse bisogno, ma per pura vicinanza”.

[Per approfondire la vita di don Vinicio Albanesi, si legga anche “La finestra sulla strada” (Ancora editore)]

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