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Ritenuta sui bonifici dall’estero? Becchetti: soluzioni vecchie

La corruzione e il “sistema ‘ndrangheta”

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 14/02/14

L’economista italiano giudica severamente l’ultima trovata legislativa

Tra le tante notizie che affollano i palinsesti dei telegiornali, questa non ha avuto certo grande rilievo. Eppure questo provvedimento legislativo, che dal 1 febbraio scorso obbliga le banche ad applicare una ritenuta del 20% sui bonifici in arrivo dall’estero alle persone fisiche, una vera e propria trattenuta che sarà poi versata direttamente al Fisco, avrà un grosso impatto sui nostri conti correnti. Certo, dal “prelievo” sono esclusi i bonifici che equivalgono a compensi per attività professionali e d’impresa; tuttavia, è da sottolineare che spetterà al contribuente il compito di dimostrare, in questo caso, la natura reddituale di quel movimento. E le modalità con cui questo dovrà essere fatto, e quelle con cui l’Agenzia delle entrate provvederà ad autorizzare la restituzione, sono tutt’altro che semplici.

Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università di Tor Vergata, in questa intervista rilasciata ad Aleteia, evidenzia le difficoltà che questa iniziativa produrrà per non poche categorie di contribuenti.

Cosa significa, nei fatti, questa decisione del parlamento?

Becchetti: E' un modo per farti pagare le tasse per i lavori che fai all’estero. Il fisco in questo modo riesce ad evitare che sulle prestazioni lavorative fatte all’estero non si paghino tasse. Il problema grosso è che questo è un aggravio enorme di costi per tutti quelli che devono dimostrare che stanno ricevendo dall’estero trasferimenti di altra natura. Ad esempio, tutto quello che riguarda la solidarietà, il no profit, ecc. Forse un problema è questo. Al solito le persone meno attive rischiano di vedersi caricare un onere implicito che non sarebbero tenute a pagare. Questa cosa che l’onere è sul cliente è un problema. A tanta gente sfugge.

Da un punto di vista di etica finanziaria come giudica questa decisione?

Becchetti: Siamo ormai nella situazione in cui lo Stato fa di tutto per cercare di aumentare le proprie entrate, e quindi anche sottoponendo a tassazione le prestazioni effettuate all’estero. Certo, facendo questo finisce per colpire anche tutti quelli che non dichiarano altrimenti, ma che magari ricevono trasferimenti non legati a prestazioni lavorative.

Quindi non riusciamo a uscire da una politica di vessazione fiscale in Italia?

Becchetti: Questo senza dubbio. Lo Stato sicuramente si trova in condizioni di necessità. Il problema è cambiare proprio l’orizzonte delle politiche. È quello che da tempo stiamo cercando di dire. Deve cambiare la politica europea, si deve uscire dalla logica del rigore, si può, ci sono moltissimi modi per farlo, dalla riforma del ruolo della BCE, alla riforma delle politiche fiscali, all’abolizione del 3% come limite del fiscal compact. Ora che abbiamo cambiato “contenitore”, cioè che abbiamo un nuovo contenitore premier, affascinante, ci aspettiamo che questo sia riempito di contenuti. E una delle cose che ha prefigurato Renzi era questa del 3%, quindi vedremo se ci saranno delle novità importanti.

Inoltre, al di là del cambio della figura di leader, abbiamo bisogno di qualcuno che vada in Europa a rinegoziare alcune cose. Quindi la speranza è che tutte queste energie che Renzi dice di avere in più si riversino in questo. Lo aspettiamo alla prova su questo perché questa è la cosa più importante, perché a trovare nuovi modi di tassare siamo buoni tutti. Invece riuscire a rinegoziare il quadro complessivo delle politiche europee in modo tale che questa cappa del rigore finisca, questa è la vera impresa.

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