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Un progetto francese invita i bambini a cambiare il mondo

Children from Boston catholic school – it

© abcso.org

Aleteia - pubblicato il 12/02/14

L'educazione del XXI secolo non può restare ancorata alla logica di trasmissione esclusiva di conoscenze e avvenimenti individuali

A che età si può iniziare a cambiare il mondo? La piattaforma francese Bâtisseurs des Possibles vuole convincere i bambini tra i 6 e i 13 anni che non è necessario essere un supereroe per fare la differenza nella vita delle persone. Per questo, sta organizzando un concorso in cui i bambini devono identificare problemi reali delle proprie località, pensare a soluzioni, metterle in pratica e condividerle con i propri coetanei. E lì, nel processo di cambiare il mondo, i piccoli finiscono per sviluppare fiducia in se stessi, motivazione, spirito di leadership e capacità di lavorare a progetti che implicano creatività e collaborazione per affrontare i problemi della vita reale. Le iscrizioni sono aperte fino al 16 maggio.

“Sulla necessità che la scuola cambi pagina e paradigma è stato già detto tutto o quasi tutto. L'educazione del XXI secolo non può restare ancorata alla logica di trasmissione esclusiva di conoscenze e avvenimenti individuali”, affermano sul loro sito i responsabili della Syn Lab, l'organizzazione indipendente che promuove il concorso.

La proposta si basa sulla metodologia del Design for Change, creato dall'indiana Kiran Sethi e che ha già ispirato progetti in Brasile, e punta sulla “contaminazione” degli allievi con il virus dell'“io posso”. “I Bâtisseurs des Possibles permettono che i bambini prendano l'iniziativa. Prendono consapevolezza del fatto di non essere impotenti di fronte ai problemi che li circondano”, sostengono gli organizzatori della piattaforma.

Per partecipare al concorso, bisogna essere iscritti da un professore o da un tutor. Ci sono quindi quattro tappe: in primo luogo, i bambini identificano un problema che li interessa e che vorrebbero risolvere; forniscono poi varie idee su come si potrebbe migliorare la situazione e scelgono l'opzione che sembra loro più promettente; in terzo luogo, progettano e concretizzano la soluzione che hanno proposto; infine, sono invitati a pensare a tutta l'azione, considerando le sfide che hanno superato e quelle che non sono riusciti a superare, e a condividere l'esperienza con altri studenti.

Il blog del progetto mostra che non deve trattarsi necessariamente di un problema molto complesso. Si può spaziare da un semplice “io e i miei compagni corriamo nel corridoio della scuola e questo ostacola gli altri alunni” a proposizioni che coinvolgono problemi di salute e ambientali.

L'organizzazione europea We Learn It è partner del progetto e suggerisce che i bambini propongano soluzioni a problemi collegati a due temi: gli oceani profondi e le foreste. Oltre a fornire materiale didattico (tutto in francese) per i bambini, l'istituzione finanzia anche attività, nel caso in cui le squadre abbiano bisogno di risorse per sviluppare le proprie idee.

Attraverso il sito, gli educatori interessati a iscrivere le proprie squadre hanno accesso a un kit pedagogico, che spiega il procedimento passo per passo e fornisce alcuni suggerimenti, da trovare anche nella piattaforma.

Si possono anche consultare i risultati che progetti simili, tutti legati a Design for Change,
hanno già raggiunto nei 33 Paesi in cui sono presenti. Tra le capacità sviluppate dai bambini che hanno partecipato a questa metodologia figurano empatia, spirito di squadra, capacità di analisi e di sintesi, espressione orale e capacità di prendere l'iniziativa. Sentimenti come rabbia, frustrazione, senso di impotenza, timidezza e indifferenza, in genere registrati tra gli alunni all'inizio delle attività, scompaiono o diventano insignificanti nel corso dello sviluppo dei progetti.

(Porvir)

[Traduzione di Roberta Sciamplicotti]

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