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11 febbraio 2013, 11.46: “Papa lascia il pontificato dal 28/2”

l’ultima parola giovanna chirri – it

San Paolo Edizioni

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 10/02/14

L'annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI fa il giro del mondo grazie a un lancio dell' Agenzia Ansa

Lunedì 11 febbraio 2013: in Vaticano si festeggia la ricorrenza dei Patti lateranensi. E' in corso un concistoro presieduto da Benedetto XVI per delle canonizzazioni: routine, niente di speciale. Pochi giornalisti sono al lavoro nella sala stampa della Santa sede fino a quando, alle 11.46 un lancio dell'Ansa provoca uno sconvolgimento nei media di tutto il mondo: “Papa lascia il pontificato dal 28/2”. Lo firma la vaticanista Giovanna Chirri, da anni attenta osservatrice degli eventi legati ai pontefici e alla Santa Sede. Grazie alla sua esperienza e al latino studiato al liceo, coglie per prima l'annuncio delle dimissioni di Ratzinger che il pontefice ha scelto di manifestare in occasione del concistoro per rendere chiaro, alla presenza dei cardinali, la sua decisione lungamente meditata in coscienza e davanti a Dio. Su quei momenti concitati e sugli otto anni da pontefice di Joseph Ratzinger, Giovanna Chirri ha scritto il libro “L'ultima parola. Gesti e parole di Benedetto XVI che hanno segnato la storia” (Ed. S. Paolo). A un anno di distanza, abbiamo chiesto alla vaticanista dell'Ansa di raccontare anche ad Aleteia la sua esperienza.

L'annuncio di Ratzinger ha significato non solo un grande sconvolgimento per la Chiesa e il mondo, ma anche personale, come racconti nel tuo libro: è così?

Chirri: L'annuncio di Benedetto XVI alla mattina dell'11 febbraio mi ha lasciato letteralmente tramortita, umanamente e professionalmente. Lo shock è continuato ancora per parecchio: diciamo che la sera dell'elezione di papa Francesco mi ero appena ripresa…

E poi hai raggiunto una fama a dir poco planetaria: quante interviste hai rilasciato ai media di tutto il mondo?

Chirri: Non le ho contate. Tutto questo è stranissimo per un giornalista di agenzia, che di solito fa un lavoro nascosto. Io ho una formazione “all'antica”: credo che davanti debba esserci la notizia e dietro il giornalista, mentre invece uno dei problemi della nostra professione oggi è proprio l'eccessiva personalizzazione e l'eccesso di narcisismo. Come vaticanista di agenzia vivo di più il terrore di “bucare” una notizia fondamentale come la morte del Papa e anche oggi a volte mi spaventa pensare a cosa sarebbe successo se non avessi passato la notizia delle dimissioni di Ratzinger…

Come si arriva da giornalista a uno scoop di questa portata?

Chirri: Io lo considero il risultato di una vita di lavoro che deriva, come sempre, da un mix di fattori. C'è sicuramente l'impegno a seguire un evento che giornalisticamente aveva ben poco appeal come il concistoro per la canonizzazione degli 800 martiri di Otranto. C'è mestiere, perché quando il Papa, invece di andar via dopo aver annunciato la data della canonizzazione come sarebbe avvenuto di solito, è rimasto e ha ricominciato a parlare ho capito che stava succedendo qualcosa. C'è innegabilmente un pizzico di fortuna perché in quel momento, sicura che si trattasse di un concistoro di routine, avrei potuto alzarmi per andare a prendere un caffè. C'è una competenza specifica in tema di Vaticano perché quando ho sentito Ratzinger parlare di “ingravescente aetate”, cioè del fatto che stava diventando vecchio, mi è subito venuto in mente che il documento con questo nome è quello con il quale Paolo VI ha tolto ai cardinali ultraottantenni il diritto di votare per eleggere i papi. In realtà il documento l'ho letto davvero solo quando ho cominciato a scrivere il libro su Benedetto XVI, ma l'argomento mi era familiare in quanto ciclicamente i cardinali anziani chiedevano di cambiare le disposizioni per poter partecipare ancora all'elezione del pontefice. E così, da tutto questo insieme di fattori, è venuto fuori quel lancio. Da vaticanista ho seguito decine e decine di messe, eventi, conferenze, appuntamenti; è questo il valore del lavoro di agenzia: esserci per raccontare ciò che accade quando accade.

A un anno e un libro di distanza da questi avvenimenti storici, quale ritieni che sia l'eredità che lascia il pontificato di Benedetto XVI?

Chirri: Un anno è un tempo lunghissimo per i media ma per un'analisi di tipo storico sul pontificato di Ratzinger è ancora molto poco. Per me l'eredità maggiore è una grande spinta al rinnovamento e al cambiamento nella Chiesa: l'eredità è Bergoglio. Senza la rinuncia di Ratzinger, non avremmo avuto Papa Francesco e il cammino intrapreso verso un mutamento nella Chiesa. E' quindi un'eredità ancora in fieri, in divenire, ma si capisce già che è di grande rilievo. Ratzinger, inoltre, ha saputo parlare di Dio in modo affascinante nella sua trilogia su Gesù e ci ha insegnato che fede e ragione non fanno a botte. Ci ha lasciato due grandi interventi: la lotta contro gli abusi sessuali del clero e l'inizio della riforma economico-finanziaria del Vaticano. Per quasi otto anni di pontificato non mi sembra poco. Io lo considero un autentico Padre della Chiesa, come quelli delle origini, ma si sa che ho molta simpatia per lui e potrei essere ritenuta di parte…

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