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Aleteia - pubblicato il 04/02/14

Dentro “l’inferno economico” odierno l’impegno del cristiano è di allargare lo spazio del Regno di Dio nella storia

«L’inferno non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». Così parla Calvino attraverso il Marco Polo delle Città invisibili. Ed è proprio su questa seconda scelta che si deve attestare l’impegno sociale cristiano: consapevoli del limite e del peccato della creatura, dobbiamo allargare nella storia lo spazio del Regno di Dio, ossia l’orizzonte della giustizia e dell’amore.

E “la carità ha bisogno di incarnarsi proprio nella giustizia, senza dovere per questo identificarsi totalmente in essa (o esaurirsi in essa)”. A sostenere questa affermazione – ricorda il cardinale Gianfranco Ravasi dalle pagine de Il Sole 24 Ore del 2 febbraio – è il grande teologo morale, Giannino Piana, che – dopo un volume dedicato alla morale fondamentale – continua il suo progetto editoriale ed educativo con un grande affondo tematico proprio sulla «morale socioeconomica e politica». Ecco i punti fondamentali del suo pensiero:

1. Per un autentico umanesimo cristiano i riferimenti sono il principio della destinazione universale dei beni e la scelta preferenziale per i poveri, due criteri che sono la concreta declinazione dell’asse carità-giustizia.

2. Una nuova fisionomia ai due canoni economici classici dell’efficienza e della solidarietà che parta dal superamento della prospettiva individualistica nell’adozione di una concezione personalistica e che stabilisca un buon equilibrio tra sussidiarietà e solidarietà, tra globalità e identità locale, fra Stato e mercato e la relativa configurazione di un’«economia civile» o di una «democrazia economica»nella quale il welfare unisca le esigenze istituzionali con le varie soggettività sociali.

3. L’esigenza primaria del lavoro, diritto fondamentale della persona e portatore di vera dignità. Dignità che permette all’uomo di progredire, di avere a cuore di più l’ambiente circostante e di accrescere il rispetto per il creato.

4. La ricostruzione di una genuina democrazia sostenuta dalla società civile e non governata solo dall’alto, insieme all’elaborazione di un ordine internazionale che non difenda solo i propri interessi. Inoltre una vera promozione dell’interculturalità dinamica in grado di superare la semplice multiculturalità statica.

5. Infine, l’impegno per la pace che non sia sola diplomazia o intervento umanitario, ma sia positivamente incentrato sullo sviluppo e l’integrazione tra i popoli.

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