A Bologna il consigliere Grillini se la prende coi soldi ai cappellani degli ospedali. Due di loro gli rispondono raccontando il loro servizio
L’ultima battaglia di Franco Grillini a Bologna ha di mira i cappellani degli ospedali. Come consigliere regionale dell’Emilia Romagna è infatti partito lancia in resta contro i 2,2 milioni l’anno che la sanità dell’Emilia Romagna spende per garantire questa presenza. Stando a quanto riferisce Repubblica avrebbe l’appoggio anche di altri consiglieri di Idv, Sel, Federazione della Sinistra e Movimento 5 Stelle. A questa posizione – che mira ai soldi per parlare evidentemente di altro – domenica scorsa dalle colonne di Bologna 7 (il supplemento diocesano di Avvenire) hanno risposto don Giovanni Nicolini (volto notissimo della carità non solo a Bologna) e don Francesco Scimè. La loro lettera – che pubblichiamo qui sotto – merita di essere letta per intero, non solo per le osservazioni che portano, ma ancora di più per il ritratto che propongono a tutti di questo servizio tanto prezioso quanto nascosto che i cappellani svolgono accanto a chi soffre.
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È spiacevole trovare sull’edizione bolognese di un giornale la notizia e il commento sui troppo lauti compensi elargiti alla comunità ecclesiale per il servizio di assistenza spirituale negli ospedali della regione. Notizia data con violenza e con superficialità. Di soldi noi preti di parrocchia ne abbiamo bisogno ogni giorno, e non ne troviamo mai abbastanza. È lunga la fila di chi cerca da mangiare di giorno e come riposare la notte. Molte sono le case alle quali non arrivano più la luce e il gas perché da troppo tempo non si pagano le bollette. Bollette impagabili a famiglie senza lavoro. Mai ci è venuto in mente che per questo potessimo puntare sui compensi del nostro servizio all’ospedale. In questo servizio facciamo molto meno di quello che la gente s’aspetta e pure non è semplice tener dietro a tutto.
Rispondiamo volentieri ad una chiamata alle due di notte per una persona che sta per congedarsi da questo mondo. Qualche volta è poi un po’ difficile riprendere il sonno, ma la consolazione di quella visita è ricca e appagante. Difficile però pensare a quello come ad una fonte di guadagno. Il compenso larghissimo sta già in quell’incontro. Ogni prete riceve un sostentamento mensile, e anche noi, tra parrocchia, ospedale e qualche altra cosa – non poche – abbiamo di che campare. L’esistenza di questo accordo è completamente al di là dei nostri pensieri e dei nostri tornaconti.
Qualcuno forse pensa che se la Convenzione venisse a termine, non si andrebbe più a dare alle persone il segno dell’affettuosità di Dio? La verità è che non sempre è facile chiedere a persone già oberate da impegni e responsabilità un supplemento di prestazione che richiede non solo una certa forza fisica, ma anche una notevole disponibilità psicologica e spirituale. Andiamo in ospedale per un compenso? È bello invece approfittare di un’occasione non piacevole per dire quanto è profondo e ricco l’incontro che abbiamo non solo con gli ammalati, ma anche con tutti quelli che lavorano per loro e accanto a loro. L’ospedale è ambiente molto laico, nel quale troviamo, accanto ad un’altissima professionalità a tutti i livelli, un’accoglienza e una collaborazione che ci porta ad un dialogo ricco e fruttuoso con tutti, da chi è impegnato nei servizi più delicati alle persone fino al Comitato Etico, al quale siamo stati chiamati e dove si devono prendere decisioni importanti e impegnative. Per questo, sarebbe stato più utile e più sapiente affrontare il tema con maggiore avvedutezza e riflessione, ma siamo contenti che anche da dichiarazioni inopportune possa nascere l’opportunità di dare notizie su uno spazio così delicato dell’esperienza umana.