Il valore di un essere umano risiede forse nella sua coscienza, nelle sue capacità oppure nella sua utilità?
L’uomo è immagine di Dio fin dall’inizio della sua esistenza, quando riceve dai suoi genitori la propria struttura biologica e il “motore” per svilupparsi e da Dio l’anima. In ciò risiede il suo vero valore, non nella sua coscienza, nelle sue capacità o nella sua utilità.
1. La vita di un embrione ha lo stesso valore di qualsiasi altra vita in una qualsiasi delle sue fasi, perché sin dal concepimento è dotata della dignità intrinseca all’essere umano.
“Tale è la posta in gioco – avverte l’enciclica Evangelium Vitae – che, sotto il profilo dell’obbligo morale, basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l’embrione umano”.
“Come un individuo umano non sarebbe una persona umana?”, si interroga la Congregazione per la Dottrina della Fede nell’Istruzione Donum Vitae, sul rispetto della vita umana e la procreazione.
L’uomo è lo stesso in tutte le sue fasi. Ridurre la persona a determinate situazioni in cui possiede autocoscienza e razionalità distrugge la nozione generale di persona – risponde il filosofo tedesco Robert Spaemann –, perché non ci sarebbero persone in senso assoluto, ma si potrebbe parlare solo di situazioni personali degli esseri viventi.
Per Spaemann, “è persona ogni essere di una specie i cui membri possiedano la capacità di raggiungere l’autocoscienza e la razionalità”.
Considerando l’embrione come persona, si tiene conto di criteri intrinseci a questo piccolo essere perché, spiega la docente di Biologia molecolare dell’Università di Navarra Natalia López Moratalla, ciò che specificatamente umano è inerente e originario, è legato alla vita ricevuta dai progenitori.
In termini teologici, Dio infonde l’anima nell’istante in cui l’ovulo e lo spermatozoo si uniscono. “Fin dal suo affiorare”, la vita umana è sacra perché “impegna direttamente l’azione creatrice di Dio”, spiega Giovanni XXIII nell’enciclica Mater et magistra. Sono molti i testi biblici che testimoniano che anche quando è ancora nel seno materno l’uomo è oggetto personalissimo dell’amorosa e paterna provvidenza divina.
Per questo l’embrione “fin dal concepimento deve essere trattato come una persona”, insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Per López Moratalla, “a una vita incipiente non si può negare la dignità che le conferisce il suo carattere personale per il fatto di non manifestare ancora le peculiarità che corrispondono a un’altra tappa della sua vita”.
Se la considerazione di persona si basasse su criteri estrinseci, ovvero su fattori esterni all’embrione (come ad esempio che si sia già annidato nell’utero della madre), si finirebbe per cadere in elementi del tutto convenzionali e arbitrari, ha avvertito la Pontificia Accademia per la Vita nel comunicato finale della sua terza assemblea generale, celebrata nel 1997.
Per evitare ciò, conclude la Evangelium Vitae, “al frutto della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza, va garantito il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all’essere umano nella sua totalità e unità corporale e spirituale”.
LINK:
Comunicato finale della III Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita (1997)
Enciclica di Giovanni Paolo II "Evangelium Vitae"
Catechismo della Chiesa Cattolica (2274 e 2323)
2. Il valore della persona umana si basa sul fatto che è stata creata da Dio a sua immagine, per amore.
“La vita dell’uomo proviene da Dio, è suo dono, sua immagine e impronta, partecipazione del suo soffio vitale”, ha scritto Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae (n. 39); e aggiungeva: “è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta ‘l’azione creatrice di Dio’ e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine”.