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Il futuro della pubblicità impone etica e responsabilità

Il futuro della pubblicità impone etica e responsabilità

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 28/01/14

I consumatori rifiutano sempre più una pubblicità che spinge a “desiderare oltre misura” e ricercano valori di sostenibilità e ragionevolezza

Un consumatore esperto, più evoluto e consapevole, capace di scegliere ed entrare “nel merito” di un prodotto e di una marca: è l'identikit che emerge da una ricerca quali-quantitativa realizzata da GfkEurisko su incarico di Aleteia per approfondire il tema della comunicazione etica, sostenibile e socialmente responsabile delle aziende. Il tema, che come emerge dallo studio, ha notevoli potenzialità nel panorama attuale, è da tempo al centro dell'attività di AdEthic, la “costola” del network Aleteia dedicata alla vendita di spazi pubblicitari. La ricerca è stata presentata il 28 gennaio nel corso della Social Conference che si è svolta a Roma presso l'Hotel Columbus su “Il futuro della comunicazione è responsabile!”.

Il 64% degli italiani si dichiara interessato alla comunicazione etica, sostenibile e socialmente responsabile. Sono i più giovani, in particolare, ad essere interessati, con particolare riferimento alla fascia di di età 14-34 anni (68%). Lo afferma l'indagine di Eurisko realizzata attraverso 4 focus group e 500 interviste de visu al domicilio dell'intervistato condotte su un campione rappresentativo della popolazione a partire dai 14 anni d'età, nella settimana dal 16 al 22 dicembre 2013 a Milano.

Di base i consumatori, afferma la ricerca di Eurisko, non desiderano più una relazione subalterna, di sudditanza nei confronti delle marche. E' un effetto che nasce dalla rivoluzione digitale che ha posto la relazione al centro del mondo, per cui il consumatore cerca un coinvolgimento proattivo, rapporto “one to one”, partecipazione. La “marca”, nell'era del social, dev'essere prima di tutto “accessibile, alla pari, democratica e trasparente”, ponendosi allo stesso livello dei clienti, ascoltandoli e “mettendo in discussione” il proprio operato.

Per questo la comunicazione etica raccoglie ed è destinata a raccogliere ampi consensi: circa il 70% degli intervistati la giudica unica, distintiva e nuova, il 63% ne riconosce la forza persuasiva e quindi l’efficacia, in particolare gli “Elite”(67%) e i giovani (68%). Il 50% degli intervistati, inoltre, riconosce alla comunicazione etica, una superiore capacità di raccogliere attenzione, gradimento e convinzione rispetto alla pubblicità tradizionale classica, e sempre il 50% degli intervistati ritiene che questo tipo di comunicazione possa addirittura migliorare la legittimazione della pubblicità nel suo complesso.

Infatti, in genere la pubblicità è gravata dalla responsabilità di un “consumismo irresponsabile”, perché spinge a desiderare “oltre il ragionevole”, stimola solo “voglia di possesso”, costruisce “false immagini di successo”: in una parola, è “ingannevole”.

Tuttavia non sono sufficienti i soli contenuti etici, ma perché questo tipo di pubblicità possa funzionare è fondamentale il posizionamento e l’accreditamento “etico e sostenibile” dei mezzi, dei canali e dei vettori sui quali la comunicazione etica viene pianificata. Contano molto aspetti, sottolinea la ricerca, come il carisma in termini di moralità, trasparenza, rispetto dell’ambiente della testata (storia, proprietà, valori di riferimento) e la coerenza "ambientale" tra "messaggio etico-sostenibile" e contesto testuale, narrativo, simbolico, estetico, etico del media: determinati canali, programmi, personaggi "giusti" appaiono del tutto accreditati e, di conseguenza, efficaci e d’impatto; altri, invece, risultano "bruciati", non in grado di "reggere" i segnali di "sostenibilità”.

Tra i media e i canali, sicuramente il web e i social media si impongono come media d’elezione per la componente di interattività peer-to-peer, la possibilità di partecipazione condivisione e scambio che caratterizza la rete. Pollice “verso” invece per la tv considerata un “segnale debole” poco in grado di generare “wishful thinking”, pensiero positivo, a causa di una comunicazione “commerciale e martellante”.

Tra i canali di comunicazione privilegiati emergono, inoltre, i media di matrice cattolica poiché quest’ultima “rappresenta di per sé una garanzia di 'etica' e sostenibilità dei consumi”. Con un traino in crescendo, conclude la ricerca, grazie all’“effetto Papa Francesco” che sta riuscendo a coinvolgere anche il mondo più laico.

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