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Matrimonio ed eucarestia

Catholics continue to have lowest divorce rates, report finds – it

© Jill Fromer / ISTOCK

Vinonuovo.it - pubblicato il 27/01/14

Le prime risposte al questionario che il Sinodo della famiglia ha lanciato alcune settimane fa

di Maria Elisabetta Gandolfi

All’indomani della diffusione del questionario vaticano per la consultazione in vista del Sinodo sulla famiglia, la rivista "Il Regno" è stata la prima in Italia a pubblicarlo on line invitando chiunque lo desiderasse a inviare le proprie risposte. Alla vigilia ormai della scadenza del termine fissato per far arrivare i materiali alla Santa Sede, "Il Regno" propone nel numero 2 del 2014 un primo bilancio delle risposte pervenute, compilato da Maria Elisabetta Gandolfi.

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Dall’articolo pubblichiamo qui sotto il paragrafo dedicato alle risposte alla domanda sul tema dell’eucarisatia ai divorziati risposati, una delle questioni su cui da tempo si discute di più nella Chiesa. Le città che compaiono tra parentesi sono modi per indicare la provenienza degli autori delle risposte, ma non vanno ovviamente considerate posizioni immediatamente ascrivibili alla Chiesa locale di quella città.

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La riammissione al sacramento dell’eucaristia di coloro che sono separati e conviventi, o divorziati e risposati è da tutti auspicata e per lo più ritenuta un passo necessario. Se non altro perché – ritorna nuovamente e con insistenza la misericordia predicata da papa Francesco – il sacramento è interpretato sia come partecipazione alla comunità sia come sostegno alla propria debolezza nel cammino di fede.

Semmai il tema è il «come». In un solo caso (Trento) – tra quelli che ci hanno inviato il questionario – si approva esplicitamente la norma che chiede di non vivere more uxorio un nuovo legame; in tutti gli altri questionari viene invece stigmatizzato il rifiuto dell’eucaristia legato all’esercizio della sessualità, perché è un segno che sembra squalificare la sessualità tout court. In nessun caso si parla di «diritto» a ricevere il sacramento, anche se non mancano punte di sentimentalismo quando si afferma: «Se Dio è amore non c’è regolare o irregolare» (Milano). Molti richiamano la prassi ortodossa che prevede la possibilità delle seconde nozze (cf. anche Regno-att. 6,2008,189) dopo un percorso penitenziale (Bologna, Firenze, Fossano-Cuneo, Genova, Vicenza), insistendo sull’idea che attualmente la Chiesa perdona ladri e assassini (Cagliari) ma non i divorziati, che invece potrebbero trarre giovamento da un perdono specifico per i sentimenti negativi provati nei confronti del coniuge da cui ci si separa.

Un coro unanime di voci si leva contro la soluzione del problema tramite la semplificazione dell’iter previsto per la nullità, ritenuta una via «ipocrita» (Firenze) per tre motivi: dal punto di vista legale, si rischia di non tutelare il coniuge debole nel momento della recezione o meno della sentenza da parte dell’ordinamento civile qualora non si preveda lo status di separato con il diritto agli alimenti (Bologna, Ferrara); dal punto di vista delle conseguenze anche psicologiche che ricadono ad esempio sui figli, che si sentono dire che il matrimonio dei propri genitori «non è mai esistito» (Fossano-Cuneo: diocesi che ha istituito nel 2009 il progetto «L’anello perduto»); e infine perché i motivi di nullità tendono ad allargarsi a dismisura… Qualcuno continua a pensare che sia un percorso riservato ai ricchi (Campobasso, Parma, Vicenza).

È meglio – si dice – agire sui corsi di preparazione al matrimonio, mirandoli alle caratteristiche degli interlocutori. Visti da alcuni come un «pedaggio da pagare» (Bologna), la maggioranza delle persone ne riconosce invece le potenzialità, che tuttavia dipendono molto da chi concretamente li gestisce e dall’impostazione che si propone da un lato verso il sacramento e dall’altro verso il magistero.
C’è chi propone maggiori restrizioni nel concedere alle coppie il matrimonio religioso se prevalgono motivazioni di «tradizione», «pressioni dei familiari», desiderio di «una bella cerimonia», soprattutto se a questo s’accompagna la fede di una sola delle due parti. È poi necessario insistere e vigilare sulla sobrietà delle cerimonie – «ogni matrimonio sontuoso è una sconfitta per il matrimonio cristiano» (Torino; in questo senso anche Venezia) -, proporre un cammino più catecumenale verso il sacramento e parallelamente fornire occasioni di confronto post-sacramento in un accompagnamento che prosegua oltre la celebrazione.

Qui l’articolo originale

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