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La crisi del sacerdozio dipende dal celibato o dall’imborghesimento?

Old priest

© CREATISTA/SHUTTERSTOCK

mons. Antonio Riboldi - Rogate Ergo - pubblicato il 27/01/14

Quante volte è possibile identificare un sacerdote tra la folla?

Sento spesso parlare di celibato dei preti, come se facendoli sposare le cose nella Chiesa possano migliorare. Penso che il vero problema è che si sono imborghesiti ed è per questo che hanno poco da insegnare agli altri!

Giulio Fassani, Ancora

E' un serio problema quello che mi si pone circa l'imborghesimento di alcuni sacerdoti, spero davvero pochi. Questo problema non determina solo una deformazione della grandezza del sacramento del sacerdozio, ma, fatto ancora più grave, nasconde il pericolo di non diventare ed essere veri pastori del gregge.

Il popolo dei credenti è molto sensibile al comportamento del sacerdote che è il loro pastore, ma direi che in generale lo è tutta la gente, di fronte a questa testimonianza, che dovrebbe essere di “contraddizione”, quasi una “pietra d'inciampo” di fronte alle mode del mondo.

Si vuole il sacerdote uomo totalmente di Dio e che Dio ha chiamato per essere totalmente per i fratelli che gli affida. Viene in mente subito la figura del Santo Curato d'Ars, protettore dei sacerdoti. Forse umanamente poteva non esserci nulla di attraente, secondo i canoni del mondo, in questo parroco di campagna, eppure egli attirava molti a sé, colti ed ignoranti, poveri e ricchi, buoni e cattivi. In lui spiccava e si coglieva, nelle parole, nei gesti e nelle scelte, l'amore per le anime, perché la sua vita era davvero stata tutta donata a Dio.

Il Santo Curato d'Ars, a volte neppure conosciuto con il suo vero nome, ma semplicemente per il ministero che ha esercitato, non di vescovo o cardinale, ma di semplice parroco, è il modello che la Chiesa addita a tutti i sacerdoti. E questo ci fa pensare!

Vi era un tempo in cui il sacerdote si distingueva anche per il suo abito, la talare, oltre che per una quasi spontanea stima da parte della gente. Trascorreva la sua vita tra la chiesa parrocchiale e la canonica. E' vero, ogni tempo ha le sue esigenze, ma forse oggi si è andati fin troppo oltre. Quante volte è possibile identificare un sacerdote tra la folla? Cammina con noi, è sicuramente in mezzo a noi, ma non lo sappiamo, perché non ha alcun segno che ci permetta di riconoscerlo. E non è forse vero che, anche se lo cerchiamo in chiesa, rischiamo spesso, durante il giorno, di trovare la porta chiusa?

L'obbedienza, ormai sono trascorsi tanti anni, a mia insaputa mi condusse ad essere nominato parroco a Santa Ninfa: una parrocchia che era smarrita per il fatto che il parroco diocesano si era sposato. Difficile succedergli. Con due miei confratelli Rosminiani, in un primo tempo con vere difficoltà, cercammo semplicemente una casa adatta: scegliemmo di essere presenti, quasi senza fedeli. La gente ci guardava e si chiedeva se meritavamo fiducia. Ci vollero alcuni anni per riceverla, ma poi la collaborazione fu piena. Alla fine divenne una delle più belle comunità, tanto da meritare la lode del vescovo di Mazara, nostra diocesi di appartenenza.

Nel gennaio del 1968, il terremoto del Belice distrusse letteralmente il paese e così fummo costretti, noi sacerdoti, a diventare speranza per la ricostruzione. Un tempo difficile, in cui la gente si affidò completamente a noi, attendendo delle risposte concrete. Ricordo l'incontro con l'allora Presidente del Consiglio, Aldo Moro, che, vedendo la nostra situazione e sacrificio, diede ordine di accelerare la ricostruzione. Nel 1978, improvvisamente Paolo VI mi chiese di essere vescovo di Acerra, dove mancava un vescovo da dodici anni. Occorreva cominciare tutto da capo…

Ci vuole davvero tanto amore ed una piena disponibilità per adempiere la missione. Non ci può essere spazio per altro, se davvero si vuole dare tutto, ma proprio tutto al gregge. Altro che porsi il problema del matrimonio dei preti!

A volte confrontando la mia esperienza, come quella di tanti miei amici, penso a mons. Tonino Bello, al cardinal Martini, a mons. Tonini e a tantissimi altri, con quella di alcuni sacerdoti oggi – non penso siano comunque molti – ho l'impressione che manchi la consapevolezza del dover essere la sentinella sempre vicina al gregge, da amare senza limiti, per cui è normale – anche troppo – che si giunga a porre come problema il celibato sacerdotale. Il celibato per un sacerdote è il dono della totalità della vita, che si fa totalità di donazione per i fedeli che gli sono affidati, e quando la volontà e la carità sono tutte tese nel dono, non vi è più alcun altro “problema” considerato davvero importante.

Permettetemi che lo dica: non si ha neppure il tempo per pensarci!

Piace riferire le parole di Giovanni XXIII in proposito: “Gesù Cristo sia vostro amico e consolatore. La vostra vita sia dunque impregnata del buon profumo di Cristo, nell'ardente amore a lui che ci guida al Padre. Questa è la vera base di una vita sacerdotale piena di intima pace e di irresistibile incanto per le anime. Vi diciamo pertanto 'Amor Christi et amor silentii'. Cristo sia il vostro unico amico e consolatore, nelle veglie davanti al Tabernacolo, o al tavolo di studio, nella cura dei poveri e dei malati, nel ministero della sacra predicazione. Cercate soltanto Lui, considerando le cose umane nella Sua luce, per conquistarle a Lui. Prendete su di voi il suo giogo soave e il suo peso leggero, praticando le virtù proprie di ogni vita consacrata: dedizione al Signore e alle anime, lavoro insonne per la Chiesa…Gesù non si trova nella vita dissipata, anche se si invocassero le più sacrosante ragioni del ministero. Per questo vi abbiamo anche detto: 'Amor silentii'. Il silenzio è sicura custodia di tutte le virtù, specialmente della castità e della carità; è garanzia di efficace lavoro pastorale”. Ricordate che il sacerdote è “soprattutto uomo di Dio. Così vi pensa e vi giudica il popolo cristiano, così vi vuole il Signore. Cercate dunque di conformare la vostra vita a quei puri pensieri, che tale definizione di per se stessa suscita nel vostro cuore. Dicendo uomo di Dio, si esclude dal sacerdote tutto ciò che non è Dio. Vero sacerdote è colui che, come Abramo, scelto ad essere padre di molte genti, ha abbandonato per sempre ogni cosa per seguire la voce divina. Gli è stato detto infatti: 'Vattene dalla tua terra, dalla casa di tuo padre, verso la terra che Io ti indicherò'”.

Parole di un grande Papa, che devono essere regola per noi.

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