L'ONU, potenti fondazioni, media internazionali sostengono l'ideologia del "gender", chiunque non si adegui viene trattato da "omofobo"
di Silvio Brachetta
Dopo il 1989, un po’ dovunque, si credette che il crollo del comunismo sovietico avrebbe determinato uno sganciamento spontaneo dell’autorità politica dalle ideologie totalitarie. Sugli anni Novanta soffiava l’ormai celebre ‘vento nuovo dell’est’ e pure nella Chiesa – che con Giovanni Paolo II aveva avuto un ruolo anticomunista significativo – si ebbe la percezione che assieme al materialismo marxista si sarebbe potuto attenuare (se non dissolvere) l’ateismo mondiale, che tanto intralciò la fede cristiana. In questo senso, molto prima della caduta del Muro di Berlino, specialmente dal Sessantotto in poi, le prospettive ateiste o laiciste s’imposero in Occidente, fagocitandone i costumi e corrompendone la cultura. Secolarismo, ateismo, laicismo. Molti nomi per uno stesso male, che si reputava sepolto sotto le macerie del Muro.
Con la fine del secolo e del millennio, però, subentrò una cocente disillusione: il secolarismo era tutt’altro che morto, se non altro per via degli spazi sottratti alla religione dal laicismo, in ambito pubblico. E in tal modo l’ideologia, figlia di una civiltà senza Dio e sopravvissuta alla disintegrazione del socialismo reale, era di nuovo attiva e imperava di nuovo sul mondo. In che modo? In quale forma? Con che nome?
«Rivoluzione culturale occidentale»
Forse una delle analisi più interessanti su quanto avvenne e su come quegli avvenimenti siano collegati alla crisi attuale, è opera dalla giornalista americana Marguerite A. Peeters, direttrice dell’Istituto interculturale “Dialogue Dynamics” di Bruxelles. Autrice di due libri sulla globalizzazione e sull’ideologia del «gender», la Peeters ha sintetizzato il suo pensiero in due articoli per “L’Osservatore Romano” (2009, 2012), nei quali scrive di una «rivoluzione culturale occidentale» («western cultural revolution»). Dal 1990 al 1996 le Nazioni Unite si sono prodigate – spiega la giornalista – nell’organizzare una serie non trascurabile di conferenze con l’intenzione di «creare un nuovo consenso mondiale», mediante una sistematica «imposizione» di un «nuovo linguaggio». In pochi anni furono coniati centinaia di nuovi lemmi, sul progetto ideologico secondo cui per cambiare le cose (rivoluzione) non servono scontri armati, ma è sufficiente cambiare il nome alle cose o il significato del nome: «buon governo», «libertà di scelta», «qualità della vita», «salute riproduttiva», «identità del genere [sessuale]» («gender»). Dietro queste locuzioni, all’apparenza rassicuranti, ci sarebbe un’intenzione inespressa – e per questo truffaldina – per dare ai concetti di «governo», di «libertà», di «vita» o di «sesso» nuovi significati etici, del tutto funzionali alla costruzione di una nuova società artificiale. Piuttosto slogans da memorizzare che parole, i nuovi lemmi sono tutti, in fondo, specificazioni di un concetto centrale – «olismo» – ossia l’idea che il tutto sia maggiore e più importante della parte. Per cui, secondo la nota visione hegeliana, lo stato è superiore ai singoli o un qualche ordine mondiale è superiore agli stati. L’individuo allora, in questo nuovo Regno globale sottratto artificiosamente alla signoria del Cristo, conta e vale sempre meno.
Il problema – secondo la Peeters – non poggia solo sulla ricostruzione del mondo con un nuovo senso morale, ma dal fatto che dietro questo progetto non c’è una maggioranza democratica, ma una minoranza prepotente, sostenuta e finanziata da poteri occulti. Sembra di capire che la matrice democratica degli stati liberali voglia essere annullata a favore dell’insediarsi di un’oligarchia ereditaria, ovvero di un governo di pochi, che consegneranno potere e danaro a persone già indottrinate.