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Sub-umanesimo: la visione del mondo dei vostri amici e vicini

Subhumanism – it

Harald Groven

Aleteia Team - pubblicato il 21/01/14

I nazisti e i comunisti non sono gli unici sub-umanisti: questa tossica visione del mondo si è infiltrata in quella tradizionale

di Jason Jones e John Zmirak*

Nietzsche aveva ragione: se Dio è morto, con lui muore qualsiasi blocco morale alla volontà di potenza. Se non c'è Dio a registrare le nostre sofferenze innocenti e ricompensarle, allora non abbiamo motivo di sopportarle – almeno quando riusciamo a trovare i mezzi per deviarle sugli altri. Se il mondo è davvero quello di Darwin e Hobbes piuttosto che quello di Dio, allora la natura umana ha denti e artigli rossi, e tutti gli slogan felici di fraternità e di giustizia con cui rivestiamo una società libera sono tante bugie che ci bisbigliamo per superare la giornata. In articoli precedenti, abbiamo già accennato alla lunga lista delle vittime nel ventesimo secolo dovute agli uomini che hanno seguito questa logica dall’inizio alla fine, agendo di conseguenza.

Ma non dobbiamo invocare incessantemente i peggiori criminali della storia per descrivere il sub-umanesimo; tali confronti melodrammatici ci scagionano troppo facilmente. ("Ti ringrazio, Signore, per non essere come questi commissari che fanno morire di fame i kulaki…. "). Invece, guardiamo a noi stessi e ai nostri amici e vicini. Esaminiamo una tendenze nelle gravidanze americane – e cioè il fatto che oltre il 90 per cento dei bambini con diagnosi di sindrome di Down viene uccisa prima della nascita. I genitori che prendono queste decisioni non sono dei mostri morali come gli uomini che combattevano volontariamente come nazisti o Khmer rossi uccidendo unità di soldati. Non sono ancora al livello degli sceriffi razzisti del Sud che picchiavano gli elettori neri. Eppure, questi genitori americani stanno usando la violenza per eliminare persone innocenti. Dovremmo esaminare le loro ragioni, e vedere se riusciamo a trovare dei difetti nella loro logica. Ascoltiamo un litigio tra due genitori che hanno appena ricevuto questa notizia straziante.

Il sacrificio di Abramo.

Abramo: Oh tesoro, mi dispiace tanto. Eravamo così contenti. Ma possiamo riprovarci.

Sarah: Che vuol dire, “riprovarci”?

Abramo: Beh, non possiamo continuare… non sarebbe giusto.

Sarah: Giusto per chi?

Abramo: Per la bambina, innanzitutto. I dottori dicono che al massimo potrà raggiungere un’età mentale di 11 anni – per tutta la vita. Non sarà in grado di prendersi cura di se stessa, di lavorare… non potrà vivere da sola, o avere una famiglia. Dovremo sorvegliarla come falchi per impedirle di farsi male, o impedire ad altri di farle del male. Le persone ritardate sono spesso… sfruttate. Soprattutto le ragazze.

Sarah: Nelle istituzioni pubbliche, forse, stai dicendo che vuoi lasciare nostra figlia in un’istituzione pubblica?

Abramo: Vuoi davvero passare il resto della tua vita – delle nostre vite – a prenderti cura di un bambino che non sarà mai un adulto? Che non collaborerà mai, in niente? Che non andrà mai al college, né si sposerà, né ci darà dei nipotini? E che accadrà quando moriremo? Chi se ne prenderà cura allora?

Sarah: Beh, potrebbe avere dei fratelli o sorelle…

Abramo: Tesoro, non credo. Se dobbiamo prepararci a prenderci cura di una bambina handicappata, credi davvero che avremo soldi ed energie per altri figli dopo di lei? Non riesco proprio a immaginarlo.

Sarah: Quindi stai dicendo che non sarebbe giusto per noi.

Abramo: No, non lo sarebbe. Abbiamo speranze e sogni da realizzare e cose da offrire. Tu stai lavorando a quel romanzo. Non lo vuoi finire? E che mi dici di quello studio legale che sogno da sempre di aprire? Queste sono cose reali che possono offrire qualcosa alla gente reale.

Sarah: Quindi questa bambina non è reale?

Abramo: Quanto reale è un bambino che non diventerà mai un adulto? Che sarà sempre bloccato, con una mente a malapena razionale…

Sarah: La fai sembrare una scimmia o altro.

Abramo: Mi dispiace. Non intendevo questo. È solo che l’umanità…non è un assoluto. È come una specie di scala mobile.

Sarah: Uccideresti un cucciolo di scimmia? Nemmeno mangi carne di vitello.

Abramo: Non tollero la crudeltà di chi uccide per divertimento o trae piacere nel causare sofferenza. E nemmeno tu.

Sarah: Quindi tu ed io a che punto siamo sulla scala mobile?

Abramo: Beh… siamo adulti, che lavorano e pagano le tasse, il cui lavoro è socialmente utile – non siamo criminali o trafficanti umani. Abbiamo amici, leggiamo libri, sosteniamo l’arte. E il nostro scopo è crescere un bambino o due che possano fare lo stesso. Che diventeranno col tempo completamente umani nel modo in cui noi siamo riusciti ad essere.

Sarah: Quindi quando diventeremo vecchi e decrepiti saremo meno umani?

Abramo: Un pochino meno. Poi un pochino meno, col tempo, man mano che le nostre capacità svaniscono e i piaceri umani vengono meno, e avremo sempre meno cose che ci terranno saldamente legati al mondo, sempre meno ragioni di temere la fine. Potremo persino arrivare a desiderarla.

Sarah: Quindi tua nonna è meno umana di me?

Abramo: Non lo è stata sempre. Era una tale donna nel fiore degli anni! Avresti dovuto vederla fronteggiare quella guardia nazionale al Kent State!

Sarah: Ma è meno umana adesso?

Abramo: Ridotta sulla sedia a rotelle, con demenza senile, con il dolore per tutto il giorno…. credo che in momenti di lucidità direbbe lo stesso. Di sicuro, se dovessi finire come lei, so che mi sentirei meno umano, e spero che non lascerai che qualche dottore ben intenzionato mi attacchi a una macchina per prolungare le cose e le mie sofferenze.

Sarah: Credi che tua nonna stia soffrendo?

Abramo: Lo so che sta soffrendo

Sarah: E cosa pensi che significhi?

Abramo: Che i dottori hanno fatto il possibile. Che la vita può essere dura a volte. Che dovremmo accogliere i bei momenti quando possiamo, perché non durano a lungo. Oh, Sarah. È questo che intendo. Abbiamo la possibilità di avere ancora pochi anni di felicità – forse venti o trenta o magari quaranta – con figli normali che condurranno una vita normale. Poi tutto sarà finito e ce ne saremo andati. E sarà il loro turno. È giusto sprecare tutto questo, buttare via questa opportunità di un po’ di felicità? E per cosa?

Sarah: Per soffrire, immagino. È questo che stai dicendo. Affrontare sofferenze senza senso per prendersi cura di una bambina la cui sofferenza sarà anch’essa senza motivo, come quella di tua nonna e di chiunque altro.

Abramo: Esatto.

Sarah: Quindi se decidiamo di abortire questo bambino – non sussultare, è di questo che stai parlando, sii uomo! – e io finissi per essere divorata dai sensi di colpa, anche questo non avrebbe senso?

Abramo: No, cercherò di aiutarti a superare la cosa. Mi prenderei la mia parte di responsabilità in questa decisione davvero, davvero seria. Ma la nostra sofferenza, perché soffrirei anche io – mi spezza il cuore – avrà senso in base alla futura felicità che ci permetterà di avere. E ai nostri altri figli.

Sarah: Che altrimenti non vorresti avere.

Abramo: Beh, no. Non credo avrebbe senso.

Sarah: A lungo termine, cos’è che lo ha?

La maggior parte di piacevoli, allegri momenti per la maggior parte delle persone.

Abramo qui non è un negriero sociopatico, e Sarah non è una bigotta. Ma finiscono sui lati opposti di una linea rossa che attraversa l'anima dell'uomo moderno. Dalla parte di Sarah c’è la tradizionale visione ebraica – cristiana – classica della vita umana, come un misto di sofferenza e di gioie sostenute da principi fondamentali che tessono la nostra angoscia in un arazzo che significa qualcosa – e che potrebbe anche essere bella.

Abramo, tuttavia, incarna il moderno credo sub-umanista: che la vita è una serie di incidenti che sono piacevoli o spiacevoli, in cui siamo liberi (perché niente ha importanza) di cercare di accumulare il maggior numero di momenti felici possibili, riducendo al minimo quelli infelici. Se scegliamo di essere altruisti (se ci fa sentire felici), possiamo calcolare l'impatto delle nostre azioni sul totale dei "bei momenti" delle altre persone, e fare del nostro meglio per calcolare tutto in modo da non rubare troppi momenti felici ad altri. Perché altrimenti saremmo infelici nel lungo termine, o almeno così dice la gente.

Questo fiacco calcolo dell'edonismo sub-umanista è un povero sostituto di una spina dorsale. La migliore delle congetture su quale linea d'azione potrebbe fornire il maggior numero di piacevoli e allegri momenti al maggior numero di persone darà risultati molto diversi se basata su un solido, intransigente codice morale. In un momento, possiamo sempre convincerci che qualsiasi azione decidiamo di intraprendere aggiungerà effettivamente qualcosa alla somma dei momenti felici – a lungo termine, se non nel breve periodo.

Sicuramente i leader cinesi del Partito comunista che imposero aborti forzati su milioni di donne cinesi si erano convinti che agivano per il bene di molti… perché altrimenti avrebbero dato disturbo? Allo stesso modo gli scienziati che hanno condotto gli studi sulla sifilide a Tuskegee: poche decine di uomini di colore analfabeti lasciati senza cure a morire in angoscia, per acquisire conoscenze mediche chiave che avrebbero potuto aiutare migliaia di altri a vivere. Non possiamo litigare con la matematica, poiché non possiamo prevedere il futuro. Concedi a queste persone i loro spazi, e potrebbero benissimo essere giustificate senza fare quasi niente a nessuno.

Jason Jones è un produttore di Hollywood. I suoi film comprendono Bella, Eyes to See, e Crescendo. Per saperne di più sulle sue iniziative sui diritti umani http://www.iamwholelife.com/

John Zmirak è l'autore di The Bad Catholics Guide to the Catechism e scrive regolarmente su The Bad Catholics Bingo Hall. Questa rubrica viene dal prossimo libro di Jones e Zmirak, The Race to Save Our Century (Crossroad, 2014).

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