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La globalizzazione del crimine organizzato una sfida anche per la Chiesa

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 21/01/14

La criminalità transnazionale è in grado di incidere sull'indipendenza degli Stati e impedirne lo sviluppo. L'importanza della trasparenza delle istituzioni finanziarie.

Armi, droga, tratta delle persone, riciclaggio di denaro sporco: prima di ogni altro soggetto politico la criminalità organizzata ha superato i ristretti confini locali e anche nazionali per realizzare profitti illeciti dovunque le condizioni lo permettano e creando anche le condizioni affinché possano realizzarsi. Siamo oggi di fronte a un fenomeno transnazionale che “inquina la società, l’economia e l’ambiente; ma erode pure l’indipendenza di numerosi Stati e la loro possibilità di percorrere un sentiero di sviluppo”.

Un fenomeno che costituisce una permanente minaccia per la pace e per contrastare il quale “nella formulazione degli obiettivi globali dell’Onu per lo sviluppo sostenibile a valere dal 2016, dopo la scadenza di quelli del Millennio, sarà necessario inserire la riduzione del crimine organizzato”, osserva padre Luciano Larivera nell'articolo “La globalizzazione del crimine organizzato” pubblicato sul Quaderno n. 3925 del 4 gennaio de La Civiltà Cattolica. Al tema sarà dedicata la conferenza “La criminalità transnazionale una sfida anche per la Chiesa” che si svolgerà il 25 gennaio presso la sede della prestigiosa rivista dei gesuiti, come spiega lo stesso padre Larivera.

Perché la criminalità transnazionale rappresenta una sfida per la Chiesa?

Larivera: E' una sfida a vari livelli. Intanto la Chiesa ha la responsabilità di conoscere ciò che costituisce la vita normale della gente per non rischiare di parlare in modo astratto. Senza conoscere la realtà effettiva di droga o racket del pizzo o dell'usura, inoltre, come potrebbe stare intelligentemente vicina alle vittime di questi fenomeni o anche ai suoi autori come per esempio i cappellani delle carceri? Infine c'è il ruolo profetico della Chiesa che è quello di agire sull'educazione e sulla prevenzione. La criminalità organizzata lavora in base al meccanismo della domanda e dell'offerta: come fare perché le persone non cadano nella tossicodipendenza? La Chiesa è coinvolta da sempre dalle attività della criminalità organizzata; in fondo anche l'Innominato di Manzoni era un criminale a capo di una banda.

Anche Papa Francesco ha affrontato questo tema nei suoi interventi…


Larivera: Infatti questo rappresenta uno stimolo ulteriore a riflettere sull'argomento. Il Papa ne ha parlato nell'esortazione pastorale Evangelii Gaudium in merito all'economia di esclusione e alle dimensioni strutturali dell'emarginazione che poi genera violenza e anche nel messaggio per la Giornata della pace nel quale ha affrontato il tema del traffico degli esseri umani.

E ci sono anche molte pronunce da parte dei vescovi o delle conferenze episcopali: è così?

Larivera: Sono la maggior parte del magistero della Chiesa su questi temi e corrispondono alle tante iniziative poste in essere dalle Chiese locali davanti a problemi devastanti per le comunità. In Salvador, uno dei paesi del Centro America nei quali c'è il maggior tasso di omicidi al mondo, la Chiesa ha aiutato il governo nella mediazione con i boss in carcere delle maras, le bande organizzate che gestiscono il traffico di droga e prostituzione, per tentare di ridurre almeno il numero degli omicidi. La Chiesa argentina ha scritto un documento contro la criminalità organizzata e il narcotraffico. Anche la Chiesa italiana si è espressa sul problema della criminalità organizzata nei documenti sulla Chiesa nel Mezzogiorno. Ormai la pastorale contro il crimine organizzato e la corruzione che vi si associa, è una missione ordinaria di quasi ogni Chiesa locale, con rischi non indifferenti per chi testimonia questo vangelo della carità. Ma è proprio per non trasformare queste persone in eroi isolati che occorre che tutta la Chiesa sia coinvolta, a partire dall'analisi di quanto accade sul territorio e poi dalla consapevolezza del carattere complesso e sovranazionale delle attività criminali. C'è inoltre da approfondire il risvolto antropologico dell'esaltazione della violenza che è profondamente antievangelico.

La Santa Sede ha avviato da qualche tempo un'operazione di adeguamento dei regolamenti dello Ior, l'istituto di credito vaticano, in funzione di trasparenza delle attività finanziarie e antiriciclaggio: la Chiesa deve stare attenta anche a non essere coinvolta in attività che possano favorire la criminalità organizzata?

Larivera: Da tempo la Chiesa ha cercato di allontanare da sé il pericolo di coinvolgimento in situazioni che di fatto favoriscono la criminalità organizzata. E' un rischio che si lega non solo alle operazioni finanziarie dello Ior, ma anche alla stessa beneficenza o alle donazioni che ricevono diocesi e parrocchie. Basti pensare a quanto i vescovi calabresi si sono adoperati per far sì che le feste patronali non fossero utilizzate come un mezzo di affermazione del potere dei singoli boss locali. La normativa antiriciclaggio introdotta dalla Santa Sede per adeguarsi agli standard internazionali in materia va nella stessa direzione. Non si possono rivolgere accuse ad altri, se non si è i primi ad essere trasparenti.

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