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Cristiani perseguitati: una testimonianza per il mondo

The remains of Syrian Christian priest Boulos Tarboush, who died in 1960, are strewn on the ground – it

© AFP PHOTO/ALI MALEK

SYRIA, QARA : The remains of Syrian Christian priest Boulos Tarboush, who died in 1960, are strewn on the ground on November 30, 2013 after his grave at the church of Saint Michael in the Syrian village of Qara was allegedly descecrated by radical rebel fighters who were driven out in late November 2013 by pro-government forces in the predominantly Christian region of Qalamoun, north of Damascus. The Syrian army has already captured the towns of Qara and Deir Attiyeh, as the regime seeks to encircle the rebels in the Qalamoun region and sever opposition supply lines across the nearby border with Lebanon. AFP PHOTO/ALI MALEK

Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 21/01/14

Papa Francesco: i cristiani perseguitati oggi sono forse di più che ai primi tempi della Chiesa

Quando si parla di cristiani perseguitati per prima cosa può accadere di pensare alle catacombe e alle arene dei teatri romani nei quali i primi cristiani erano condotti in catene per esservi sbranati dalle fiere. La celebrazione dei 1700 anni dall’Editto di Costantino che nel 313 permise finalmente alla Chiesa di celebrare il culto in piena libertà, induce a relegare nel passato la triste vicenda delle persecuzioni dei cristiani a motivo della loro fede. Purtroppo non è così e molti sono ancora oggi nel mondo i cristiani discriminati, ristretti nella libertà di professare la fede o anche ferocemente perseguitati a motivo di essa, come non ha mancato di ricordare Papa Francesco che li ha affidati alla preghiera dei fratelli.

“Oggi preghiamo in modo particolare per i cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo e al Vangelo. Siamo vicini a questi fratelli e sorelle che, come santo Stefano, vengono accusati ingiustamente e fatti oggetto di violenze di vario tipo”: lo ha detto Papa Francesco nell’Angelus della festa di santo Stefano, il primo martire della storia della Chiesa, lo scorso 26 dicembre. Questo accade, ha aggiunto il pontefice, “specialmente là dove la libertà religiosa non è ancora garantita o non è pienamente realizzata. Accade però anche in paesi e ambienti che sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani, ma dove di fatto i credenti, e specialmente i cristiani, incontrano limitazioni e discriminazioni. Per il cristiano questo non fa meraviglia, perché Gesù lo ha preannunciato come occasione propizia per rendere testimonianza”. Tuttavia, ha sottolineato Papa Francesco “sul piano civile, l’ingiustizia va denunciata ed eliminata”.

Ci ha provato in Liberia il pastore Dennis Aggrey, sottoposto insieme ad un diacono, a una terribile “punizione” da parte della società segreta tribale Poro. Nell’ottobre 2013 i due sono stati rapiti e lasciati per tre giorni incatenati ad albero in un bosco sacro nei pressi di Malawu (Liberia). La chiesa guidata dal pastore Aggrey è stata chiusa e ai fedeli è stato proibito di possedere bibbie o di parlare di Gesù. Quando, una volta liberato, il pastore ha denunciato l’episodio alle autorità queste, benché la Liberia sia un paese prevalentemente cristiano, hanno deciso di non intervenire perché le azioni del Poro vengono giudicate parte integrante della cultura popolare.

E’ solo una delle storie raccontate dalla testata Tempi cheai cristiani perseguitati ha dedicato una serie apposita intitolata “Miserere. Storie di cristiani perseguitati” curata da Franco Molon. Si va dal la Nigeria dove a Natale il terrorista Boko Haran brucia chiese e preghiere alla Bielorussia dove Aleksei, che accoglieva i poveri a casa a sua e dava loro una minestra calda, è stato condannato a due anni di prigione per aver adibito una stanza a cappella. Dal Nord Corea dove si può andare in un lager solo per qualche citazione del Vangelo copiata su un foglietto alla Libia dove a dei giovani cristiani copti viene bruciata con l’acido la croce che portano tatuata sul polso.

Forse oggi i cristiani perseguitati nel mondo sono di più che nei primi tempi della Chiesa, come ha affermato ancora Papa Francesco nell’Angelus del 20 novembre del 2013. La World Watch List del 2013, compilata dagli analisti di Porte Aperte sulle persecuzioni nel mondo, prende in considerazione 5 parametri della libertà dei cristiani di vivere liberamente la loro fede: nel privato, in famiglia, nelle comunità, nella chiesa, nella vita pubblica. C’è poi una sesta area che misura il grado delle violenze ricevute. Le cifre sono enormi: si varia dai cento milioni di perseguitati valutati dall’Osce ai duecento che denuncia il Comece, ovvero la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea; 105 mila cristiani l’anno vengono assassinati per la loro fede, uno ogni cinque minuti (Il Giornale.it 24 dicembre 2013).

Porte Aperte afferma che sono 65 Paesi in cui i cristiani vengono perseguitati, e secondo il Pew report americano sono 111 i paesi in cui devono affrontare restrizioni e ostilità. L’inaspettato primato nei top ten, lo detiene della Corea del Nord: essa organizza orribili campi di prigionia in cui affondano fra i 50mila e i 70mila cristiani; basta avere a casa un libro, un’immagine e sei un traditore di Kim Jong Un, il nuovo leader. Molti cercano di fuggire, e in una caccia spietata vengono riacchiappati al confine con la Cina. Sui primi dieci paesi persecutori, ovvero Arabia Saudita, Afghanistan, Iraq, Somalia, Maldive, Mali, Iran, Yemen, Eritrea, otto sono islamici. Il Mali e l’Eritrea per la prima volta in lista e l’Etiopia che sale dal 38esimo al 15esimo posto, ci parlano dell’islamizzazione estremista dell’Africa. La Libia sale dal 27esimo posto al 17esimo, la Tanzania che non era fra i primi 50 sale al 24esimo, la Nigeria resta al 13esimo. Naturalmente la Siria, salita dal 36esimo all’11esimo posto, è un fuoco della tragedia in corso. Da quasi due milioni i cristiani sembrano già ridotti a 400mila (Il Giornale.it 24 dicembre).

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