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Ateo tra i soldi di Wall Street, credente tra i poveri del Bronx

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© LOUISA GOULIAMAKI

Aleteia - Aleteia Team - pubblicato il 21/01/14

Da trader a fotografo, da ateo a credente e la scoperta della parola "empatia" bandita dal mercato, la storia di Chris Arnade

«Siamo tutti peccatori e sulla strada i drogati, gli ultimi, nelle loro battaglie quotidiane e nella loro quotidiana vicinanza alla morte lo capiscono in modo viscerale. Molta gente di successo no. Il loro senso di sé e la loro freddezza emotiva hanno anestetizzato la percezione della loro fallibilità» così Chris Arnade in un articolo di commento all'Evangelii Gaudium sul Guardian lo scorso 11 dicembre e riportato oggi dal quotidiano Avvenire. Ma chi è Chris? Un ex trader di “Salomon Brothers” e poi di “Citigroup” entrato nel mondo della finanza dopo un prestigioso dottorato in fisica alla John Hopkins University. Vent'anni tra gli squali della finanza però lo hanno prosciugato dentro e così, nel 2012, ha deciso di lasciare tutto (compresi compensi a 6 zeri) e fare il fotografo e decidendo di raccontare il ghetto del South Bronx.

Dai 16 anni Chris Arnade si dichiarava ateo, ma tra prostitute, barboni e drogati ha trovato umanità e molta fede: «Le persone che più hanno sfidato il mio ateismo sono stati drogati e prostitute». Così descrive il mondo che ha deciso di raccontare con le immagini: «Sarah, 15 anni passati sulla strada, porta una croce attorno al collo. Sempre. Michael, da 30 anni anche lui sulla strada, porta un rosario in tasca. Sempre. E in ogni casa di consumatori di crack, nell’edificio più squallido e desolato, si può trovare una Bibbia aperta fra siringhe, accendini e pipe da crack».

Arnade ha intitolato il suo pezzo «Papa Francesco è una gola profonda per i poveri», perché il Pontefice svela davvero la verità sulla condizione umana, sulla povertà e sullo scandalo di una ricchezza che si fonda sull'abuso e lo sfruttamento di altri esseri umani.

«Quando lavoravo a Wall Street negli anni ’90 – ha scritto Arnade – viaggiavo per lavoro nella patria del Papa, l’Argentina. Ero uno dei molti stranieri che andavano lì a dire come avrebbero dovuto riformare il Paese, aprirlo al libero mercato. Cosa che è stata fatta e ha funzionato fino al crollo del 2001. Giravamo in taxi – ha continuato l’ex trader – alla larga degli slum che circondavano Buenos Aires. Nessun banchiere vi si addentrava, era troppo pericoloso si diceva. Noi spostavamo numeri su fogli di lavoro elettronici, numeri che rappresentavano delle persone. Papa Francesco invece andava in quegli slum, regolarmente, e vedeva quello che noi non vedevamo. È come ha scritto nella sua esortazione apostolica: gli esseri umani sono considerati come dei beni di consumo, che si possono usare e poi gettare. La vittoria del libero mercato è stata quella di rendere "empatia" una parolaccia. A Wall Street certamente è così: non puoi fare soldi se inizi a chiederti come li fai, chi ferisci, e chi resta indietro»

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