La giornata del dialogo ebraico-cristiano è una grande opportunità di fraternità per le due comunità che vogliono glorificare insieme il Signore
In occasione del 17 gennaio, giorno in cui la Chiesa in Italia, Polonia, Austria e Paesi Bassi celebra la Giornata dell’Ebraismo (in Svizzera questa giornata ha luogo la seconda domenica di quaresima) pare particolarmente opportuno riflettere sull’impegno di Papa Francesco a favore del dialogo ebraico-cattolico e sui suoi sviluppi negli ultimi tempi. Noteremo allora che l’interesse per questo dialogo dimostrato dal cardinale Jorge Mario Bergoglio nella sua città, Buenos Aires, prosegue linearmente a livello internazionale anche in Vaticano.
Il giorno successivo all’elezione al soglio pontificio del cardinale Jorge Mario Bergoglio, la comunità ebraica di Roma riceveva una sua lettera, in cui egli ribadiva la ferma intenzione di promuovere il dialogo con gli ebrei: «Spero vivamente di poter contribuire al progresso che le relazioni tra ebrei e cattolici hanno conosciuto a partire dal concilio Vaticano II, in uno spirito di rinnovata collaborazione e al servizio di un mondo che possa essere sempre più in armonia con la volontà del Creatore». Così, fin dall’inizio, è stato chiaro che il nuovo Papa si sarebbe adoperato senza riserve per il dialogo ebraico-cattolico, per approfondire e intensificare i legami di amicizia già esistenti. Alcuni dei nostri interlocutori ebraici erano del parere che Benedetto XVI fosse l’ultimo Papa in grado di capire, per la sua biografia personale, la tragedia umana della Shoah e che, anche per questo, si fosse impegnato a favore del lavoro di riconciliazione con gli ebrei. Apparentemente, non avevano previsto che, dopo di lui, sarebbe stato eletto un Papa che, sulla base del documento conciliare Nostra aetate (n. 4), aveva già fortemente contribuito al dialogo ebraico-cattolico, fornendo a esso impulsi decisivi nell’America del Sud. Con particolare gioia la comunità ebraica ha dunque accolto l’elezione del cardinale Bergoglio; i tanti messaggi di felicitazioni lo testimoniano in maniera significativa.
Alla cerimonia di inaugurazione del pontificato di Papa Francesco, il 19 marzo 2013, era presente una delegazione di alti rappresentanti ebraici, tra cui amici venuti dagli Stati Uniti, da Israele e dall’Argentina. Naturalmente, vi era anche una delegazione della comunità ebraica di Roma, guidata dal rabbino capo Riccardo Di Segni. In seguito, sono pervenute al nuovo Pontefice numerose domande da parte di organizzazioni, gruppi e singoli individui, desiderosi di essere ricevuti in udienza. Tuttavia, poiché dal 1970 esiste un partner di dialogo ufficiale, ovvero il sopra citato Ijcic, è a una delegazione di questa organizzazione internazionale, impegnata nel dialogo interreligioso, che è stata data la priorità. Dell’Ijcic fanno parte organizzazioni ebraiche aventi sede principalmente negli Stati Uniti (dei 14 milioni di ebrei nel mondo, circa 5,5 milioni vivono negli Stati Uniti). Il 24 giugno 2013, Papa Francesco ha salutato in un’udienza privata i rappresentanti dell’Ijcic come “fratelli maggiori” e si è detto felice di accogliere in Vaticano, per la prima volta nel suo pontificato, una delegazione ufficiale ebraica. In tale occasione, egli ha ricordato l’importanza della dichiarazione conciliare Nostra aetate e l’impegno dei suoi predecessori nella promozione del dialogo, menzionando anche le sue esperienze personali nel dialogo ebraico-cattolico a Buenos Aires.
Infine, egli ha ribadito la necessità di una testimonianza comune di cristiani ed ebrei: «L’umanità ha bisogno della nostra comune testimonianza in favore del rispetto della dignità dell’uomo e della donna creati ad immagine e somiglianza di Dio, e in favore della pace che, primariamente, è un dono suo». Nel suo discorso, il Santo Padre ha inoltre fatto riferimento all’incontro organizzato dall’Ijcic e dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo tenutosi a Madrid dal 13 al 16 ottobre 2013. La conferenza si è concentrata sulle sfide che la religione deve affrontare nella società contemporanea («Challenges for Religion in Contemporary Society»), riflettendo sul patrimonio comune di ebrei e cristiani, sull’importanza dei diritti umani e della libertà di religione, sulle crescenti persecuzioni contro i cristiani e sul crescente antisemitismo.
Regolari sono i contatti che Papa Francesco ha tuttora con i suoi amici ebrei in Argentina, i quali, anche tramite le loro visite al Santo Padre in Vaticano, continuano a testimoniare il permanere del legame di affetto e di amicizia sviluppatosi negli anni in cui il cardinale Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires.
Sempre nel mese di ottobre, Papa Francesco ha ricevuto una delegazione del Simon-Wiesenthal-Center, la cui sede principale si trova a Los Angeles. Questo istituto ha una grande importanza nel mondo ebraico per la lotta contro l’antisemitismo, il razzismo, l’intolleranza e la discriminazione delle minoranze in tutte le società. Nel suo discorso ai membri della delegazione, il Papa si è espresso ancora una volta contro l’antisemitismo e ha ricordato al contempo anche le persecuzioni contro i cristiani che costituiscono una minoranza in diversi Paesi: «Ho avuto modo di ribadire più volte (…) la condanna della Chiesa per ogni forma di antisemitismo. Oggi vorrei sottolineare come il problema dell’intolleranza debba essere affrontato nel suo insieme: là dove una minoranza qualsiasi è perseguitata ed emarginata a motivo delle sue convinzioni religiose o etniche, il bene di tutta una società è in pericolo e tutti dobbiamo sentirci coinvolti. Penso con particolare dolore alle sofferenze, all’emarginazione e alle autentiche persecuzioni che non pochi cristiani stanno subendo in diversi Paesi del mondo. Uniamo le nostre forze per favorire una cultura dell’incontro, del rispetto, della comprensione e del perdono reciproci». E questo è ciò che certamente ebrei e cristiani possono fare insieme: promuovere una cultura del dialogo, della reciproca comprensione e del perdono. In tal modo, entrambe le comunità possono diventare insieme una benedizione per l’umanità. Il dialogo con l’ebraismo va dunque intensificato, portato avanti con convinzione, slancio, gioia e fantasia. I nostri interlocutori ebrei guardano naturalmente con grande interesse e con grandi aspettative a questo pontificato, e in particolare alla visita che presto Papa Francesco effettuerà in Terra Santa per fornire anche là nuovi impulsi al dialogo con i nostri “fratelli maggiori”.
*Segretario della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo