Centenario della nascita dell’ebrea agnostica uccisa ad Auschwitz, che dal buio del lager ha infiammato con una testimonianza di inaudita speranza“Pagine mistiche” (Ancora editrice) è il libro dei pensieri di Etty Hillesum, giovane olandese morta a causa della furia nazista e della quale il 15 gennaio si celebra il 100° anniversario della nascita. Le pagine sono tradotte e commentate da Cristiana Dobner e mostrano come la sua esperienza di vita e la tragicità della sua morte continuino a dimostrarsi feconde e sempre nuove per chi venga a conoscerla.
Esther Hillesum, detta Etty, nacque a Middleburg, in Olanda, il 15 gennaio 1914 in una famiglia ebrea. Nel 1941 incontrò Julius Spier, allievo di Carl Gustav Jung e inventore della psicochirologia, scienza che studia la persona analizzandone le mani. La giovane divenne segretaria e allieva di Spier, con il quale nacque un intenso rapporto umano. Nel 1942 Etty iniziò a lavorare nel campo di Westerbork, costruito dagli olandesi nel 1939 per raggruppare rifugiati ebrei, tedeschi o apolidi entrati illegalmente in Olanda, nel dipartimento di aiuto sociale alle persone in transito.
Nel 1943 i genitori di Etty e uno dei suoi fratelli giunsero a Westerbork dopo una retata. Anche Etty entrò poi nel campo, rifiutando la possibilità di salvarsi nascondendosi. La ragazza consegnò a Maria Tuinzing, sua amica, gli undici quaderni del Diario che, alla fine del conflitto, in caso di sua morte, Maria avrebbe dovuto dare allo scrittore Klaas Smelik perché fossero pubblicati. Venne poi deportata con la sua famiglia in Polonia. I genitori morirono nel corso del viaggio o in una camera a gas all’arrivo. Etty morì il 30 novembre.
“Le sfaccettature che la giovane intellettuale olandese presenta sono avvincenti e coinvolgenti”, scrive la Dobner. “Il suo amore per la vita, sotto tutti gli aspetti più semplici e quotidiani; il suo stupore perché un fiore fiorisce su di un tetto; la poesia che percorre tutta la sua esistenza e la fa esplodere in riconoscenza; i suoi amori travagliati che la fanno soffrire ma anche inebriare e crescere; il suo servizio disinteressato a chiunque versi nel bisogno; la passione per la letteratura e la musica. Sono tutte facce iridescenti che si compongono, ma sembrano ora assemblate ora disperse, attraggono e risplendono”.
Tra le tante persone che appaiono nelle pagine del Diario e delle Lettere ne spicca una in particolare: Dio, “sepolto da pietra e sabbia”. “Etty, lottando con le pietre e la sabbia, senza demordere, entra in colloquio con Dio, lo cerca, lo ama, lo rifiuta, lo contesta. Lo rende Persona viva”. “Si lascia sorprendere da Dio, si lascia anche tagliare e, dal carbone grezzo, cominciano ad affiorare le sfaccettature, composte, ordinate e pronte a ricevere e a donare sempre più luce”.
“La mia vita è diventata un dialogo ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande dialogo”, scriveva. “Anche di sera, quando sono coricata nel mio letto e riposo in te, mio Dio, lacrime di riconoscenza mi scorrono sulla faccia e questa è la mia preghiera”.
Il rapporto con Spier portò Etty “a quella passività/attività che è terreno fertile per cambiare genuinamente e dal profondo. Dio, secondo l’insegnamento di Jung, e perciò stesso nella mentalità di Spier, è un archetipo, dove con questo termine si intende e ci si riferisce al 'tipo dell’anima', cioè all’impronta. Dio e anima possono collegarsi, riferirsi. La possibilità di riferimento dell’anima con l’essenza di Dio è una corrispondenza e, in termini psicologici, si esprime come l’archetipo dell’immagine di Dio. Tutta questa dinamica passa per l’Erlebnis, la vicenda vissuta, la conoscenza esperienziale, che Spier offre alla Hillesum perché diventi sua esperienza personale, propria; costituita da innumerevoli esperienze che, nel quotidiano, una volta risvegliatane la capacità, vanno addensandosi l’una all’altra. La velocità del procedere è ignota, mentre è ben chiaro il fine: l’esperienza stessa di Dio”.
“Etty viene condotta da Spier, con piena consapevolezza da parte del terapeuta parrebbe, attraverso la lotta corpo a corpo, a conoscersi, ad entrare in se stessa, ad esplorarsi con occhi nuovi, a liberarsi dalla 'costipazione spirituale' di cui afferma di soffrire”. Per ottenere la guarigione, spiega la stessa Etty, le “bastò poter entrare in contatto con se stessa, scavalcando di slancio il muro spesso della paura”, attraverso “una profonda presa di coscienza. Prendere coscienza, profondamente e lucidamente e, con questo, diventare capace di disporre delle forze profonde che sono in me”.
Nel suo Diario, Etty dichiara infatti di sentire il bisogno di stare sola e di un contatto profondo con se stessa e con Dio. Per la giovane, “Dio sgorga dal di dentro, le si levita dentro e, quanto più ella si radica in se stessa, scendendo in profondità, tanto più Dio si manifesta”.
Con “ingenuità e magnificenza” descrive poi qual è ormai il senso della propria vita: diffondere intorno a sé ciò che lei stessa ha ricevuto. Diventa quindi l'esempio della “generosità del vivere e del ritornare a vivere (ancora più arduo dopo averne toccato con mano la greve e cruda realtà) a Westerbork; rimane il dono di sé portato al suo estremo limite: rifiutare di salvarsi e offrirsi alla condivisione totale più piena e assoluta con i suoi fratelli. In una parola: lo spreco della vita per amore”.