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Emergenza rifiuti: parroci e religiosi in prima linea per l’ambiente

Emergenza rifiuti: preti e suore in prima fila

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia Team - pubblicato il 15/01/14

Tutto questo mentre le istituzioni non funzionano e la malavita si insinua nella gestione della spazzatura

Sono storie di tutti i giorni, e per questo poco raccontate. Ci ha pensato Davide Pelanda, giornalista e scrittore, in due suoi libri – A munnezza, ovvero la globalizzazione dei rifiuti (Sensibili alle Foglie, 2008), e La Chiesa e i rifiuti (Effatà Editrice, 2009)è andato a caccia di testimonianze e di documenti che disegnano un quadro di resistenza, di educazione civile e di incoraggiamento a quella cura del Creato che è concetto portante della Dottrina sociale della Chiesa.

Noi di Aleteia abbiamo intervistato l’autore, che anche attraverso la lettura di alcuni brani dei suoi libri, porta alla luce esempi, anche sorprendenti, di lotta quotidiana.

Come è nata l’idea di questi tuoi libri?

Pelanda: Ero in contatto con padre Zanotelli, che da Korogocho, a Nairobi, era arrivato a Napoli, al rione Sanità. Ho scritto il primo libro con la gentile prefazione del professor Maurizio Pallante, che all’epoca era consulente del Ministero dell’Ambiente. Mi sono soffermato molto su Napoli, ovviamente, perché il libro era del 2008 ed era appena scoppiata la situazione dei rifiuti a Napoli. Padre Zanotelli mi aveva passato del materiale, poi ho raccolto tante testimonianze di parroci e persone di Chiesa. Ho avuto poi occasione di conoscerne altre quando ho avuto l’occasione di andare a Napoli a presentare “A munnezza”, insieme a padre Zanotelli. La sala era piena, con più di 500 persone presenti. In quei due giorni abbiamo fatto lo Spazzatour, cioè ci hanno portato per due giorni a vedere le realtà di Napoli e dintorni sul problema dei rifiuti. E lì ho avuto modo di parlare con alcuni parroci che facevano un lavoro molto bello di educazione alla differenziata.

Quali sono stati gli incontri più significativi?

Pelanda: Io cercavo storie di praticità. Mi interessava, diciamo così, passare dall’ortodossia all’ortoprassi. E allora ho scritto un capitolo che riguarda storie di uomini e donne, nella Chiesa cattolica, che si mobilitano. E qui da Nord a Sud ce ne sono parecchi: abbiamo già detto di padre Zanotelli, ma anche monsignor Raffaele Nogaro, che all’epoca era vescovo di Caserta, che insieme a due o tre missionari si era fatto accompagnare presso la discarica Lo Uttaro e poi l’aveva occupata, sostenendo che bisognava chiuderla perché dietro la gestione di quella e dei rifiuti c’era la malavita. Po c’è la storia di monsignor Crescenzio Sepe a Napoli, che all’epoca si diede da fare nell’incontrare Berlusconi e Napolitano perché si era appena all’inizio della vicenda della discarica di Chiaiano e stava emergendo la storia della cosiddetta Terra dei Fuochi. Poi ho “incontrato” telefonicamente padre Pierangelo Sacramentino, sacerdote veneto della Parrocchia di N.S. di Lourdes, nella diocesi di Caserta, che in prima persona dopo la messa tirava giù uno schermo in Chiesa e faceva la spiegazione, anche grazie a delle slide, di come funziona la raccolta differenziata. E non era l’unico parroco a fare questo: sono stati tanti coloro che hanno preso alla lettera l’incitamento del cardinale di Napoli e di altri cardinali di attivare un’educazione capillare nelle parrocchie. Altri personaggi che ho incontrato sono padre Fernando Carannante, della Diocesi di Pozzuoli, e padre Gaetano Romano, parroco di San Giovanni a Teduccio, nella provincia di Napoli, ed altri. Queste sono tutte storie del Sud, che riguardano le vicende di Napoli.

E per quanto riguarda le donne?

Pelanda: Avevo sentito di una storia molto bella, che aveva a che fare con le suore di clausura, le Serve di Maria di Arco, nella diocesi di Trento, tutte schierate contro un inceneritore. Mi sono incuriosito e le ho contattate. La superiora, suor Anna di Domenico, mi raccontò che quando hanno sentito di comitati che si schieravano contro l’inceneritore, delle problematiche che riguardavano il territorio napoletano, hanno cominciato a fare anche loro una specie di differenziata. Nel 2005 queste suore hanno anche aderito ad un digiuno contro la costruzione del cosiddetto termovalorizzatore da 140.000 tonnellate previsto in riva all’Adige perché, racconta suora Anna nel libro, “c’è sembrato giusto sostenere un mondo più pulito e più vivibile. Qui al convento facciamo la raccolta differenziata e cerchiamo di far sì che anche al di fuori delle nostre mura la percentuale di differenziata sia molto alta. Ci sembra necessario dare un segno per far capire alla gente che vivere in un monastero di clausura non è vivere fuori dal mondo, estraniati dal mondo. Anche se non è prettamente legato al nostro carisma, alla nostra spiritualità, ci siamo sentiti in dovere di aderire ad un problema qual è quello dei rifiuti, che in Italia è sottovalutato, soprattutto perché dobbiamo impegnarci per lasciare un futuro migliore, e per lasciare quello che nel libro della Genesi viene chiamato 'il giardino', cioè l’ambiente, non solo ben curato e ben custodito, ma anche migliore di come l’abbiamo trovato per i posteri”.

Quanto si sono adoperati i sacerdoti del Sud contro la criminalità?

Pelanda: Beh molto, ricordiamo ad esempio quanto padre Zanotelli si sia schierato apertamente contro la gestione dei rifiuti da parte della Camorra. Inoltre, nell’appendice del libro cito un convegno organizzato dalla Chiesa e tenutosi nell’Alta Irpinia nel 2008, dal quale è scaturita una lettera che è stata indirizzata ai sindaci della Baronia e dell’Alta Irpinia proprio sul tema della criminalità. Diversi partecipanti, tra cui il vescovo e i presbiteri locali, sostenevano nella lettera che condividevano le preoccupazioni sull’ambiente e sulla cura del Creato, e si dicevano “tutti d’accordo che l’Irpinia non può diventare vittima di un malgoverno e di una dissennata gestione dell’immondizia, che in questi anni ha prodotto ingenti guadagni per la criminalità e la distribuzione a pioggia di malattie serie e spesso mortali per la nostra popolazione. Siamo coscienti che deve vigere sempre una grande solidarietà tra le popolazioni sorelle della Campania, compresa Napoli, ma non si può però caricare così tanto questa nostra terra. Il vescovo ed il presbiterio vi sono vicini nel sostenere le vostre ragioni in modo che possono arrivare all’orecchio di quanti dovrebbero o stanno per decidere per questo territorio… Le istituzioni si prendano le loro responsabilità, si parlino tra di loro, ed si adoperino per il bene di tutti. Ricordiamo solo che quando le istituzioni tacciono deve essere il popolo a chiedere il rispetto dei propri diritti”. Vorrei anche ricordare, che nell’appendice, tra i documenti, c’è il messaggio dei vescovi della Campania a tutti i fedeli di buona volontà in difesa dell’ambiente, in occasione della Giornata Mondiale della Pace di Benedetto XVI. Questo messaggio parlava chiaramente di una preoccupazione per la crisi dei rifiuti, per il degrado e l’inquinamento della “casa comune”, intesa come ambiente ma anche come istituzioni. E lì si auspicava anche un dialogo tra istituzioni, esperti e cittadini sulle “buone pratiche” da incentivare ed imitare. Queste “buone pratiche” sono certamente state messe in pratica dai parroci sul territorio.

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