Parla così della spiritualità, l’attore impegnato in teatro con Rugantino“Niente è più terrorizzante che cercare di far ridere” dice il clown John Malkovich a Mia Farrow in Ombre e nebbia di Woody Allen. Enrico Brignano ci riesce da oltre vent'anni con la sua comicità vera, genuina, sagace che parla alla quotidianità delle persone.
Fino al 9 febbraio è impegnato al Sistina di Roma con Rugantino, non solo rappresentazione simbolo della romanità ma anche spettacolo all'origine della sua vocazione di fare l'attore invece del tecnico in un'industria meccanica, dopo averlo visto una domenica pomeriggio del 1978 con Montesano e Fabrizi.
In una intervista alla rivista “A Sua Immagine” (11 gennaio) parla della fede e dice che “è la cosa più difficile del mondo da possedere” e che “non si può trasmettere, non la si insegna. Non è tangibile, si basa su sensazioni. E' un'energia che viene da dentro. Ci sono momenti in cui è forte, scaturisce potentemente e spinge a non perdersi d'animo, a credere appunto, non solo in Dio ma anche in se stessi, nella vita, in quello che può riservarci”.
Poi, però, ammette “ci sono le fasi 'calanti', in cui è più difficile trovare quella forza, in cui magari gli avvenimenti la mettono a dura prova. Quindi direi che il mio rapporto con la fede è discontinuo, ma c'è. La mano di Dio la percepisco ogni qual volta mi imbatto nella vita e nella morte: la sento quando guardo un neonato e l'ho sentita tanto quando è venuto a mancare mio padre”.
“La preghiera che mi piace di più – confessa – è quella dedicata all'angelo custode: mi ricorda l'infanzia, quel senso di protezione che mi dava quando, prima di andare a dormire, mi affidavo a questa entità e poi spegnevo la luce. E il buio, nella mia cameretta, pian piano cominciava a non farmi più tanta paura”.