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Ma le tenebre non l’hanno accolto

Bambinello rotto

© DR

Vinonuovo.it - pubblicato il 09/01/14

Un presepe deturpato in un paese. E le riflessioni di chi con il presepe parla ai bambini della scuola dell'infanzia raccontando il mistero dell'attesa e della nascita di Gesù

di Martina Ricca

Ceranova è un piccolo paese di frontiera della provincia pavese, che vive all'ombra della cupola del Duomo di Pavia, ma con lo sguardo rivolto verso la Madonnina di Milano, e soprattutto verso la metropoli e il lavorio incessante che attira molti tra i 2000 abitanti che vivono qui.

Ed è qui che torno, anche io, come i molti che qui vivono avendo però le famiglie lontane, al termine delle festività natalizie: ancora due giorni per riposare, e per celebrare, prima di rituffarsi nell'ordinarietà.

È domenica: recandomi a messa, noto che accanto alla chiesa non c'è più la capanna che accoglieva i personaggi del presepe, realizzati quasi a grandezza naturale da alcuni artigiani di Ceranova. Un'assenza prematura, della quale apprenderò il motivo solo durante l'omelia che richiama l'atto sacrilego: un Bambinello fatto a pezzi, la testa tagliata, e oltremodo oltraggiato, aveva scosso nei giorni precedenti l'intera comunità, e lascia anche me senza parole, con molta rabbia, e con molte domande.

È così, penso, che la tenebrosa Gerusalemme si è manifestata nel presepe di Ceranova, e che senza volerlo, e senza nemmeno saperlo, i vandali si sono resi attori di questa rappresentazione, anticipando il gesto distruttore dei soldati di Erode. È così, che la verità di Dio che si fa Bambino si rende totalmente disponibile alla libertà dell'uomo, all'adorazione come all'oltraggio.

Ciò che non smette di inquietarmi, è l'impossiblità di misurare il vuoto della libertà di coloro che per sentirsi pieni, soddisfatti, vivi, hanno oltrepassato l'irrisione di una sigaretta collocata tra le dita di san Giuseppe, per arrivare, in pochi giorni, a devastare ciò che nel Bambino si manifesta, testimoniandone la completa non-accoglienza, oltre, probabilmente, all'incapacità di accogliere.

È a questo punto che l'inquetudine si fa domanda, per me e per ogni insegnante di religione che si inserisce, con il suo lavoro, proprio nello spazio che il mistero di un Dio che si fa uomo sceglie di lasciare tra la verità e la libertà: uno spazio da percorrere con fede ed amore, ma non per insegnare a credere o ad amare la verità, quanto per insegnare alla libertà a vedere e a cercare, ad entrare in dialogo con chi la interpella.

Raccontando l'attesa, raccontando la nascita di Gesù, ho fatto fare ai miei piccoli alunni un'esperienza di accoglienza? Fare esperienza è per i bambini della scuola dell'infanzia il volto dell'imparare, il modo in cui ogni cosa lascia nella loro vita un'impressione indelebile. Nel contesto in cui insegno – quell'ombelico del mondo che è ormai il comune di Rozzano, alle porte di Milano – raccontare, componendo il presepe, l'attesa e la gioia di una nascita, significa prima di tutto ripercorrere una storia personale, quella del proprio venire al mondo. È quando ciascuno dei piccoli alunni si fa protagonista, immedesimandosi nelle storie dei tanti personaggi che incontrano nel racconto, che il simbolo si fa vivo, diventando luogo di accoglienza data e ricevuta, ma anche di incomprensione o di rifiuto, e quindi occasione di slancio, e più in là, di scelta. Sono convinta che, nonostante siano sempre meno i bambini che in famiglia predispongono il presepe aspettando il Natale (anzi, forse proprio per questo) non si debba abbandonare ciò che permise a Francesco, secoli fa, di raccontare in modo semplice e coinvolgente il mistero dell'Incarnazione, perché semplicità e coinvolgimento sono ancora oggi le cifre di questo linguaggio fatto di muschio, casette e statuine.

Mi chiedo se chi ha provato gusto nel deturpare il Bambino, abbia mai realmente giocato con il presepe, proprio come si fa con le bambole, narrando e narrandosi una storia, che deve essere raccontata, non perché debba essere necessariamente creduta, ma perché presenta una verità che è di Dio, ma anche dell'uomo, e aiuta la nostra mano a fermarsi prima di compiere gesti abominevoli.

Articolo pubblicato su Blog Vino Nuovo

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