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Se Dio è onnipresente, perché diciamo che all’inferno non c’è?

Carta dell’inferno dantesco

© DR

Novena.it - pubblicato il 08/01/14

Il teologo risponde sul significato filosofico e figurato della questione

La nostra Dottrina afferma che nell’Inferno vi è assenza assoluta di Dio. Ma se Dio è tutto ed è onnipresente, come è possibile che in quella realtà non vi sia la Sua presenza?

Gian Gabriele Benedetti

Risponde padre Athos Turchi, docente di filosofia alla Facoltà teologica dell'Italia Centrale.

Quando dobbiamo spiegare i dati di fede non sempre è possibile farlo con parole e con concetti esatti, ma in generale dobbiamo utilizzare alla meglio e come si può categorie mentali comuni.

Perciò diciamo che Dio è in ogni luogo perché tutto ciò che esiste «partecipa» del suo essere, in quanto essendo Lui l’unico, autentico e vero essere, ogni altra cosa può esistere solo grazie a un suo atto creativo. Ma ciò non vuol dire che noi siamo ritagliati sul suo essere o usiamo la stessa «pasta» di essere che caratterizza Dio. Noi siamo un essere diverso, al punto che diciamo: fatti ex nihilo, dal nulla.

Si pensi a quanto diciamo nel credo. Del Figlio di Dio le parole sono: «generato, non creato», per sottolineare che il Figlio è dello stesso essere di Dio, è Dio. Invece ogni altra cosa è creata, ossia prodotta con un essere diverso da quello di Dio. E questo nonostante si dica che si partecipi del suo essere, perché l’atto creativo è un atto divino. Ma Dio non occupa spazio, e non è più lì che non sia più o meno di là. Il sole illumina tutte le cose, ma non è che il sole sia più lontano dalla spiaggia che non dalla cima della montagna solo perché è più alta. Il sole è tale ed è diverso dalla spiaggia e dalla montagna, anche se le illumina. Così ogni creatura rispetto a Dio: Dio mantiene nell’essere ogni cosa, ma è diverso, è un’altra cosa, che non c’entra niente con vicino o lantano, alto o basso, buono o cattivo, vero o falso. È Lui la fonte dell’esistenza, ma rispetto a ogni creatura è semplicemente diverso, sebbene si possa dire, come afferma s.Agostino, che è più intimo Lui che noi stessi a noi. Ancora in altri termini, la causa della caduta della mela dall’albero è la "forza della gravità" la quale è presente nell’albero e nella mela, ma non possiamo dire che la mela è la gravità.

L’inferno, poi, non è una località di zolfi e acidi fumanti, non è un luogo dove le anime dannate vanno a spiaggiarsi e lì ad essere torturate e straziate da orde di demoni armati di lanciafiamme e mazze chiodate. Queste cose si dicono per rendere l’idea della drammaticità che deriva all’anima dalla lontananza da Dio, e perché noi esseri umani abbiamo bisogno più di immaginare che di ragionare. Ma ovviamente le cose non stanno così.

L’inferno è uno stato dell’anima, è uno stato dell’essere umano quando decide di fare il male, l’essere «proibito». Non esiste l’inferno come luogo, ma è l’anima quando entra nel peccato, quando l’uomo decide di percorrere la via del male. L’inferno non è più dopo la morte che non prima, l’anima entra nell’inferno ogni qual volta opera il male, che è esistere in forma contraria all’essere di Dio. L’inferno è l’anima stessa nel peccato. In questa vita c’è la possibilità di essere salvati e redenti, dopo la morte sembra che questa possibilità qui non ci sia più e l’anima «entra» nell’inferno, ossia nella dannazione eterna, che è la piena coscienza di non poter mai più comunicare con Dio. E siccome nell’anima sorge un desiderio grandissimo, assoluto e bramoso di Dio, è questo desiderio che brucia l’anima, la tormenta, la consuma come fiamma.

Il tormento dunque è l’assenza di Dio. Fanno ridere le frustate e le sbruciacchiature dei demoni a confronto della sete che l’anima ha di Dio e non trova come mitigarla. Si pensi a un innamorato perso per l’amata: ciò che lo tormenta è l’assenza dell’amata e sarebbe disposto a ogni sevizia pur di riabbracciarla. Così l’inferno è dentro l’anima bramosa di Dio, ma dove Dio è assente. Che cosa scaccia Dio dall’anima? La sua scelta per il male, per quell’essere o esistenza proibita, cioè diversa da Dio e che Dio stesso non può fare, appunto perché è male. Dio lì nel male non c’è, ma c’è solo l’uomo colla sua volontà di portare in essere ciò che è proibito e contrario a Dio. Ricordiamo Genesi: quando l’uomo e la donna peccarono Dio non c’era. Dice Genesi che Dio andava a trovarli ogni giorno, ma durante il peccato e subito dopo Dio non c’era. Proprio per sottolineare che Dio abita l’essere che è contrario all’esistenza dove è presente il male. Qui l’uomo vi può andare, ma Dio no. Perciò quando l’anima entra nello spazio del male, o fa il male, Dio lì non la segue, e quello è l’inferno. Speriamo che non ci sia nessuno, ma di principio dobbiamo affermare, per rispetto della grandezza dell’uomo, che se l’uomo vuole può di rifiutare Dio, e Dio è capace di fare i salti mortali per salvarlo, ma sembra che tale «diritto» di scegliere quello che vuole, anche il rifiuto, Dio all’uomo non lo toglie. Ecco dunque l’inferno: la scelta dell’uomo di rifiutare Dio. Ma la conseguenza che ne deriva è drammatica, perché nell’uomo sorgerà un gran desiderio di Dio che non verrà più eliminato e brucerà per l’eternità l’anima dannata. Con buona pace dei demoni che possono riposarsi, perché, a bruciarsi, l’anima ci pensa da sé.

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