In un libretto del 1970 parlava della tentazione di sentirci «come cattolici normali istintivamente dalla parte dell’ordine»
Sarà la crisi economica, che contrae le spese "culturali", o magari semplicemente la minor propensione attuale alla lettura, ma molti avranno notato la tendenza degli editori a pubblicare librettini di formato e numero di pagine molto ridotto, praticamente il testo di un lungo articolo e di una conferenza. Anche le case cattoliche sono ben piazzate in tale consuetudine, che ha peraltro i suoi vantaggi: tra l'altro rivalutare così alcune piccole "perle" sparse, frammenti anche di grandi autori, che altrimenti andrebbero dimenticati o dispersi in qualche antologia.
Recentemente ho avuto occasione di apprezzare uno di tali quadernetti, pubblicato da Edb e rispondente a un grande nome della teologia del Novecento, quello del gesuita Karl Rahner; titolo: "Libertà e manipolazione". Si tratta di un saggetto del 1970 e dunque risente del clima libertario e anche anarchico di quegli anni di gran fermento; il procedere del ragionamento molto intellettuale è certo un po' nebuloso per i profani, fors'anche a causa della traduzione dal tedesco, tuttavia reca passaggi così illuminanti ed attuali anche per quanto riguarda la Chiesa che ho ritenuto di proporli qui, per stuzzicare la lettura completa e qualche riflessione.
La premessa di Rahner è che la libertà religiosa non può essere staccata da quella civile: non è del tutto vero – per esempio – che si può essere "liberi dentro" anche se si è in catene fuori; "La libertà creaturale (teologica) ha necessariamente bisogno di un margine di libertà anche nella società… Anche una libertà civile ha una rilevanza teologica diretta sulla libertà che il cristianesimo annuncia come liberazione mediante la grazia". In altre rivoluzionarie parole: "La libertà civile è parte fondamentale dell'annuncio cristiano".
Ne consegue che la Chiesa deve essere sempre per una maggiore libertà anche umana, sociale, civile, ovvero contro ogni tipo di manipolazione. Oggi può sembrare un'idea scontata (anche se, per la verità…), ma di certo non sempre è stato così nella storia: quante volte si sono giustificate tante prevaricazioni di fatto, in nome di una libertà vista solo nel suo versante "spirituale"? Per dirla in modo sistematico con Rahner: "Il cristiano deve lavorare e lottare per il continuo mutamento del rapporto tra libertà e manipolazione nella società, perché questo impegno è la via necessaria per comunicare la sua speranza escatologica, se non si vuole che sia una pura e semplice ideologia… La Chiesa deve essere un'istanza critico-sociale di libertà nelle società profane… (e invece) come cattolici normali dobbiamo confessare di sentirci, in forza di un istinto storicamente condizionato e discutibile, dalla parte dell'ordine, della tradizione, della legge, dell'ufficio, dell'istituzionale, e di avvertire subito ciò che nella Chiesa viene chiamato libertà come qualcosa di minaccioso".
Qui il teologo tedesco picchia sodo: "Nella Chiesa esiste la manipolazione… Anche una manipolazione peccaminosa… È noto che coloro che detengono il potere, anche nella Chiesa, trovano molto più facile mimetizzare (la manipolazione) con un'apparente tolleranza, pazienza, gentilezza, ecc, tutte cose che possono essere utilizzate per giustificare il possesso di illegittime pretese di dominio… (Inoltre) è del tutto possibile che esistano delle leggi della Chiesa, considerate come prassi normale di governo, e dei metodi pastorali comuni che sono peccaminosi… (All'inverso) l'esercizio della libertà non è legittimo soltanto quando è avallato positivamente in maniera ufficiale e istituzionale".
Rahner applica questi principi ad alcune situazioni tipiche del post-Concilio; ma noi possiamo tranquillamente fare lo stesso per i nostri tempi. E forse per qualcuno la conclusione sarà la stessa mia: questi intellettuali tedeschi! A volte sono così rigorosi che riescono persino ad entusiasmare…