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Papa Francesco in Terra Santa per un “pellegrinaggio di preghiera”

Pope Francis leads the Epiphany mass in St. Peter’s Basilica – it

AFP PHOTO / VINCENZO PINTO

CITE DU VATICAN, Vatican City : Pope Francis leads the Epiphany mass in St. Peter's Basilica, in Vatican, on January 6, 2014. AFP PHOTO / VINCENZO PINTO

Roberta Sciamplicotti - Aleteia Team - pubblicato il 07/01/14

Il pontefice annuncia una visita di tre giorni sulle orme di Paolo VI, che visitò la regione 50 anni fa

Francesco come Paolo VI: il pontefice ripercorrerà i passi del suo predecessore visitando la Terra Santa come questi fece nel 1964. Il viaggio durerà tre giorni come allora, e si svolgerà dal 24 al 26 maggio, ha annunciato il papa nell'Angelus di domenica 5 gennaio.

Lo “scopo principale” di questo suo “pellegrinaggio di preghiera”, ha spiegato Francesco, è quello di “commemorare lo storico incontro tra il papa Paolo VI e il patriarca Atenagora”. Tre le tappe del viaggio: Amman, Betlemme e Gerusalemme. Presso il Santo Sepolcro verrà celebrato un incontro ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.

La Chiesa della Terra Santa ha accolto l'annuncio con “grande gioia e soddisfazione”, nelle parole del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, per il quale si tratterà sicuramente di una visita di preghiera anche se “una dimensione un po’ sociale e politica è innegabile soprattutto per quel che riguarda la riflessione sul Medio Oriente e sulla vita delle comunità ecclesiali locali” (Agenzia Sir, 6 gennaio). “Speriamo anche che dopo 65 anni di violenza e di occupazione, israeliani e palestinesi possano trovare vie di giustizia e vivere in pace”.

Per monsignor Twal, “la presenza del papa, la profondità delle sue parole e l’impatto mondiale che avrà la visita” “potranno smuovere le coscienze”. “Saranno tre giorni in cui risuonerà forte e alto l’appello alla pace e al dialogo”. Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen ha del resto affermato, incontrando il pontefice in Vaticano il 17 ottobre, che spera “di firmare l'accordo di pace con Israele” con la penna regalatagli da papa Bergoglio, venendo incoraggiato da quest'ultimo a fare “presto” (La Stampa, 6 gennaio).

L'incontro ecumenico sarà “un momento fondamentale del pellegrinaggio”, ha sottolineato monsignor Twal. “I cristiani di Terra Santa non possono permettersi il lusso di essere divisi, separati. È uno scandalo. Siamo così pochi che non è possibile. È tempo di avere nella testa e nel cuore la chiamata all’unità del Signore. L’unità non è solo un’esigenza sociale e politica, ma preminentemente religiosa” (Agenzia Sir, 6 gennaio).

L'appuntamento nella Basilica del Santo Sepolcro diventa quindi particolarmente significativo, soprattutto se si pensa che “proprio quel luogo, il luogo più santo e venerato per i cristiani dove si trova la tomba vuota del Nazareno, è al tempo stesso la testimonianza visiva delle divisioni che attraversano la cristianità, teatro di scontri e zuffe talvolta anche violente, tra le diverse comunità” (La Stampa, 6 gennaio). Sarà dunque un segno importante in un Medio Oriente in cui i cristiani, come ha ricordato di recente il papa, vivono situazioni difficili ed è all’ordine del giorno quell’“ecumenismo del sangue” che unisce nel martirio i cristiani di diverse confessioni.

“In alcuni paesi ammazzano i cristiani perché portano una croce o hanno una Bibbia, e prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi”, ha affermato il pontefice. “Il sangue è mischiato. Per coloro che uccidono, siamo cristiani”. Uniti dunque nel sacrificio, ma non ancora in un’unica Chiesa (l'Unità, 6 gennaio).

È stato proprio Bartolomeo I – che ha voluto essere presente all’insediamento di Francesco nel marzo dell’anno scorso e ha alloggiato con lui nella Casa Santa Marta – ad aver rivolto al papa nei primi giorni del suo pontificato l'invito a rinnovare insieme, mezzo secolo dopo, lo storico abbraccio avvenuto tra Paolo VI e Atenagora. Tra i due c’è “una buona intesa, apprezzando Bartolomeo il fatto che Francesco si presenti come 'vescovo di Roma' – ci vede un passo verso la 'ecclesiologia di comunione' cara alle Chiese Ortodosse – e desiderando il Papa che il dialogo con l’Ortodossia porti a frutti concreti in tempi ragionevoli” (Corriere della Sera, 6 gennaio).

Proprio perché l'obiettivo del viaggio è “pacificare le confessioni cristiane che ancora si contendono il controllo dei luoghi sacri”, non sono previste né una visita al museo dell’Olocausto né celebrazioni bipartisan israelo-palestinesi, bensì “il rilancio potente dell’ecumenismo e la riproposizione dell’emergenza Siria” (la Repubblica, 6 gennaio). Ad Amman, il papa cenerà con i profughi siriani. “Anche se non è stato possibile inserire una tappa a Damasco (si dice che Francesco l’avrebbe desiderata), il centro delle preoccupazioni papali resta lì, nel cuore del Medio Oriente in fiamme e che soffre per persecuzioni e divisioni religiose insieme”.

Quello in Terra Santa sarà il secondo viaggio di papa Francesco all'estero dopo la visita in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù e la quarta visita di un pontefice in Terra Santa, dopo quelle di Paolo VI nel 1964, di Giovanni Paolo II nel 2000 e di Benedetto XVI nel 2009.

Dallo storico incontro tra Paolo VI e Atenagora, con cui “l'ecumenismo diventava popolare, nonostante le resistenze da ambedue le parti” e al quale seguì l'anno successivo la revoca delle scomuniche reciproche risalenti al 1054, “si è molto avanzato dal punto di vista del dialogo teologico e dei rapporti quotidiani” tra cattolici e ortodossi. “I cristiani, pur ancora divisi, si sentono ormai parte di una stessa grande comunità”, anche se “resta una frattura insanata, come si vede dal fatto che l’Eucarestia non viene celebrata insieme”. Il punto focale è “se non si debba valorizzare il tanto che unisce i cristiani piuttosto quanto ancora li divide”, soprattutto di fronte alle sfide del mondo globalizzato (Corriere della Sera, 5 gennaio).

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