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A Natale ancora più vicini ai cristiani che soffrono

Christians in Turkey – it

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Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 26/12/13

La preghiera di Papa Francesco: pace per il Medioriente e per le aree di crisi nel mondo

Non erano i cristiani il bersaglio dell'attentato che ha sconvolto la capitale irachena il giorno di Natale provocando oltre 40 morti e decine di feriti: mons. Shlemon Warduni, il vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, ha smentito questa versione diffusa dai mass media invitando a non seminare il panico con affermazioni non verificate. Resta tuttavia la preoccupazione per la situazione dei cristiani in Medio Oriente e altre aree del mondo, come ha ricordato anche Papa Francesco nel messaggio Urbi et orbi di Natale.

Le notizie diffuse da Baghdad nell'imminenza dell'evento parlavano di un attentato vicino a una chiesa e questo ha portato forse alla frettolosa conclusione – data la coincidenza con la festività del Natale – che vi fossero coinvolti dei cristiani. Decisa la smentita di mons. Warduni che ha ricordato come gli attentati in Iraq si susseguano numerosi e anche se questo ha riguardato una macchina fatta esplodere al mercato, vicino al quale c'è una chiesa “io non dico che è contro i cristiani o contro il Natale! E’ avvenuto nel giorno di Natale, ma non perché è Natale” (Radio Vaticana 25 dicembre). Severo il giudizio del vescovo ausiliare di Baghdad sull'attività dei media: “Queste notizie danno alla gente un’impressione non buona ed è a questo che i mass media devono fare attenzione!”. Occorre anche inquadrare esattamente la situazione dei cristiani in Iraq e nel contesto dell'intera area mediorientale: “la situazione dei cristiani in Iraq è uguale a quella di tutto il Paese di tutti gli abitanti – ha aggiunto Warduni nell'intervista a Radio vaticana -. Solo perché il nostro numero è piccolo, qualche volta, si sente che i cristiani stanno male. Basta! Non dobbiamo parlare così: dobbiamo essere anche giusti nei nostri giudizi. Perché emigrano i cristiani? Perché sono perseguitati? Non è vero, questo. L’emigrazione non è solo per i cristiani: anche per gli altri, anche i musulmani emigrano. Perciò noi preghiamo perché venga la pace: è questo che manca, a tutti noi iracheni, e non solo a noi: a tutto il Medio Oriente!”.

“In Terra Santa – gli ha fatto eco nell'omelia del giorno di Natale il patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal (sito web del Patriarcato) – viviamo un conflitto che non sembra trovare una soluzione a breve termine e che pesa fortemente su tutti i suoi abitanti, compresi i cristiani. Questa dolorosa realtà solleva molte domande sul nostro futuro in questo paese, ed è fonte di profonda preoccupazione. Abbiamo bisogno della risposta della fede. La risposta non è né l’emigrazione né il chiuderci in noi stessi. La risposta è rimanere qui e vivere e morire qui. La nostra terra è santa e in quanto tale deve avere da noi una risposta di fedeltà perché la nostra permanenza in questa terra è una vocazione divina, una benedizione, un privilegio. La fiamma della fede brillerà come la stella dei Magi per indicarci il cammino”.

Il Medioriente è sempre nel pensiero di Papa Francesco come ha confermato ai microfoni di Radio Vaticana (24 dicembre) anche il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che ha incontrato il pontefice alla Vigilia di Natale. Bergoglio ha espresso preoccupazione per “tutte quelle zone dove c’è tanta sofferenza, guerra, terrorismo, gente isolata, che soffre, gente bombardata” e come già nell'appello per la pace in Siria dello scorso 7 settembre il suo messaggio a tutti è quello di “sentirsi tutti responsabili del proprio Paese e non pensare che la distruzione, la violenza, la guerra e la morte porteranno soluzioni, ma la fraternità, così come Gesù ci ha insegnato, quel Gesù che noi adoriamo nel presepe di Natale”.

La comunità cristiana in Medioriente e nelle chiese orientali non è però solo una minoranza minacciata e a rischio ma una chiesa viva, proiettata nel futuro: “Proprio il fatto che le Chiese Orientali, molte di esse, siano sotto il vessillo della croce concreta – ha sottolineato Sandri – , ci dà la testimonianza più grande di quello che ha detto Gesù: “Quando sarete perseguitati, disprezzati dagli altri, è lì che sarete miei discepoli”. Quindi questa è una speranza che sorge da quella antichissima convinzione che il sangue dei cristiani porterà una crescita, certo in mezzo a tante difficoltà” (Radio vaticana 24 dicembre). La comunità cristiana diventa anche il segno visibile di una tensione che deve essere di tutta la Chiesa: “L’altra sfida è l’ecumenismo – ha aggiunto il prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali -, perché il martirio non è solo dei nostri cattolici, ma anche degli ortodossi, dei protestanti: vediamo realizzato l’Ut unum sint già nel martirio dei nostri fratelli. La speranza, quindi, c’è sempre. La vita religiosa poi – per esempio in India – la vita sacerdotale è piena d’impeto apostolico e sono cose che veramente danno quella speranza, che è fondata nello Spirito Santo, che è una forza travolgente, nonostante noi stessi”.

Contro ogni conflitto è violenza si è levata alta la voce di Papa Francesco nella sua prima benedizione Urbi et Orbi dalla loggia della basilica di S. Pietro: “La pace è un impegno di tutti i giorni, che si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia che ci ha dato in Gesù Cristo. Guardando il Bambino nel presepe, pensiamo ai bambini che sono le vittime più fragili delle guerre, ma pensiamo anche agli anziani, alle donne maltrattate, ai malati… Le guerre spezzano e feriscono tante vite!". Il Papa ha quindi invocato pace in maniera esplicita su alcune aree di crisi del mondo (Il Sismografo 26 dicembre), ad iniziare dalla Siria quasi dimenticata dalle agende dei mass-media, alla Repubblicana Centrafricana (“pace anche in quella terra, dilaniata da una spirale di violenza e di miseria, dove tante persone sono senza casa, acqua e cibo, senza il minimo per vivere”), al Sud Sudan ("Favorisci la concordia nel Sud-Sudan, dove le tensioni attuali hanno già provocato diverse vittime e minacciano la pacifica convivenza di quel giovane Stato"), Nigeria ("Guarda alla Nigeria, lacerata da continui attacchi che non risparmiano gli innocenti e gli indifesi"). Bergoglio ha quindi ricordato la Terra santa tutta ("Benedici la Terra che hai scelto per venire nel mondo e fa’ giungere a felice esito i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi), l'Iraq (“Sana le piaghe dell’amato Iraq, colpito ancora da frequenti attentati”), la Repubblica Democratica del Congo – Corno d'Africa (“Dona speranza e conforto ai profughi e ai rifugiati, specialmente nel Corno d’Africa e nell’est della Repubblica Democratica del Congo” e come simbolo della tragedia dell'immigrazione, l'isola di Lampedusa: “Fa’ che i migranti in cerca di una vita dignitosa trovino accoglienza e aiuto. Tragedie come quelle a cui abbiamo assistito quest’anno, con i numerosi morti a Lampedusa, non accadano mai più!”.

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