Il caso dell’uomo evaso dal carcere di Genova durante una licenza premio rischia di compromettere il faticoso cammino verso un sistema punitivo più moderno
L’effetto mediatico, non c’è dubbio, è stato eclatante. Notiziari della sera e prime pagine della mattina hanno dedicato ampio spazio all’evasione di Bartolomeo Garigliano, detenuto per rapina, che non è rientrato nel carcere di Marassi a Genova allo scadere di un permesso premio concessogli per visitare la madre. In realtà, l’aspetto più sconvolgente di questo episodio non è stata la fuga in sé, quanto le dichiarazioni rilasciate dal direttore dell’istituto penitenziario che ha affermato di non avere avuto informazioni sul passato di Garigliano, uomo che negli anni Ottanta ha ucciso serialmente, che al tempo fu giudicato “totalmente infermo di mente” e che da allora e prima di questa era evaso già cinque volte da vari istituti di pena.
Questo fatto, increscioso per il già malandato sistema giudiziario italiano, fa emergere alcuni interrogativi e diverse perplessità che Aleteia intende approfondire, grazie soprattutto al contributo del prof. Pasquale Bronzo, docente alla LUISS e ricercatore di Diritto Processuale Penale presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma, e a Valentina Calderone, direttrice dell’Associazione “A Buon Diritto”, che si occupa tra le altre cose di questioni legate agli abusi commessi in situazioni di privazione della libertà.
Da quello che ha letto, che idea si è fatto di quanto è successo a Genova?
Bronzo: Dalle cose che ho letto, è appunto un caso singolo. Nel senso che la percentuale delle evasioni, cioè dei non ritorni, nei permessi premio è bassissima, siamo intorno allo 0,2%. Quindi è ovvio che quando il mancato ritorno, e quindi il fallimento di questa scommessa che sono i permessi premio, riguarda una persona particolarmente pericolosa, il fatto fa notizia. Eppure è poco rilevante, rientra in quello 0,2%. Il caso particolare di quest’evento riguarda non l’evasione, ma il fatto che si tratti di una persona che ha una storia criminale lunga. Però neanche questo è del tutto strano, perché non ci sono preclusioni assolute ai permessi premio se non per alcune categorie di delitti e di condannati, e lui non è fra quelli. Non possono godere di permessi premio gli affiliati di mafia o gli organizzatori di un traffico di droga. Per altre categorie di persone pericolose ci sono restrizioni ai permessi premio, ma non preclusioni. Quello che fa notizia sui giornali è la dichiarazione del direttore del carcere, che sosteneva che per lui fosse un rapinatore.