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Lasciare che i giochi siano solo giochi

Barbie e Ken

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Aleteia Team - pubblicato il 20/12/13

Scicchitano: “ciò che va evitato è la forzatura, il cercare di piegare il dato di realtà ad esigenze ideologiche”

Nella caccia affannosa al regalo giusto di Natale per ciascun destinatario, c’è almeno qualche certezza riguardo ai più piccoli: bambole per le bambine e trenini per i maschietti. O no? Alcune associazioni (per esempio “Let toys be Toys”, Lasciate che i giochi siano solo giochi) fanno pressione sulla grande distribuzione per giochi “neutrali” dal punto di vista del genere. Ma i giocattoli sono in grado di veicolare stereotipi sessisti tra maschi e femmine così da fomentare “discriminazioni di genere”? Aleteia ha passato “la palla” allo psicologo e psicoterapeuta Marco Scicchitano, autore insieme a Tonino Cantelmi di “Educare al femminile e al maschile” (Ed. Paoline).

Cosa è maschile e femminile? quanto c’è di innato o di indotto dall’educazione?

Scicchitano: Rispetto allo stabilire quanto ci sia di innato o indirizzato dall’educazione, è molto importante stare ai fatti. I dati semplici e riscontrabili da chiunque sono che i sessi sono due: maschile e femminile. Già intorno al secondo mese il bambino nella pancia della mamma vive percorsi di crescita e sviluppo neurofisiologico differenti in base al sesso. Nei maschi avviene un cambiamento radicale della struttura cerebrale mediante sostanze chimiche come il testosterone e un ormone detto MIS (sostanza di inibizione mulleriana). Tali mutamenti favoriscono la crescita e “mascolinizzazione” dei circuiti neurologici deputati al comportamento sessuale, al comportamento esplorativo ai movimenti muscolari per gli scontri fisici. Questo dato ci mostra come esista incontrovertibilmente una differenza preordinata a qualsiasi possibile influenza sociale o ambientale. Evidentemente nel corso dello sviluppo le interazioni ambientali assumono una importanza cruciale ed estremamente significativa ed un punto fondamentale da ricordare è che le variabilità individuali sono elevatissime all’interno di un insieme di persone, per cui non abbiamo nessun problema a riconoscere che ci possono essere maschi poco attratti dal sesso, caratterialmente miti e non aggressivi, così come donne competitive ed esplorative. La persona umana è sempre talmente ricca e profonda che deve essere riconosciuta anzitutto come individuo con risorse e caratteristiche proprie ed uniche. Tuttavia, essendoci delle costanti riconoscibili, documentate che caratterizzano il maschile e il femminile, è utile stabilire quali sono e come possono essere valorizzate. L’educazione ha un valore essenziale in questo processo e, secondo il nostro avviso, dovrebbe affermare che l’uguaglianza tra i sessi è possibile, anzi, auspicabile, all’interno di una concezione antropologica che affermi, apprezzi e valorizzi la differenza.

Regalare bambole o trenini è un modo per orientare all’essere maschio o femmina?

Scicchitano: Sicuramente no. Maschi e femmine si è, non ci si orienta ad esserlo perché non si arriva ad esserlo: è come spiegavo prima, un punto di partenza. Si può esserlo in molti modi differenti, eterogenei e diversificati tra loro, ma sempre rimanendo o maschi o femmine. Il sesso è dato. Quello che è possibile orientare o condizionare in qualche modo è il genere. Per genere si intende indicare tutto ciò che è sovrapponibile al biologicamente dato, quindi l’esperienza psicologica, relazionale e culturale. Attraverso i regali, che sono una manifestazione concreta dell’affetto, è chiaramente possibile operare un “condizionamento”. La psicologia comportamentista chiama questo processo come “rinforzo positivo” intendendo descrivere l’attività di gratificazione e soddisfazione che si fa provare ad un soggetto in relazione ad un comportamento che si vuole in qualche modo premiare e rendere più stabile, duraturo e costitutivo. Vari aspetti e dimensioni della persona sono implicati nella definizione dell’identità di genere, come ad esempio personalità, carattere, inclinazioni e passioni, il modo di concepirsi ed emozionarsi, il ruolo che si aspetta di avere nelle relazioni. Tutti questi aspetti sono sensibili al rinforzo positivo rappresentato da un regalo. Esistono però inclinazioni e preferenze precedenti a qualsiasi condizionamento che sono state riscontrate già ad otto settimane dal concepimento. Questi studi hanno analizzato l’impatto che l’esposizione agli ormoni quali il testosterone ha sul cervello neonatale, mostrando che quando le cellule delle varie zone del cervello maschile vengono stimolate si attivano geni che daranno luogo allo sviluppo delle aree cerebrali implicate nell’impulso di individuare ed inseguire oggetti in movimento, colpire bersagli, mettere alla prova la propria forza e giocare a combattere nemici immaginari. Regalare ad un bambino che ha queste inclinazioni una pistola d’acqua o una palla con cui giocare non vuol dire forzare e direzionare in modo coercitivo e “illiberale” la sua natura, ma semplicemente assecondare e venire incontro a modi di giocare e divertirsi che gli vengono spontanei ed innati.

Ci può fare un esempio?

Scicchitano: Nel libro scritto insieme al prof. Cantelmi, citiamo un esempio in cui un padre, a sua insaputa, ha cercato di falsificare questa assunzione. Inutilmente. In una mattina fredda e uggiosa, Isabella, particolarmente assonnata e stanca, non aveva alcuna intenzione di andare a scuola, e manifestava il suo diniego con una sorta di reticenza e ostruzionismo passivo che logorava il papà già di prima mattina. Tuttavia il papà non era totalmente nuovo e impreparato a queste «giornate no» e aveva già imparato una tecnica fondamentale: al di là dell’importanza di trasmettere il senso del dovere e della responsabilità, se vuoi che un bambino ti segua, devi attrarre la sua curiosità e stimolare la sua naturale propensione al gioco. Così recuperando le sue personali esperienze di gioco, propose alla piccola di andare con la bici, spiegandole che avrebbero fatto finta di essere guerrieri con archi e frecce. Avrebbero dovuto superare ostacoli, combattere contro i nemici, evitarli, correre ed inseguire. La cosa parve funzionare, ma solo dal letto fino al parcheggio della bici, dove nuovamente Isabella aveva cominciato a fare resistenza passiva. Il padre aveva avuto allora un’illuminazione: «La bici ha freddo!» Anzi no. «Il cavallo-bici ha freddo! Poverino… e si sente solo a stare li ad aspettare tutta la notte», «vedi Isabella?» Immediatamente i lineamenti della bimba avevano cominciato a distendersi improvvisamente e lo sguardo era divenuto un po’ complice con il padre, e un po’ preoccupato per il povero cavallo-bici infreddolito e triste. E così, nel nuovo gioco, la bici che prima era solo un mezzo di trasporto tutta salti e velocità, si riempiva istantaneamente di contenuti emotivi e relazionali. Allora Isabella, gli si era avvicinata sussurrando: «Povero cavallo-bici, adesso ti do la colazione calda calda eh?». E i problemi di accompagnamento a scuola, ci racconta il padre, finirono per un bel po’ di tempo. Evidentemente non si tratta di condizionamento sociale, il padre aveva provato in un primo momento a fare “giochi da maschi”, ma aveva desistito vedendo il disinteresse della figlia e cercando di cambiare strategia motivazionale ha centrato un punto fondamentale e vincente: l’interesse per gli aspetti relazionali e gli atteggiamenti di cura. Ci sono studi che dimostrano come le bambine facciano “a turno” durante i giochi venti volte più dei maschi, che
si intrattengano volentieri con giochi di simulazione riguardanti rapporti di cura e protezione.

Proporre gli stessi giocattoli a tutti i bambini, maschi e femmine, è un modo di veicolare la teoria del gender e del sesso che "si sceglie"?

Sciacchitano: Non necessariamente. Il giocattolo spesso diviene uno strumento nella fervida mente del bambino, che sa utilizzarlo secondo il modo che gli viene più congeniale e interessante. L’esempio di “cavallo-bici” è un chiaro esempio di questo procedimento, nel quale un oggetto tipicamente deputato al movimento e ad essere un mezzo di trasporto era diventato per la bambina qualcuno di cui prendersi cura e di cui interessarsi. Similmente la Brinzendine nel suo libro sul cervello delle donne cita il caso di una sua collega che aveva sorpreso la figlia in atteggiamenti materni e rassicurativi “non preoccuparti, andrà tutto bene” a giocare con l’ultimo regalo fattole, il camioncino dei pompieri avvolto in una copertina e coccolato amorosamente. Ciò che va evitato è la forzatura, il cercare di piegare il dato di realtà ad esigenze ideologiche. Non ascoltare e non vedere il proprio bambino per chi è e per ciò che gli piace è una grave responsabilità. Spesso i giochi infantili rappresentano quelle che sono inclinazioni e primi passi nel mondo, timidi e ancora insicuri modi di entrarci in rapporto. Il bambino deve trovare una collocazione all’interno del suo ambiente di vita e le sue spontanee e innate caratteristiche non sempre bastano a sé stesse, ma necessitano della conferma e rassicurazione da parte degli adulti di riferimento, genitori parenti ed educatori. La validazione è un processo fondamentale nello sviluppo e aiuta i bambini a sviluppare un senso della propria identità integro e sicuro. Il rinforzo positivo, di cui si parlava prima, ha in questo un ruolo fondamentale e arricchente. Nella fase di età scolare è necessario che l’adulto si ponga come guida e fonte di riconoscimento delle caratteristiche del bambino e regalare macchinine ai maschi e bambole alle femmine si inscrive perfettamente in questa cornice di significato. È infinitamente più importante tutelare il ruolo di “validatore” dell’adulto rispetto all’assumere quell’atteggiamento di neutralità che avocano i sostenitori della teoria del “sesso che si sceglie” alla quale faceva riferimento nella domanda. Mancare questo ruolo per esigenze di aderenza a forme ideologiche è secondo il mio punto di vista una grave responsabilità. Al di là di queste considerazioni vorrei sottolineare che il valore di un regalo si apprezza soprattutto all’interno della relazione nella quale avviene e spesso, purtroppo quello che manca è proprio la relazione, il tempo, la condivisione. Il regalo più prezioso che possiamo fare ai nostri bambini, è il dono di sé.

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