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La stanchezza esistenziale: perché tutto mi stanca?

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Aleteia - pubblicato il 20/12/13

Perché le cose ci stancano tanto? Non sarà che siamo stanchi di vivere? O forse stanchi di noi stessi? Che tipo di stanchezza ci sfinisce di più, quella fisica, quella psicologica o quella spirituale?

Seminario Conciliare di Madrid

1.Chi si stanca?

“Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono” (Is 40,30). “Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole?… Tutte le cose sono in travaglio e nessuno potrebbe spiegarne il motivo” (Eccl 1,3.8)

Perché le cose ci stancano tanto? Non sarà che siamo stanchi di vivere? O forse stanchi di noi stessi? Che tipo di stanchezza ci sfinisce di più, quella fisica, quella psicologica o quella spirituale?

Mi colpisce che i grandi santi dormissero pochissimo, mangiassero poco, lavorassero molte ore e dedicassero molto tempo alla preghiera. Erano sempre allegri, anche quando fisicamente erano distrutti. Erano svuotati, ma non stanchi di donarsi a Dio e agli altri. Come si adattava bene a loro quel detto di San Giovanni della Croce: “L'anima che cammina nell'amore non annoia gli altri né stanca se stessa”.

I grandi santi erano innamorati di Cristo, Sposo e Signore, e si lasciavano amare da Lui: “Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). Sofferenza, contrarietà, disprezzo, derisioni, tradimenti non sono loro mancati, ma non hanno mai perso la gioia, né sono emerse lamentele sulle loro labbra, né hanno detto “Non ne posso più”. Sì, innamorati di Cristo, gli hanno dato tutto.

2. Perché ci sono tante persone stanche nella Chiesa?

Perché oggi nella Chiesa ci sono tanti “stanchi”? Che succede?

I motivi della stanchezza sono molteplici e molto vari. La continua stanchezza fisica, senza il sostegno dello Spirito Santo, esaurisce psicologicamente. Da lì si passa alle scarse motivazioni per pregare, per stare davanti al Signore. La vita spirituale, la relazione con l'Amato, si spegne, e quindi arriva la noia spirituale, l'accidia.

C'è stanchezza psicologica per il disordine della vita, il continuo cambiamento di orari, l'incostanza in ciò a cui ci si dovrebbe dedicare, il caos nella stanza, la mancanza di pulizia del luogo in cui si vive o si lavora, la compensazione nel cibo, la mancanza di volontà verso tutto.

C'è stanchezza (moltissima!) per il modo di affrontare i lavori, le contrarietà, gli insuccessi o i conflitti. Quando si fugge costantemente dalle difficoltà senza affrontarle; quando le realtà difficili vengono affrontate con aggressività o violenza; quando si è incapaci di dialogare con chi ci ha fatto del male; quando permettiamo che un altro invada la nostra interiorità… questo sfinisce enormemente.

C'è stanchezza quando il lavoro (scolastico, manuale, intellettuale o familiare) si vive sulla base del volontarismo o del perfezionismo, o prefiggendosi obiettivi al di sopra delle proprie possibilità, o paragonando o invidiando i risultati altrui, o affannandosi a superare tutti… questo sfinisce, esaurisce e porta a un'insoddisfazione costante.

C'è stanchezza quando si vive lamentandosi di tutto, nelle lamentazioni oscurantiste, nella delusione permanente, nella critica contro tutto e contro tutti, nello sguardo pessimista di quanto accade.

Nel cristiano, la stanchezza viene quando non si confida nel Signore, quando non gli si affidano i propri affanni, le proprie lotte, le speranze, la gioia, i dispiaceri, gli insuccessi, i problemi o le angosce; quando si vive nello scetticismo, o si è legati alle piccole preoccupazioni, quando si dà troppa importanza a ciò che è transitorio, insignificante, caduco ed effimero.

Nel cristiano, la stanchezza appare quando manca l'umiltà per chiedere aiuto di fronte alle difficoltà o ai problemi, e si vuole risolvere tutto da sé, chiudendosi sempre più in se stessi, contando solo sulle proprie forze, vedendosi destinati a un insuccesso maggiore.

3. Come affrontare la stanchezza fisica o psicologica per mantenere un buon tono spirituale?

“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28).

La vita non ci appartiene. Tutto è di Dio. Da Lui veniamo e a Lui torneremo. Mentre camminiamo su questa terra, Gesù Cristo è sempre al nostro lato: sostenendo, incoraggiando, illuminando la nostra esistenza.

Egli conosce le nostre gioie e i nostri dolori, le nostre fatiche e le nostre speranze, le nostre luci e ombre, la nostra lotta interiore. Ciò che vuole è che contiamo su di Lui: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Appoggiamoci a Lui, lasciamoci possedere completamente dal suo Amore. “L'anima che cammina nell'amore non annoia gli altri né stanca se stessa” (San Giovanni della Croce). Siamo sempre alla sua Presenza, Egli abiti nel più intimo della nostra interiorità: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Vive curando, sollevando, liberando dalla schiavitù del peccato, innamorando chi si lascia amare da Lui, portando la croce di chi soffre per malattie o anzianità, disprezzo o maltrattamenti. Egli è il meglio della storia, porta le nostre croci.

Gesù ieri ci ha detto, oggi ci dice, domani ci dirà “Venite a me”. Andiamo! Affidiamogli le nostre fatiche. Chiediamogli: “Signore Gesù, porta con me le croci di ogni giorno”. “Mio Cristo, dammi la medicina della tua consolazione”.

Essere cristiani non ci risparmia alcuna lacrima, ma dà senso a tutto il nostro pianto: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati” (Mt 5,4). Essere cristiano aumenta le incomprensioni di altri, l'attacco degli “anticattolici”, lo scherno degli indifferenti per l'elemento religioso, l'esigenza di quanti ci chiedono di essere coerenti con la nostra fede, l'attenzione nei confronti di chi ha bisogno di noi, la lotta per la giustizia e la pace, la difesa dei più deboli e poveri, la generosità di condividere i beni con i più bisognosi…

Essere discepoli di Gesù aumenta il “carico” della vita… secondo i criteri del mondo. È vero. Gesù stesso, però, ci dice: “Prendete il mio giogo”. Sì, dobbiamo prendere il suo giogo: il giogo dell'amicizia profonda e intima, dell'Eterna Alleanza, dell'appartenenza alla sua Sposa, la Chiesa, di vivere il comandamento dell'amore: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,14).

Con la fede gridiamo: Beato carico! Beato giogo! Gesù aggiunge: “Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11,30). Il giogo è leggero perché è la sua Amicizia incondizionata, è il fuoco del suo Spirito, è la pioggia dei frutti di questo stesso Spirito: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22), è la libertà di scegliere sempre il bene: “Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà” (2Co 3,17), “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Ga 5,1), “perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà”. Questo è il giogo di Cristo, Amico, Fratello e Signore!

Il carico è leggero perché Egli lo porta con noi: “Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi… Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale” (2Co 4,7.11); “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla” (1Co 10,13).

DiMiguel Ángel Arribas. Articolo pubblicato originariamente dal Seminario Conciliare di Madrid

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