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È possibile l’opinione pubblica all’interno della Chiesa?

Debate within the church

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Aleteia Team - pubblicato il 20/12/13

La pluralità di opinioni non tradisce l'unità della Chiesa, l'arricchisce

di Manuel Bru

Potrebbe sembrare un tema che interessa solo gli informatori religiosi, ma non è così. Interessa tutta la Chiesa e tutta la società. Mi riferisco alla libera opinione pubblica intraecclesiale che è una delle chiavi del rinnovamento ecclesiale del Concilio Vaticano II.

Lo sviluppo di un’opinione pubblica sana e plurale all’interno della Chiesa, con cui non si fa una concessione alla mondanità, risponde a un’esigenza del mistero stesso della Chiesa, che è la comunione. Una comunione, un’unità che lo è nella pluralità: di vocazioni, di carismi, di accenti, di ministeri, di ambiti, di comunità, di persone… e al servizio di tutte loro, di opinioni che non mettono in discussione l’identità e la fede, ma al contrario, sulla base del dialogo sincero e aperto, caritatevole e rispettoso, sono al servizio della Chiesa e della sua missione.

Il fatto è che né ogni soluzione possibile a un problema ecclesiale o sociale accentra di per sé il Vangelo, né nella pluralità di opinioni su molti temi si tradisce l’unità della dottrina della fede della Chiesa, anzi la si arricchisce. Nell’Istruzione pastorale Communio et Progressio si spiega che “la Chiesa è un corpo vivo e ha bisogno dell’opinione pubblica, che è alimentata dal colloquio fra le diverse membra”, per cui “mancherebbe qualcosa alla sua vita se l’opinione pubblica le venisse a mancare” (115), perché è in gioco né più né meno che “quella vera libertà di parola e di espressione che si fonda sul ‘senso della fede’” dei cattolici, perché Cristo stesso “ci ha fatti capaci di giudicare ogni cosa con libertà”. “Questo libero dialogo nella Chiesa non nuoce certamente alla sua saldezza e unità; anzi, con la rapida circolazione dell’opinione pubblica, il dialogo può favorire la concordia di intenti e di opere”, sempre che sia orientato “dalla vera volontà di edificare e non di demolire” e dall’“ardente desiderio di unione con la Chiesa, unione che Cristo ha lasciato come segno distintivo della vera Chiesa e quindi dei veri credenti in Lui” (117).

Ricordiamo che una delle differenze principali tra Babele e la Pentecoste consiste nel fatto che a Babele (cfr. Gn 11,1-9) tutti avevano “una sola lingua e le stesse parole” (divisi nell’uniformità), mentre nella Pentecoste ciascuno sentiva la propria lingua (cfr. At 2,6), e questo univa (uniti nella diversità).

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