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La fraternità è via concreta per la pace

Chiara Santomiero - Aleteia Team - pubblicato il 18/12/13

Mons. Bregantini: “le guerre sono state preparate nelle aule scolastiche prima che sui campi di battaglia”

“Fraternità, fondamento e via per la pace”: è questo il tema del Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2014, il primo per questa occasione di Papa Francesco. La fraternità, afferma il pontefice, è dimensione essenziale per l'uomo perché questi è un essere relazionale ed è qualcosa che si impara in seno alla famiglia che è la sorgente di ogni fraternità ed è anche via primaria per la pace poiché, “per vocazione dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore”. La fraternità, aggiunge Papa Francesco, “genera pace sociale” e “spegne la guerra”. Aleteia ne ha parlato con mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso e presidente della Commissione lavoro, giustizia e pace e salvaguardia del Creato della Conferenza episcopale italiana a margine della conferenza stampa di presentazione della 46^ Marcia nazionale per la pace che si svolgerà nel capoluogo molisano il 31 dicembre per iniziativa di Pax Christi, Cei, Caritas italiana e Azione cattolica italiana.

Papa Francesco afferma il principio della fraternità contro la globalizzazione dell'indifferenza: è così?

Bregantini: Il papa sostiene la necessità della fraternità non solo come dichiarazione astratta, ma disegnando le modalità concrete di attuarla. Tutto il messaggio offre una serie di utilissimi consigli per vincere l'indifferenza, per avere la consapevolezza che se la globalizzazione ci rende, come afferma il testo riprendendo le parole di Benedetto XVI, “più vicini ma non più fratelli”, allora l'incapacità di avvertire la sofferenza dell'altro regnerà sovrana. Se, invece, saremo capaci di tradurre in pratica i comportamenti raccomandati dal Papa, il mondo potrà essere diverso.

Nel testo viene riproposta la domanda del Signore a Caino: “dov'è tuo fratello?”. Dove è oggi, nelle nostre città, il fratello da non dimenticare?

Bregantini: Il fratello è laddove c'è la ricerca disperata del lavoro, dove ci sono debiti e si ricorre all'usura, dove non si riesce a pagare le tasse, dove non c'è più il pane e la gente corre alle mense della Caritas, dove non c'è più attenzione agli anziani, sguardo di simpatia per i bambini, specialmente possibilità di futuro per i giovani. Il Papa parla anche della prostituzione, della droga, del traffico degli esseri umani: è la prima volta che questi argomenti entrano nel messaggio per la pace. Parla del rispetto per la natura e della dignità di chi lavora la terra. C'è una grande apertura sui problemi del quotidiano e la pace si costruisce dando dignità a queste situazioni. Anche a livello internazionale.

Come ci si educa, così come si afferma nel messaggio, a “non considerare il prossimo come un nemico”?

Bregantini: Guardando alla realtà con occhi diversi e insegnando soprattutto ai giovani a farlo. Le aule scolastiche sono state spesso, soprattutto nel Novecento, il luogo in cui sono state preparate le guerre prima ancora che sui campi di battaglia. Non per niente si diceva che negli zaini dei soldati tedeschi c'erano i filosofi tedeschi.  Oggi abbiamo davanti una sfida costituita dalla ricorrenza, nel 2014, del centenario della I Guerra mondiale. Come la ricorderemo? La potremmo ricordare come la “Grande guerra” e nutrire questa ricorrenza di retorica ed esaltazione. Tutti i monumenti ai caduti che vediamo nei nostri Paesi contengono questo tipo di esaltazione. Oppure potremo fare riferimento al messaggio di Benedetto XV del 1° agosto 1917 e chiamarla “l'inutile strage” e cambierà radicalmente il tipo di approccio e il valore educativo per il futuro. Sono i temi che aveva ben chiari don Lorenzo Milani. Proprio ieri in una scuola ho visto il “bollettino della vittoria”, il comunicato con il quale il generale Diaz annunciò la vittoria dell'Italia nella I guerra mondiale e la disfatta del nemico. Se accanto mettessimo uno scritto di Mandela oppure le Beatitudini o il sogno di Kennedy? Occorre un nuovo modo di leggere e far leggere ai ragazzi la storia che servirà a capire la realtà sociale e anche come bisogna cambiare davanti alla realtà della Siria o dell'Africa.

In questa prospettiva la marcia della pace di fine anno che segno pone?

Bregantini: Pone tre segni: il primo è rinunciare al cenone in segno di sobrietà e condivisione con chi non ha. Il secondo luogo è bello guardare all'anno nuovo che si apre sotto la lente della fraternità da costruire facendo attenzione a tutto quello che è legame diretto, personalizzato, ascolto, paura da vincere, lacrime da asciugare. Il terzo segno è una chiara denuncia di tutte le situazioni che anche oggi schiacciano l'uomo perché negano la fraternità e quindi negano la pace.

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